RENZO FRANCABANDERA | Ci vuole davvero un secondo a comprendere il linguaggio del corpo quando è istintivo e profondo, sincero. È facile da dire a proposito della danza e spesso meno da verificare sul campo, ma la trasmissione ancestrale di conoscenza che passa attraverso la prossemica e l’azione fisica è impressionante quando spinta dalla giusta forza e intensità. È capitato di farne esperienza diretta la settimana scorsa in apertura della performance Ritual Cerimony di coreografia e performance di Vasco Pedro Mirine
in cui il giovane ma già maturo danzatore si muove su musica tradizionale del Mozambico e scritta da Francisco Manhique, Emilto João Dzonzi e Mathieu sho Becho. 
In questa coraggiosa e sperimentale produzione della Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza / Danza in Rete Festival il danzatore entra in scena nei costumi della danza tradizionale africana, vestito da guerriero, con un piccolo scudo e una piccola mazza a fare da elemento simbolico di combattimento.
In prima fila una mamma e un bambino di pochi mesi, che osserva sgranando gli occhi questa figura strana che appare sul piccolo palco dello Spazio Bixio dove è ospitata la performance. E la performance inizia con un gesto simbolico, di attacco, unita a un suono della voce. È un istante.
Il performer aziona il suo corpo per iniziare lo spettacolo, la antichissima recita della lotta, e il bambino, suggestionato e spaventato dal linguaggio non verbale ma efficacissimo e potente, scoppia a piangere spaventato. Ci vuole un istante a capire il linguaggio del corpo quando è intenso e sincero.

Foto-Roberto-De-Biasio

Mirine è un danzatore di grandissima espressività, tanto da essere stato scelto nella ripresa de La sagra della primavera di Pina Bausch con altri 36 danzatori provenienti da 15 diversi paesi africani, in un progetto di collaborazione tra il Sadler’s Wells Theatre, la Pina Bausch Foundation e l’École de Sables. Nei suoi soggiorni vicentini, dove trascorre parte del suo vissuto, l’artista ha potuto proporre al Festival questa breve ma intensa performance dove rito e contemporaneità, spoliazione dell’abito antico e persistenza del segno ancestrale si fondono per lasciare allo spettatore una grandissima impressione. L’azione scenica si basa proprio sulla dualità fra tradizione e contemporaneità. Mirine è al contempo espressione e figlio della tradizione ma anche interprete consapevole del linguaggio coreografico globale. Entra ed esce da questi costumi antichi con pochi semplici passaggi e nell’azione scenica si fondono tutti i pensieri su cosa significhi perdere e neutralizzare il sistema simbolico della tradizione.
L’azione creativa è di grandissima potenza ed efficacia.
L’intelligente genitrice tranquillizza il bambino portandolo per qualche minuto fuori dalla sala ma non fa vincere i suoi timori, lo riporta in sala da posizione più defilata e ne completa la formazione, educandolo sia a vincere le paure che a godersi lo spettacolo.
Applausi, anche per la direzione artistica del festival, che continua a proporre un progetto di alta qualità sia nella sezione principale che in questa sezione off. Da anni la guida artistica di Danza in Rete è curata da Pier Giacomo Cirella in collaborazione con Loredana Bernardi e Alessandro Bevilacqua, con quest’ultimo che, negli anni, ha focalizzato una particolare attenzione anche sulla selezione degli spettacoli e degli artisti partecipanti alla sezione Off e alle generazioni future della scena coreutica italiana, diventando un punto di riferimento per il circuito nazionale della danza. Non un caso che l’ultima edizione della NID platform si sia svolta proprio nella città veneta.

Cry Violet, titolo omonimo del fiore estinto un secolo e mezzo fa, è una creazione coreografica di e con Panzetti / Ticconi nata come intervento performativo basato su una composizione sonora proposta dal musicista Teho Teardo su commissione di Triennale Milano nel 2023 e in collaborazione con Volvo che ospitò il debutto nel proprio show-room milanese. Ginevra Panzetti ed Enrico Ticconi vivono tra Berlino e Torino e lavorano insieme come duo artistico dal 2008, con una ricerca centrata  su danza e declinazioni dei concetti di comunicazione, violenza e potere. La cosa avviene anche in questa creazione.
Il meccanismo creativo era lavorare, sia lato musica che lato danza su un tema, come quello dell’estinzione, avendo poi solo una settimana di tempo per trasformare la traccia sonora in azione danzata. L’idea del duo era quella di prendere lo stimolo creativo ma anche di compiere una azione politica dentro un ambiente a vocazione commerciale, e quindi in ossimoro con l’idea dell’inquinamento legato alla casa automobilistica.
La performance utilizza infatti un codice gestuale che ritrae espressioni di dolore e vergogna, ispirate all’iconografia del peccato originale, per mettere in luce le pratiche umane volte a espiare o celare i danni ambientali causati da fenomeni spesso associati al greenwashing. Insomma un modo per ragionare sulla pratica dell’apporre l’etichetta green che qui diventa letteralmente il gesto del tirar fuori da ogni tasca di una tuta da tecnici operai fazzoletti e stracci verdi, spray profumati con cui dare il profumo di muschio, ma ben lontani dalla libertà di respiro di una distesa della tundra.

Foto-Roberto-De-Biasio

Assai efficaci coreograficamente le parti iniziale e finale, più cinetiche e giocate sulla ripetizione, la microgestualità, la sincronia quasi robotica dei due, fra espiazione e occultamento. La parte di provocazione “politica”, più esplicita, resta meno risolta in un ambiente privato dell’elemento iconico di provocazione, come potè essere l’autovettura. E questo per un verso è bene, perchè testimonia che effettivamente la creazione aveva una portata site specific strutturata. Per altro verso, il passaggio verso la risoluzione della creazione in altri spazi e per altre dinamiche emotive ambientali, anche se aggiunta come qui nel Foyer del Comunale di grandi vasi con piante di cui i due sarebbero giardinieri, non trova “in loco” elemento di conflitto leggibile per lo spettatore.
In questa prospettiva c’è ancora spazio, ove abbia senso su una creazione di ormai due anni fa, per asciugare le insistenze e lasciare alla fantasia dello spettatore uno spazio di decodifica e immaginazione soggettiva. Ma ugualmente poniamo lo stimolo concettuale, per nutrire il sempre fecondo dialogo fra gli artisti e chi li osserva, cercando di decodificarne i segni.

Sempre negli spazi del Comunale di Vicenza, questa volta sul palco del Ridotto, presentano poco dopo la loro performance Pas de Deux Giulio Petrucci e Jari Boldrini. Il duo ha dato vita al C.G.J. Collettivo Giulio e Jari nel 2018, un progetto di ricerca focalizzato sulla creazione di formati performativi che osservano vari aspetti nascosti nella quotidianità di diverse culture. ​Entrambi i danzatori hanno collaborato con diverse realtà italiane e internazionali. Nel 2020, con il progetto Evento, sono stati selezionati per la Vetrina Anticorpi XL, per Anghiari Dance Hub e hanno vinto il premio Twain_DirezioniAltre. Nello stesso anno, hanno ricevuto il premio Danza&Danza come interpreti emergenti. ​Nel 2021, hanno presentato il primo studio di questo Pas de Deux al Teatro alla Misericordia di Sansepolcro, volendo riflettere su questo atto centrale e a suo modo magico, isolato, presente nei grandi balletti. Nella visione dei due, questo atto diventa una sorta di momento assoluto e isolato, in cui i due protagonisti di solito vivono uno stato di estasi creativa, sublimata nel virtuosismo della relazione. Qui, sulle musiche di Simone Grande e avvolti nel buio, i due manovrano i propri corpi secondo traiettorie ora libere e leggere, ora decise e frammentate. Vicini ma senza mai toccarsi, i due si esplorano nella geografia dei possibili incastri, prima in duo, poi con due assoli che si seguono prima della riunione finale.

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Nella prima esplorazione uno dei due porta con sè un faro di scena, senza posarlo, come a contingentare i movimenti, ma trasformando questa rotazione gestuale in una strana danza totemica che unisce il suo agire a quello dell’altro, facendone scaturire un’impressione di profonda armonia, in uno spazio dello sguardo che sta dentro una cornice buia, ed esplorando quindi un percorso di paesaggi visivi per studiare nuove forme di virtuosismo, sganciate dalle tradizioni e dalle codificazioni del balletto classico. Belle le fioche luci che di tanto in tanto dal puntatore promanano, a creare squarci nel fumo di scena. La proposta coreografica lascia il sentimento di una bella ricerca che ondeggia fra rigori formali e libertà da improvvisazione.

Il weekend si è completato domenica sera sul palco della sala grande del Comunale, dove è stata proposta UNARMOURED, letteralmente disarmata, nuova opera della coreografa e performer canadese Clara Furey. La ricerca di Furey, coreografa e performer, si sviluppa su un immaginario che indaga una corporalità cosmica tra memoria e l’eros, tracciando un percorso frammentato e non lineare verso la vulnerabilità.
Lo spettacolo, come racconta la stessa artista nel talk che ha seguito la performance, si radica in una tensione costante tra la necessità di protezione e il desiderio di abbandonarsi a un contatto sensuale e privo di vergogna; nato nella artista dopo la sua seconda gravidanza, e modificatosi poi nel confronto con gli altri interpreti che hanno collaborato a generare l’idea coreografica complessiva, Unarmoured è una riflessione sulla percezione del piacere e sulla sua trasformazione con il passare del tempo, un tentativo di riconnettersi con il proprio corpo al di fuori delle convenzioni imposte dalla società, smantellando progressivamente la performatività e la necessità di compiacere.

Foto-Roberto-De-Biasio

Lo spazio scenico è vuoto, come l’artista stessa predilige proprio per enfatizzare le architetture immaginarie che derivano dal movimento.
Dall’alto, a nascondere il disegno luci di Paul Chambers, una struttura di teli scuri a base quadrata e poco più piccola dello spazio scenico agito, crea una sorta di immanenza cosmica sulle azioni carnali, sugli intrecci di desiderio dei quattro performer in scena, vestiti di costumi pop, scelti da uno dei performer Be Heintzman Hope. Questa ricerca si traduce in una forma di danza che non segue un arco narrativo lineare, ma si sviluppa attraverso una serie di apparizioni e dissolvenze, nuclei di azione performativa che si addensano ora qui ora lì, srtuttando lo spazio scenico, che resta buio, oscuro, per certi versi quasi oppresso da luci acide. Le armature cadono ma sotto certi aspetti si ricostruiscono continuamente. Non si assiste a una rivelazione progressiva della morbidezza, ma a una costante rinegoziazione tra protezione e apertura, tra la necessità di una struttura e la volontà di lasciarla andare. È una sorta di conflitto interiore che va in crescendo, liberando via via le energie cinetiche dei performer che da questa serie di apparizioni esce per lasciarsi nel finale, travolgere da una energia assoluta che si addensa intorno alla figura nuda e distesa di uno di loro in scena. Il tema della corporeità erotica viene affrontato attraverso un approccio che evita qualsiasi categorizzazione rigida, in un costante aprirsi in una continua destabilizzazione fluida di ruoli e situazioni si vorrebbe opporsi alla rigidità dell’armatura, e quindi senza immaginare e sviluppare una struttura narrativa che si chiuda in un climax risolutivo, ma piuttosto proponendo frammenti e ritorni, un po’ come fa per certi versi la bella creazione musicale di Twin Rising, fratello della coreografa.

 

CRY VIOLET

coreografia e performance, costumi di Ginevra Panzetti e Enrico Ticconi
composizione sonora Teho Teardo
illustrazione grafica Ginevra Panzetti
originariamente creato all’interno di Esplorazioni un progetto di Triennale Milano
in collaborazione con Volvo Car Italia
con il supporto di Lavanderia a Vapore / Piemonte dal Vivo – Torino; Rampe – Stoccarda
produzione VAN, Panzetti/Ticconi GbR

 

PAS DE DEUX

ideazione C.G.J. Collettivo Giulio e Jari
con Giulio Petrucci e Jari Boldrini
musica Simone Grande
luci Gerardo Bagnoli
consulenza visuale Elisa Capucci
produzione Anghiari Dance Hub, Nexus Factory
progetto selezionato NID platform 2023
progetto vincitore di DNAppunti Coreografici 2021 sostenuto da Centro Nazionale di Produzione Virgilio Sieni, Operaestate Festival/CSC – Centro per la scena contemporanea del Comune di Bassano del Grappa, L’arboreto, Teatro Dimora di Mondaino, Fondazione Romaeuropa, Gender Bender – Festival di Bologna, Triennale Milano Teatro
con il contributo di ResiDance XL 2021, Anticorpi XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche, sostenuto da ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo, Centro di Residenza della Toscana (Armunia Castiglioncello – CapoTrave/Kilowatt Sansepolcro), L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale Centro di Residenza EmiliaRomagna Network Giovane Danza D’autore
Durata: 40 minuti

 

RITUAL CERIMONY

coreografia e performance di Vasco Pedro Mirine
musica strumenti tradizionali del Mozambico
musiche di Francisco Manhique, Emilto João Dzonzi e Mathieu sho Becho
produzione Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza / Danza in Rete Festival

Durata: 20 minuti

 

UNARMOURED

concept e direzione artistica di Clara Furey
coreografia di Clara Furey
in collaborazione con Justin De Luna, Be Heinzman Hope, Brian Mendez
performer Justin De Luna, Clara Furey, Chéline Lacroix, Brian Mendez
composizione musicale e spazializzazione dal vivo Twin Rising
testimonianza artistica Bettina Blanc Penther, Aisha Sasha John
costumi Be Heintzman Hope
luci Paul Chambers
assistenza luci Jordana Natale
ripetitori Lucie Vigneault, Simon Portigal
direzione tecnica Jenny Huot + Darah Miah
distribuzione A propic | Line Rousseau + Marion Gauvent
produzione Bent Hollow Cie
produttore esecutivo Parbleux
coproduzione Atelier de Paris – CDCN (France), Centre Chorégraphique National d’Orléans – Direction Maud Le Pladec (France), Centro Servizi Culturali Santa Chiara Trento (Italy), Charleroi-Danse (Belgium), Festival TransAmériques (Montreal, Canada)
con il sostegno di
Artiste associée de l’Usine C pour la cohorte 2021-2024 (Montreal, Canada), Parbleux (Montreal, Canada)
realizzato in collaborazione con The National Creation Fund of the National Arts Center of Canada
credito fotografico del ritratto di Clara Furey Beatrice Borgers
La creazione di questo spettacolo è stata possibile grazie al sostegno finanziario Conseil des Arts du Canada, Conseil des Arts et des Lettres du Québec, Conseil des Arts de Montréal.

Durata: 60 minuti