LUDOVICA TAURISANO / PAC LAB*| C’è chi tira cannonate e chi tira i binocoli a teatro. Chissà quale forma di lotta genera risultati più duraturi. Questa è la domanda che assilla alla fine della visione di uno spettacolo come Sulla difficoltà di dire la verità. A uno spettacolo così bisogna essere pronti: intendo dire, essere mentalmente predisposti all’impegno, alla fatica della concentrazione. ErosAntEros non cerca vie edulcorate per denunciare l’agonia della verità (aggiungo io, dell’onestà intellettuale) dei nostri tempi. Del resto, una denuncia morbida e carezzevole è una contraddizione in termini. Eppure persino le denunce stanno sbiadendo in questi tempi accomodanti in cui le polemiche, rivoltate e denudate delle loro ipocrisie, hanno fini di costruzione di un consenso privato. Invece, ErosAntEros aggira la polemica sterile e, anzi, si scaglia proprio contro gli astrusi rigurgiti filosofici dell’intellettualismo contemporaneo blandamente politico.

Nella proposta di Davide Sacco e Agata Tomšič, la matrice testuale è immediatamente riconoscibile. L’architettura dello spettacolo ha lo stesso andamento di un manifesto politico-letterario, non soltanto per l’evidente divisione in capitoli – procedimento ormai consueto anche per l’esperienza filmica e teatrale – ma per la paziente elaborazione teorica che sottende all’appello finale. Dichiaratamente lo spettacolo prende avvio dal saggio di Bertolt Brecht scritto del 1934, dopo l’avvento di Hitler al potere, Cinque difficoltà per chi scrive la verità.
L’adattamento ha lo spessore della consapevolezza. Per diretta dichiarazione degli artisti, è un procedimento citazionistico, nel senso di Walter Benjamin: il testo non viene riesumato per malinconia passatista o vezzo analogico. Ciò che sconcerta lo spettatore è l’assoluta attualità di quel reperto del secolo scorso, non solo per la pregnante eloquenza dei j’accuse, ma anche per il ricamo accorto degli artisti che fanno luce sui parallelismi.
Letteralmente, fanno luce e fanno suono. Sulla difficoltà di dire la verità è uno spettacolo scenicamente povero in apparenza, perché lo spazio nudo ospita esclusivamente corpo-voce e il corpo-luce dell’attrice: definire la sua una performance vocale è corretto, perché da lei fuoriescono una voce esterna, quasi divinatoria, e una voce della coscienza, pervasiva e virale nella sua capacità di rendere densa l’aria, complice anche la struttura intima del Teatro della Contraddizione.
I registri vocali sono in perfetta sintonia con i momenti del testo e con le parole che Tomšič accarezza con le mani e riecheggiano nei live electronics di Davide Sacco avvolgendo, senza lesinare anche sulla violenza del suono, lo spettatore. Allo stesso modo, è il corpo-faccia di Tomšič a essere polo magnetico assoluto: una faccia plastica, che si dilata e si deforma quando investita da luce livida, contendendosi il centro di attenzione con le immagini crude ed evocative di Michele Lapini. Come nella cifra stilistica del duo, infatti (è il caso di nuovo della produzione internazionale del Brecht di Santa Giovanna dei Macelli, ma anche di Vogliamo tutto!), l’apparato visuale dello spettacolo è affidato alle proiezioni sullo sfondo in un rapporto dialettico multilivello tra testo, iconografia e performance.
Il quadro ideologico di riferimento è immediatamente chiaro: la mortifera alleanza tra fascismo e libertà borghese ha generato gli orrori bellici del secolo scorso, ma anche un demone che allunga l’ombra delle sue fauci fino ai giorni nostri. Il capitalismo, si desume dall’interpretazione del testo brechtiano da parte degli autori, è tra i boia della verità. In nome della vendita, la vendita del sé e dunque dei propri prodotti intellettuali e materiali, si declamano generiche verità dal suono fintamente perturbante. I poeti della verità di cui parla Brecht sono, evidentemente, creature rare.
La verità bisogna innanzitutto riconoscerla, dentro quello che con metafora liberista si descrive marketplace of ideas e in questo scambio di merci si compra la verità che aumenta il proprio ritorno di interesse. Ma se pure si ha l’arguzia e l’onestà di riconoscere quella verità, occorre maneggiarla come un’arma e non aver paura del sangue che deriva da quell’utilizzo. Invece, accade che le lame di uomini e donne di cultura, oggi, siano un marchingegno di finzione, una protesi, un trucco, mentre i veri macellai hanno le mani sempre pulite, lavate con cura. Un testo, e uno spettacolo dunque, come questo, cercano le macchie sfuggite all’operazione di discolpa.
Come da manifesto, deve esserci un momento di appello, di chiamata alle armi. Appurato che è compito dello scrittore onesto identificare la verità e maneggiarla come una lama, per chi farlo? L’astuzia rivoluzionaria è di quelli capaci di diffondere la verità fra i molti, proclama l’attrice in scena. I molti senza tetto, i molti senza libro, i molti senza potere, i molti senza pane. “Voi molti”, sembra dire Brecht, negli inserti poetici inframmezzati nel testo, “voi molti cominciate a..”: contare il prezzo del grano, usare le parole giuste, verificare voi stessi, a chiedere ai vostri compagni.
Al termine della visione, resta un grande vuoto, l’ombra del lampante scarto tra la pretesa ideale del testo e l’efficacia dell’attività intellettuale oggi. Se il fulcro di Sul coraggio di dire la verità è l’auspicio che i pionieri della verità la pongano al servizio di chi ne ha bisogno, si deve cominciare a chiedersi con quali mezzi. Si può cominciare andando a guardare uno spettacolo impegnativo, che coniuga procedimenti scarni a un testo dallo spessore filosofico, che però vale tutto il nostro impegno.
SULLA DIFFICOLTÀ DI DIRE LA VERITÀ
ideazione Davide Sacco e Agata Tomšič / ErosAntEros
con Agata Tomšič
live electronics e regia Davide Sacco
immagini di Michele Lapini
produzione ErosAntEros, E production
in residenza presso Drammatico Vegetale / Ravenna Teatro, Odin Teatret / Nordisk Teaterlaboratorium
con il sostegno di CISIM, Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Ravenna e i partecipanti alla campagna di crowdfunding “ErosAntEros incontra l’Odin Teatret”
Teatro della Contraddizione, Milano | 22 febbraio 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.