MARIA FRANCESCA SACCO/ PAC LAB* | Uscire da uno spettacolo con la mente in fermento e la sensazione di aver appreso qualcosa di nuovo significa che il teatro ha davvero colpito nel segno, assolvendo alla sua missione più nobile: stimolare pensieri e idee.
È proprio ciò che accade con L’uomo è un animale feroce di Silvio Castiglioni e Giorgia Galanti che prende vita da una decina di monologhi tratti da Monologhi e racconti del poeta e traduttore romagnolo Nino Pedretti, scomparso nel 1982. Originario di Santarcangelo di Romagna, Pedretti si è distinto in particolare per la scelta di utilizzare il suo dialetto in poesia, non solo come strumento di espressione culturale, ma anche per raccontare storie e tradizioni popolari legate alla sua terra.
I testi di Pedretti dai quali prende spunto lo spettacolo, scritti quasi sul letto di morte, erano originariamente destinati a una serie radiofonica commissionata dalla Rai per Radio 3 ma, a causa della scomparsa del poeta, quelle parole non furono mai registrate. Rimasti in silenzio per decenni, i monologhi hanno trovato una voce grazie a questo lavoro che li riadatta al palcoscenico, restituendo loro vita e vigore: il risultato è un’esperienza teatrale che è al contempo un omaggio al poeta e una riflessione sull’essere umano.

ph Valentina Bianchi

La scena è molto semplice, un tavolo e una sedia, e quando Castiglioni entra lo fa dalla platea, recando una scatola in mano con dentro degli oggetti e con un camice azzurro indosso. Si guadagna l’ingresso sul palco sistemando qua e là sul tavolo il contenuto dello scatolone: una lampada, una bottiglia, un bicchiere. L’attore romagnolo – per anni direttore del Festival di Santarcangelo e al momento in scena anche con Viaggio in Armenia – porta sul palco i protagonisti di questi brevi monologhi passando da una storia all’altra senza mai perdere l’intensità dell’interpretazione.
Inizia, dopo essersi tolto il soprabito, la storia del primo personaggio che racconta dello status symbol che deriva dal possedere un terrazzo invidiato da tutti. Poco a poco, la scena si arricchisce di nuove vicende, tutte introdotte dal suono di un campanello che segna il passaggio sul ring di un’altra narrazione; si scivola così in quella successiva in cui si incontra un bibliotecario infastidito dalla gente che chiede informazioni sui libri; ancora, una moglie che esprime i suoi desideri nascosti per sfuggire alla monotonia.

Come un camaleonte, ma sempre in giacca e cravatta, l’attore ci traghetta da un personaggio all’altro esaltando la capacità di Pedretti di descrivere i caratteri: nel monologo del venditore di tappeti di paglia, ad esempio, il protagonista non parla solo del suo mestiere umile e faticoso, ma rivela un senso di solitudine e frustrazione. I tappeti, prodotti con le sue mani, sono il simbolo di una vita di sacrificio che rimane inascoltata: una riflessione sulla condizione di chi lotta per un cambiamento che sembra impossibile.

ph Valentina Bianchi

Questa galleria di personalità ben tratteggiate parla al suo pubblico di una normalità nella quale spiccano i disagi della vita quotidiana, i fastidi della comunicazione con gli altri esseri umani, le frustrazioni della routine in cui l’uomo resiste ferocemente. Castiglioni, del resto, ha la grande dote di riuscire a rendere in scena le pieghe più fragili dei personaggi, senza note patetiche né eccessi, con particolare interesse per quelli femminili, come ad esempio nel monologo della suora.
La galleria si arricchisce con la storia della donna che ha scelto la vita religiosa ma che è tuttavia combattuta da emozioni e desideri che sembrano contraddire il suo voto di castità e la sua dedizione a Dio. Non è solo una riflessione sulla sua vita da religiosa, ma anche sulla solitudine che essa comporta, sul sacrificio e sulla fatica di rinunciare alla propria identità personale per una causa superiore. Pedretti non la dipinge come una figura idealizzata o completamente devota, ma come una persona in lotta con sé stessa, con i suoi sentimenti e le sue aspirazioni. Grazie alla scrittura potente e senza filtri e alla precisa recitazione di Castiglioni – mai una sbavatura, mai un esagerazione – la suora diventa simbolo universale di tutte quelle persone che, pur vivendo un’esistenza di grande impegno e sacrificio, non riescono a liberarsi dai propri conflitti interiori.

La riflessione su questa umanità variegata è mossa da un elemento costante nello stile del poeta romagnolo: una sottile ironia derivante dal contrasto tra la serietà con cui i personaggi affrontano eventi che sono fondamentalmente ridicoli (si pensi al bibliotecario che si indigna con chi osa chiedergli la collocazione dei libri). Da qui emerge un continuo paradosso che attraversa tutta la narrazione, fondato sulla discrepanza tra la realtà dei fatti e le aspettative o le convinzioni personali dei personaggi. Il sarcasmo, in questo contesto, consente a Pedretti di offrire osservazioni pungenti sulla società, mantenendo però un tono leggero e vivace che l’attore rende perfettamente in scena. 

L’interruzione dei monologhi per raccontare la genesi dello spettacolo e le scelte di Castiglioni è un momento interessante della performance, quasi didattico: l’attore spiega come abbia rimaneggiato i testi, parlando al pubblico della figura di Pedretti e del suo valore poetico, soffermandosi anche sulla questione del dialetto, mezzo per conservare e trasmettere la memoria storica e le esperienze quotidiane delle persone comuni, a lui molto care.
Ma è la capacità di trattare temi profondamente umani a caratterizzare più di tutto questi monologhi: la morte del desiderio, la fede, la solitudine e il conflitto tra spiritualità e corpo, invitando alla riflessione sulla complessità della vita e delle scelte umane. Del resto la rivisitazione della teoria aristotelica secondo cui l’uomo è un animale sociale la dice lunga sulla tipologia di umanità presentata: la fragilità dell’uomo che rivolge lo sguardo solo a sé stesso. Castiglioni riesce, ancora una volta, a dimostrare quanto il teatro possa essere un potente strumento di riflessione e scoperta. L’indomani, per certo, tutti in libreria alla ricerca di un’opera di Pedretti.

 

L’UOMO È UN ANIMALE FEROCE

da Nino Pedretti
con Silvio Castiglioni
musica dal vivo Marco Capicchioni piano, Serena Lucchi flauto
ideazione e adattamento Silvio Castiglioni
produzione Celesterosa/I sacchi di Sabbia
con il contributo di Provincia di Rimini e Regione Emila Romagna
in collaborazione con Comuni di Cattolica e Santarcangelo, Università degli Studi di Urbino, associazione ‘Noi della Rocca’ di Santarcangelo

Teatro Cesare Volta, Pavia | 3 marzo 2025

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.