MATTEO BRIGHENTI | Non contano gli anni: contano le emozioni che non esprimi. Per Oscar De Summa l’adolescenza è una risposta al mondo che non ha età.
Demi è una ragazzina, ha tutta la sua vita nel cellulare, certo. Il segreto che non vuole rivelare, però, lo nasconde in un computer portatile che chiama apertamente PC. Quale altrǝ adolescente, oggi, lo farebbe? È un piccolo, ma significativo indizio: è giovane e, al tempo stesso, non è così giovane, è di questo secolo e, anche, del secolo scorso. È tuttɜ noi che ci sentiamo assenti a noi stessɜ. Smarritɜ in una rivoluzione digitale che non riusciamo a guidare: possiamo solo subirla.
L’infamante accusa di assenza è il tentativo di scuotere Demi, di riportarla e, quindi, riportarci alla vita, attraverso una pazzoide favola amara, con un finale in nero, che rivela tutto il pessimismo di De Summa per un impossibile risveglio delle nostre coscienze (a differenza di quanto celebrano, ad esempio, Enzo Vetrano e Stefano Randisi nella loro festa di Ognissanti).

Così, le scene di Lorenzo Banci e il progetto luci di Matteo Gozzi raccontano di un universo lattiginoso, levigato, senza spigoli, quasi avessimo attraversato lo schermo di uno smartphone. Cinque sedie sul fondo, due relle di vestiti ai lati, e un’americana a vista completano il quadro iniziale del lavoro di Oscar De Summa, con un contributo di Lorenzo Guerrieri. È proprio De Summa, non appena la compagnia prende posto sul palco del Teatro Metastasio di Prato, che si alza per primo e, rivolgendosi al pubblico, accorda furbescamente i suoni, chiede gli diano il La, l’intonazione giusta. Ovvero, il genere di spettacolo che faranno. Concordano su “giallo esistenzialista”.
Un simile incipit è una chiara dichiarazioni di intenti: andrà in scena del teatro. Più che personaggi, vedremo agire dei caratteri o, meglio, le declinazioni di un medesimo carattere che interpreta la realtà come lotta, invece che come fuga. Del resto, gli stessi De Summa e Guerrieri, ma anche Mattia Fabris e Andrea Macaluso, hanno la biacca in faccia, sinonimo di precisa neutralità identitaria. Sono pagine bianche, il cambio d’abito (costumi di Chiara Lanzillotta) non cambia la loro personalità, ma il modo in cui questa si esprime. Valeria Sibona è l’unica del gruppo senza quel trucco neutralizzante. Demi non solo ha un nome, ha anche una natura che la individua, e la pone in netto contrasto con tutti gli altri: tra lottare e fuggire, vuole, semplicemente, restare immobile.

L’infamante accusa di assenza va, innanzitutto, prodotta e notificata. La prima parte, allora, si dipana tra le indagini di un investigatore pedante e del suo aiutante beccamorto, il mancato sostegno del fratello suscettibile, la comparsa del vivace avvocato difensore e, infine, il messo punk del tribunale sommo dell’io. In un modo o nell’altro, tutti questi uomini la spronano a vivere, invece che farsi vivere, anche se questo vuol dire sbagliare, soffrire, finanche morire. La sua posizione di assenza a sé stessa, le comunicano, è difficile, ma non grave, e comunque comune.
Demi non capisce, e noi neppure, chi siano quelle strane persone che invadono il suo spazio privato. Perché sono qui? Che cosa vogliano? La girandola schizzata del grottesco, dell’eccesso, viene innescata fin da subito. Gli attori praticano l’overacting, spingono sull’acceleratore della sovra-recitazione che, per contrasto, accentua l’apatia della ragazzina.
Da fuori, infatti, sembra triste, ma dentro non prova emozioni: si sente vuota, distante da tutto, anche quando fa quello che glɜ altrɜ vogliono da lei. Sente di non essere abbastanza in nulla: ci guarda, da sola a solɜ che siamo, e si scusa di essere patetica. La voce furiosa di Kurt Cobain che canta la sua Smells Like Teen Spirit – la voce, soltanto quella – urla tutto ciò che Demi ha dentro, e non riesce a tirare fuori. È lo stacco emotivo che ci conduce alla seconda parte de L’infamante accusa di assenza, invero più a fuoco e coinvolgente della prima: l’istruzione del processo.

Tra gli scranni di giudice, pubblico ministero, avvocato difensore, e il banco dell’imputata, ora vestita come Alice nel paese delle meraviglie, si gioca un dibattimento kafkiano che non contempla di ascoltare l’adolescente. È in assenza della sua opinione, dunque in contumacia, quasi a voler sottolineare il comune fallimento nel capire e intendere la sua posizione.
Volano parole come ansia, trauma, male, e quando rievoca la morte del cane si mettono a ridere. È un luna park della violenza anarchica, con un Guerrieri adesso battitore/imbonitore lucidamente fuori controllo – dà l’idea di fermarsi sempre ad appena un passo dall’irreversibile – una giostra della strafottenza erudita del togato mosso da Macaluso o cialtrona del difensore agito da De Summa. Provocano Demi per suscitare in lei una qualche reazione, pensando che metterla in difficoltà la aiuti a imparare qualcosa su di sé. Ma è una terapia shock che non funziona affatto.

Lasciata sola, Demi si apre per la seconda e ultima volta, con un cupo monologo che Sibona ci porge con acuta rabbia e dolce sconfitta. Confessa che ha scelto di non provare più emozioni, perché sente troppo forte il troppo dolore che c’è nel mondo. Non è insensibile, tutt’altro: semmai è ipersensibile. L’ipersensibilità può effettivamente portare a dire addio alla realtà, al presente, a chiudere gli occhi per non vedere più il gioco a perdere della vita.
Come darle torto, alla fine, se chi vuole farle la morale è un adulto come quelli che ha di fronte? Cioè, ancora più adolescenti di lei?
L’infamante accusa di assenza si chiude sull’attesa di un verdetto che avverrà a luci spente. Che sia colpevole o innocente, a questo punto, ha poca importanza. Perché questo mondo fatto così, impazzito e stanco, l’abbiamo creato noi. Demi ci è soltanto nata.
L’INFAMANTE ACCUSA DI ASSENZA
di Oscar De Summa
con un contributo di Lorenzo Guerrieri
con Oscar De Summa, Mattia Fabris, Lorenzo Guerrieri, Andrea Macaluso, Valeria Sibona
assistente alla regia Tommaso Rotella
progetto luci Matteo Gozzi
progetto musicale Oscar De Summa
scene Lorenzo Banci
costumi Chiara Lanzillotta
produzione Teatro Metastasio di Prato
con il contributo di Wordbox – Parole per il teatro / Teatro Stabile di Bolzano
Prima Assoluta
Teatro Metastasio, Prato | 7 marzo 2025