CRISTINA SQUARTECCHIA l Trenta candeline per la Spellbound Contemporary Ballet – fondata da Mauro Astolfi e Valentina Marini – che in questi giorni festeggia a Roma al Teatro Vascello un traguardo importante per la danza in Italia e, in particolare, nella Capitale. Un lavoro operoso e ostinato sul territorio condotto con una sensibilità incondizionata verso gli artisti e uno sguardo sempre aperto verso nuovi orizzonti, rispondendo con dinamicità alle sfide del presente. Una necessità e un volerci essere per una realtà divenuta dal 2022 Centro Nazionale di Produzione della Danza come Orbita | Spellbound.
Recollection of a falling è il titolo dell’appuntamento ideato dai due fondatori che celebra, fino al 2 marzo, questo Trentennale con due creazioni che guardano al futuro e alla Storia, ai giovani e alla condizione femminile: Forma Mentis di Jacopo Godani – ex solista del Ballet Frankfurt di William Forsythe e poi, dal 2015 al 2023, coreografo della Dresden Frankfurt Dance Company – e Daughters and Angels dello stesso Astolfi.
Il 1994, anno di nascita della Spellbound Contemporary Ballet, e il presente, con le sue incognite e contraddizioni, in mezzo la danza e le sue trasformazioni che hanno indicato, anno dopo anno, i passi da creare e seguire. Ne abbiamo parlato con Valentina Marini e Mauro Astolfi.
In questi anni di lavoro la vostra progettualità ha portato la danza in luoghi e spazi un po’ dimenticati. Il vostro è stato un lavoro di riqualificazione anche urbana delle periferie, penso al Teatro Biblioteca Quarticciolo, per esempio, facendo rete e intrecciando collaborazioni con altri partner dentro e fuori la città, nel segno della promozione, formazione e produzione della danza. È stato il contesto a indicare le vostre scelte o esisteva a monte un’idea di base?
Valentina Marini: Di sicuro il contesto è stato un’inevitabile guida, la cornice entro cui direzionare energie, sforzi e ripensare i progetti. In una Capitale spesso disattenta alle attività intorno dalla danza contemporanea, al di fuori dei grandi contesti festivalieri, è curioso come dal basso, da spazi e quartieri meno centrali alle geografie e ai discorsi artistici, si siano generate delle forze che oggi hanno messo insieme la costellazione di progetti della casa produttiva di Orbita | Spellbound.
I partner dentro e fuori la città sono stati il secondo motore, forti della rete solida di professionalità incontrate in 30 anni di tour e progettazione anche internazionale. Hanno cementato il desiderio di unire a una solida esportazione di produzioni di danza un’altrettanto continuativa attenzione sulla città e sulla programmazione non solo dei nostri lavori, ma di quella immensa comunità della scena contemporanea.
L’occasione di trovare spazi ha acceso la miccia delle possibilità e da lì è stato naturale trasformare il bisogno di rafforzare la presenza di danza in città con la rete di spazi che si stava costruendo in parallelo e attorno a questo obiettivo.
Come stai vivendo questo momento e quale è il futuro nella Capitalia del vostro Centro Nazionale di Produzione della Danza?
V.M.: Il percorso di crescita è ancora in corso, ma di sicuro in questi primi anni di attività come Centro la risposta è stata non solo positiva, ma armonica. L’aver conquistato la fiducia del pubblico, ma anche della comunità di professionisti e critica della città, ci ha convinto che avevamo realmente intercettato un bisogno di spazio di discussione, di programmazione, di attenzione.
La struttura sta approfondendo in parallelo e con grande slancio le attività di Spellbound al trentesimo taglio di torta, con nuovi tour internazionali all’orizzonte e le nuove progettualità affidate agli artisti associati come Irene Russolillo e Piergiorgio Milano e la solidificazione dei programmi di stagione e festival in città.
Il futuro è nella scommessa di riuscire a costruire uno spazio nella Capitale, che sia davvero dedicato soltanto alle attività di danza, e poter quindi dialogare con le altri Capitali europee con la stessa autorevolezza e possibilità di networking, partendo dai luoghi identitari e non solo, dai necessari contenuti.

In questi anni di creazione con la Spellbound Contemporary Ballet hai affinato uno stile molto personale nel quale si fondono il linguaggio del codice classico con le tecniche contemporanee ispirandoti a temi diversi: dalle più piccole sensazioni umane come If you were a man a omaggi ai grandi compositori Rossini ouvertures e Vivaldiana, fino al prossimo Daughters and Angels sul maschile e femminile. C’è un filo conduttore in questi lavori e come trasmetti e sviluppi poi questa scintilla creativa ai danzatori?
Mauro Astolfi: È un desiderio costante e profondamente radicato: interpretare con sensibilità il trascorrere del tempo e tutto ciò che ne consegue. Il mio interesse per la potenza e l’efficacia espressiva del corpo resta il mio principale riferimento, un modello attraverso cui decifrare e rielaborare i codici della contemporaneità.
La Orbita l Spellbound è la tua casa artistica nella quale hai avuto la fortuna e le condizioni per crescere e affermati come artista internazionale. Cosa consigli ai giovani coreografi?
M.A.: Credo che i giovani coreografi debbano imparare costantemente a osservarsi dall’esterno. Il processo di “non identificazione” con il proprio lavoro è, a mio avviso, un elemento chiave per attivare più di un motore creativo. Non si tratta semplicemente di tecnica o stile: la coreografia richiede, in un certo senso, la capacità di rinunciare alla propria immagine di sé, di rimettere tutto in discussione, di ridefinire continuamente la propria visione e le proprie esperienze da una prospettiva sempre nuova. Non credo che esista un artista che possa semplicemente decidere di diventarlo. In un’epoca come la nostra, imparare a creare un “vuoto” volontario può rappresentare una chiave fondamentale per lasciarsi attraversare in modo autentico da stimoli, influenze e percezioni. Solo così questi elementi possono realmente contribuire alla formazione di un linguaggio coreografico significativo e innovativo.