ELENA SCOLARI | Quando, nel 1998, uscì La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita del francese Philippe Delerm, il libro ebbe un enorme successo, sia per la facilità di lettura sia per la indovinata idea di costruire il racconto in trentaquattro capitoli per trentaquattro impressioni olfattive, tattili, visive, acustiche, gustative, che rappresentano altrettanti attimi di felicità spicciola: ogni episodio crea un piccolo contesto a rendere meno enciclopedica la forma elencativa.
La lista, infatti, è uno strumento agile, versatile, accattivante per condurre una narrazione, può anche essere essa stessa una narrazione: chi non ricorda la lista di cose per cui vale la pena vivere che Woody Allen sciorina, steso sul divano, in Manhattan (1979)? «Il vecchio Groucho Marx, per dirne una… e Joe Di Maggio… Il secondo movimento della Sinfonia Jupiter… Louis Armstrong, l’incisione di Potatohead blues… I film svedesi, naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra… Quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne… Il viso di Tracy…».
Nel 2013 Duncan Macmillan scrive il testo teatrale Every brilliant thing insieme a Johnny Donahoe (che ne è stato anche il primo interprete in scena), un testo autobiografico che fa perno proprio sulla scrittura di una lista di cose, grandi e piccole, per cui vale la pena vivere e che il protagonista comincia a stilare all’età di sette anni, dopo il primo tentativo di suicidio della madre, nell’illusione tenera e profondamente amorevole che quel promemoria positivo possa aiutarla a vincere la depressione che la affligge.
Nel 2021 Filippo Nigro e Fabrizio Arcuri creano la versione italiana dello spettacolo (co-produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG/Sardegna Teatro): Every brilliant thing. (Le cose per cui vale la pena vivere) che circuita ancora nei teatri italiani, anche in provincia.
Nigro inizia il racconto nel giorno in cui, stranamente, è il padre ad andarlo a prendere all’uscita da scuola e non la madre, che è in ospedale. A sette anni non capisce bene cosa significa il gesto della donna, capisce che la mamma è triste e pensa di alleviare la sua cupezza con quella lista di cose piacevoli (‘brillanti’ o ‘bellissime’, come si tradurrebbe più precisamente dal titolo) che inizia con ‘gelato’. E la posa, per lei, sul suo cuscino. Forse, leggerla prima di dormire, una volta tornata a casa, le farà sentire tutto il calore e le aprirà un sorriso in grado di riconciliarla con il mondo.
Lo spettacolo non è incentrato sulla depressione, anzi, diciamo che la tocca solo tangenzialmente, forse per il timore di incupire un lavoro dal carattere complessivamente positivo e per la difficoltà di riemergere – teatralmente – da un buio scomodo.
La sala rimane a luce piena per tutta la durata, Nigro non sale mai sul palco, dialoga con il pubblico restando in platea e con frequenti incursioni tra le file di poltrone, perché i personaggi che costellano la sua storia saranno alcuni degli spettatori: pescherà le facce giuste per interpretare, tra gli altri, un suo professore universitario e il padre.
La partecipazione del pubblico non è una banale operazione di coinvolgimento, il modo colloquiale e lo stile da subito confidenziale che Nigro tiene per sviluppare un rapporto alla pari con chi gli sta davanti rende le persone con cui interagirà non semplici comparse, ma figure calde e vive, che imprimeranno la propria personale sfumatura a un racconto che l’attore varierà, seguendo con spirito e prontezza la loro maniera di stare nel gioco drammaturgico.
Nella replica cui abbiamo assistito va una nota di lode (e questi sono colpi di fortuna) a due dei casuali interpreti: l’uomo che ha impersonato il professore e il signore che è stato il padre del protagonista. Nella finzione il primo introduce in aula I dolori del giovane Werther di Goethe e, alla domanda dello studente/Nigro se quel libro non potesse spingere alcuni lettori al suicidio, il nostro risponde: «È proprio per quello che l’ho scritto!». Allo stesso tempo identificandosi con Goethe e sostenendo che il suo scopo fosse proprio istigare i lettori a farla finita. Un intervento decisamente peculiare. Il padre del narratore, invece, all’annuncio del matrimonio del figlio – trovandoci a nord di Milano – per festeggiare cucinerà polenta e coniglio. Anche questo particolare contribuisce a disegnare un’atmosfera a suo modo unica intorno alla storia che sentiamo raccontare, la fa più vicina a tutti noi che ascoltiamo, proprio quella sera, con quelle persone e non altre.
C’è un punto, formale, ma non solo, che personalmente ho sentito come una lieve incrinatura nella naturalezza del racconto: l’utilizzo dei nomi originali, in inglese, di persone, di città, ma anche dei molti musicisti citati. Fino a quando non viene nominata “la signora Patterson” (la psicoterapeuta infantile) tutto scivola in maniera autentica e Nigro pare proprio parlare di sé, con l’arrivo di quel cognome si sente, invece, un piccolo stridore, come se avvertissimo uno slittamento che allontana un poco dal fuoco emotivo.
Gli anni di vita del protagonista scorrono lungo un asse di episodi che passerà attraverso trasferimenti in diverse città, la paura di aver ereditato l’inclinazione materna alla depressione, problemi di coppia fino alla separazione, altri tentativi di suicidio della madre fino all’ultimo, che sarà definitivo. Questi capitoli esistenziali sono scanditi da abbandoni e ritorni a quella lista, che arriverà fino al milione di punti, e quell’elenco infinito sarà un’àncora e uno strumento di lettura della propria esistenza.
Every brilliant thing è un monologo, ma anche una performance corale, guidata con delicatezza dalla semplicità informale di Filippo Nigro e di Fabrizio Arcuri che tengono le fila di una storia intima, messa in comune con ogni singolo spettatore.
(Le cose per cui vale la pena vivere)
testo Duncan Macmillan con Jonny Donahoe
traduzione Michele Panella
regia Fabrizio Arcuri/Filippo Nigro
interpreti Filippo Nigro e…
aiuto regia Antonietta Bello
oggetti di scena Elisabetta Ferrandino
co-produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG/Sardegna Teatro