FEDERICA MARULLO / PAC LAB*| La storia di Cassandra è una storia intrigante e tristemente attuale. Il mito racconta della principessa troiana, che, estirpata dalla sua terra, è costretta ad affrontare un destino tragico, che non meritava e che soprattutto non le apparteneva. In tempi di estrema crisi come quelli che viviamo oggi, dove il futuro è incerto e ricoperto da una coltre di nebbia fitta, le risposte a problemi sistemici simili a quelli che Cassandra ha vissuto si possono trovare solo guardando nel passato, e questa potente tragedia scritta nel 458 a.C. ne è la dimostrazione.
Il tragediografo Eschilo rappresenta in maniera estremamente cruda la storia di una donna – come ce ne sono ancora molte – che perde la possibilità di decidere il proprio futuro, costretta ad andare verso la morte da vittima di scelte che le sono state imposte da altri.
Le differenti versioni sull’origine del dono profetico di Cassandra convergono quasi tutte in una maledizione lanciatale dal dio Apollo, che l’ha condannata a rimanere per sempre inascoltata nonostante le sue profezie, solo per aver rifiutato il suo amore. Inoltre, ad accompagnarla al patibolo è la figura di Agamennone, che la fa schiava e la conduce in una terra a lei estranea. Infine, Clitemnestra, con la complicità del suo amante Egisto, la uccide insieme ad Agamennone, chiudendo così il cerchio della tragedia.
È l’eco di un silenzio assordante, quello che risuona nello spazio plasmato dalle tre artiste Annalisa Amadio, Eleonora Conti e Claudia De Luca. Cassandra vuole tacere non è una semplice mostra, ma un percorso artistico-performativo allestito presso Cordua Gallery in occasione di Art City a Bologna, un viaggio alla scoperta di quelli che sono gli atti di ribellione della donna, rimasti scolpiti nei secoli.
In un connubio di poesia e fotografie a cura di Eleonora Conti, la narrazione della tragedia eschilea parte dalle sue origini classiche, per poi passare al punto di vista poetico della poetessa polacca Wisława Szymborska. La crasi, il punto d’incontro tra arte letteraria e figurativa emerge nella seconda parte del percorso, in una stanza sospesa tra tempo e spazio che riunisce le tele di Claudia De Luca e le poesie di Annalisa Amadio “date in pasto” allo spettatore.
Nel titolo dell’allestimento, vengono messi in risalto i gesti di ribellione della protagonista: Cassandra, negli ultimi momenti della sua vita, rappresentati in maniera evocativa e dissacrante da un’ultima cena, si riappropria della sua integrità e della sua volontà e sceglie di tacere la sua profezia, pur conoscendo molto bene la sua sorte. D’altronde, nella tragedia originale così il coro canta: Meglio la morte, è più dolce che subire i tiranni.
Ci troviamo in una società dove il no delle donne è, nel migliore dei casi, percepito con fastidio, mentre nel peggiore, non viene nemmeno considerato; quello di Cassandra, purtroppo, non fa eccezione.
In secondo luogo, con il gesto di strapparsi le bende profetiche che l’hanno avvolta per tutta la vita, Cassandra si riappropria del suo corpo nella sua dimensione fisica, in un momento di rottura, finalmente libera di essere scomoda e sensuale.
In questo progetto artistico tutto al femminile, ci troviamo di fronte ad uno splendido intreccio, un connubio di fotografia, poesia e pittura, frutto delle menti e delle mani esperte di queste tre artiste.
Abbiamo intervistato le artiste.
Nelle opere classiche ci sono numerosissime figure femminili tenaci e forti, come l’Antigone di Sofocle o la Medea di Euripide. Perché ha scelto proprio Cassandra come ispirazione per la sua produzione artistica?
“Cassandra è una figura femminile che ho amato molto mentre facevo il liceo, per la sua integrità e autenticità con cui si rapporta al suo destino ineluttabile” – mi risponde Claudia De Luca – “la associo sempre molto all’archetipo del femminile. Per farti un esempio, le donne della mia famiglia hanno sempre avuto doni profetici, e trovo che in generale questa capacità sia una dote intrinseca che ho rivisto nelle donne tradizionali che ho conosciuto sin dall’infanzia”.
La vostra esperienza di insegnamento – del greco e del latino per una, e della storia e filosofia per l’altra – ha influenzato la vostra produzione artistica e viceversa.
Amadio: “L’insegnante è in primo luogo una persona, che nella sua attività di insegnamento porta sé stessa e le sue passioni”; in particolare per lei, la scrittura poetica, il cui nucleo è la parola. Annalisa si concentra sui processi della comprensione della parola poetica, ma anche del fascino della sua comunicazione: da questo punto di vista il confronto con i testi latini e greci è un apprendistato poetico preziosissimo, che abitua a non limitarsi a considerare la parola come un nucleo di senso autonomo e impenetrabile, ma anche alla complessità che passa attraverso di essa.
De Luca: “Per quanto mi riguarda, mi ritengo prima docente che artista: non potrei concepire il mio lavoro d’artista senza l’insegnamento. Ogni tema che propongo, ha sempre una matrice storico-filosofica che elaboro e traduco in pittura. Le due cose vanno di pari passo”.
Nel suo lavoro si intrecciano immagine e narrazione: ha tratto ispirazione da qualche riferimento visivo o cinematografico per raccontare Cassandra in questa mostra?
Conti (sorride, ndr): “No, in realtà è paradossale ma non è stato così, nonostante la mia formazione cinematografica. Il mio percorso è partito proprio dalla parola fotografia, che significa scrivere con la luce e questa idea l’ho tratta proprio dalle opere di Claudia, che nascondono un significato molto più profondo di quello che può apparire di primo acchito. Con le mie rielaborazioni grafiche dei segni primigeni delle pitture di Claudia attraverso l’uso della fibra ottica, ho voluto tirare fuori i significati celati dai suoi quadri”.
D’impatto il gesto di Cassandra che si spoglia dalle sue vesti, svelando il suo corpo e lasciando che parlasse per lei, e questo fa ragionare sul senso politico del corpo della donna. In questa società fatta di immagini e di apparenza, la donna è riuscita a liberarsi dalle maschere del passato o sono semplicemente cambiate?
De Luca: “Questa mostra più che concentrarsi sul significato del corpo, che comunque è presente nelle opere, parla della sua libertà. Cassandra è sempre stata cristallizzata nel suo dono profetico, noi l’abbiamo riposizionata in una dimensione in cui è le è possibile dire dei sì, dei no, e dei forse senza essere giudicata. La mostra si concentra sulle mille sfaccettature della figura femminile inquadrandola in tutti i suoi aspetti, nella sua dimensione naturale, sensuale, erotica”.
Amadio: “Nelle mie poesie emerge tutto, quelle increspature dell’anima di cui abbiamo anche molto pudore: l’accogliere il desiderio erotico come personale, femminile, non come semplicemente un dono da dare all’altro. Ad esempio, quando parlo di desiderio erotico ai miei studenti, specifico sempre che l’erotismo è un sentimento, cosa che molto spesso abbiamo dimenticato, che è un concetto che si riconduce all’eros così come lo abbiamo ereditato dai greci. Nelle poesie è incluso questo sentimento, a volte anche nella sfaccettatura del dolore; accogliere la totalità del sentire può anche significare dolore e crisi”.
Esco colpita da quanto appena visto, con tante nuove risposte, ma anche nuovi spunti e interrogativi. Cassandra vuole tacere è senz’altro una proposta artistica che merita attenzione, un progetto immersivo per lo spettatore, che promette di coinvolgere, destabilizzare e far riflettere, trasformando lo spazio di Cordua Gallery in un luogo di tensione emotiva e suggestione visiva. Un appuntamento che segnaliamo assolutamente per chi ama l’arte in tutte le sue forme, che interroga e che non si limita farsi osservare.
L’invito è aperto: dal 6 al 16 febbraio Cordua Gallery, in via Montebello 7, Bologna.
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.