LEONARDO CHIAVENTI / PAC LAB* | Nel 1961 Samuel Beckett, il noto drammaturgo irlandese, scrisse un radiodramma chiamato Word and Music, che successivamente andò in onda per la BBC il 13 novembre del 1962. Il testo mostra il rapporto tra i due servi Joe e Bob, rispettivamente Parola e Musica, nel supportare il loro padrone Croak durante la creazione di un’opera letteraria. Tra le varie interpretazioni della critica contemporanea, una lettura possibile sarebbe anche che il radiodramma porti in scena l’eterno conflitto tra il linguaggio narrativo e il linguaggio musicale durante il processo di composizione di uno scritto. Per Beckett una sintesi tra queste due arti non era realizzabile, tuttavia il teatro odierno propone sempre di più una commistione tra le varie discipline, potendo così trovare una soluzione a questo enigma.

Nello spettacolo Radio Argo questa relazione tra i due sistemi espressivi è il fulcro dell’intera opera scritta da Igor Esposito. In scena al Teatro India di Roma, dopo il grande successo riscosso precedentemente anche con la vittoria del Premio Nazionale della critica nel 2011, il testo è tornato nelle sale per raccontare la grande tragedia degli Atridi, che Eschilo rese immortale scrivendo l’unica trilogia della tragedia greca che sia giunta fino ai nostri giorni: L’Orestea. Il mito si trasforma in una veste nuova, più moderna, dove la sua forza viene trasmessa con un’ambientazione funebre che evidenzia il dramma che vivono i suoi protagonisti. Infatti nell’adattamento di Igor Esposito, Ifigenia, Egisto, Clitemnestra, Agamennone e Oreste non sono solo eroi ma voci: interpretate, modulate e distorte da Peppino Mazzotta, che riesce a mostrare la grande l’umanità della storia che si nasconde dietro le parole di un mondo che non c’è più. Seppur con alcune criticità per quanto riguarda la resa di alcuni personaggi, il racconto della tragedia che si è svolta dentro le mura del palazzo di Argo è narrato come se fosse una melodia, composta da parole e suoni, anche grazie all’ausilio delle musiche eseguite in scena da Massimo Cordovani e Mario Di Bonito.

Di Radio Argo e dei suoi futuri progetti abbiamo parlato con Igor Esposito.
Come nasce Radio Argo?
L’opera nasce con Peppino Mazzotta, con cui avevo già collaborato insieme anche a Francesco Saponaro, che con Peppino aveva una compagnia teatrale chiamata Rosso Tiziano. Peppino che mi chiese di riscrivere L’Orestea, perché credeva che solo un drammaturgo che fosse anche un poeta, potesse eseguire il lavoro sul linguaggio necessario per riadattare questa grande opera. La figura del drammaturgo/poeta ha una lunga tradizione. Eschilo, Sofocle, Euripide sono stati poeti oltre che drammaturghi. Successivamente anche alcuni drammaturghi più moderni si sono formati con la poesia. Infatti il primo libro di Thomas Bernhard fu proprio una raccolta di poesie e lo stesso Shakespeare scrisse molti sonetti che sopravvissero al tempo come le sue opere teatrali.
In Radio Argo ogni personaggio ha un proprio linguaggio poetico che lo differenzia da tutti gli altri, questo è l’aspetto principale dello spettacolo: la poesia è un filo che si snoda in tutto lo spettacolo.
Peppino Mazzotta tornerà nei tuoi prossimi lavori?
Peppino ha lavorato a un riadattamento di Anime morte di Nikolaj Gogol’, a cui io ho solo collaborato. Penso che torneremo a collaborare, il rapporto lavorativo che si è instaurato tra noi è molto forte. Considero Peppino uno dei più grandi attori teatrali che operano in Italia e il miglior interprete che Radio Argo potesse incontrare. Infatti, ha dato vita a ogni aspetto dell’opera, dal suo ritmo alle storie dei suoi protagonisti. Nella prima versione di Radio Argo compariva una scenografia molto più complessa sul palco, poi è stato proprio Peppino a decidere di togliere tutto per dare più rilevanza alle voci dei personaggi, perché alla fine un buon testo e un attore straordinario fanno già in modo che ciò che si trovi sul palco sia considerabile teatro.

Il linguaggio, inteso sia come Parola sia come Musica, che ruolo ricopre nel tuo percorso artistico e che ruolo avrà nei tuoi prossimi lavori?
Ogni sfumatura del linguaggio per me è arte, ho pubblicato ultimamente un libro edito della casa editrice Cuepress che comprende il testo di Radio argo insieme ad altri tre scritti per spettacoli che ancora non sono stati messi in scena. In particolare L’Orlando Saltato, narra del grande paladino al servizio del re di Francia che balza fuori dall’ottava ariostesca per sfuggire al poeta e si ricongiunge, dopo molte avventure, ad Angelica in una megalopoli futuristica. Anche in questa storia ogni personaggio ha un propria lingua poliforme e varia. Orlando possiede invece un linguaggio unico: una lingua ardita, o come la ha definita Matteo Palumbo – l’italianista che curato l’introduzione del libro – una “lingua spastica”. El delantero assassino è un altro testo presente nel libro e in cui il linguaggio gioca ancora un ruolo fondamentale. Racconta la storia della vita di Caravaggio tramite due voci, di cui una appartiene a una prostituta da me ideata. La prostituta utilizza un dialetto romano che richiama quello del poeta Gioacchino Belli. Per me lui è un grande riferimento, lo potrei definire un “forgiatore di lingua” per il lavoro sulla parola che ha eseguito nelle sue opere. Credo che ogni drammaturgo e ogni poeta inventi la sua lingua, c’è il napoletano di Eduardo De Filippo come il romano di Belli. Il segno linguistico negli scrittori è evidente e personale come lo sono i contenuti. Anche nell’arte questo accade, ogni pittore crea un proprio linguaggio figurativo.
Pier Paolo Pasolini è stato un maestro per la tua formazione?
Pier Paolo Pasolini per me è stato un grande maestro, mi ha insegnato non solo come stare al mondo ma mi ha mostrato anche l’importanza di una attenzione filologica verso la lingua, che nei suoi film si può notare in opere come Mamma Roma. Scrissi un’opera su di lui, Le ceneri di Pasolini. La portai a Laura Betti al Fondo Pier Paolo Pasolini perché credevo che fosse l’unica persona che la potesse veramente comprendere. Ho avuto la grande fortuna che le piacque moltissimo.
Pasolini mi ha insegnato un altro aspetto essenziale per la mia formazione: la coscienza politica e critica che anche un’artista deve possedere. È stato un maestro non solo per il mio percorso artistico ma anche per il mio percorso umano.
RADIO ARGO
di Igor Esposito
diretto e interpretato da Peppino Mazzotta
musiche originali Massimo Cordovani eseguite dal vivo con Mario Di Bonito
post produzione live dei suoni Andrea Ciacchini
produzione Teatro Rossosimona
Teatro India, Roma | 29 gennaio 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.