LEONARDO CHIAVENTI / PAC LAB *| Valerio Binasco, che ha già avuto modo di confrontarsi con il teatro pirandelliano mettendo in scena Il piacere dell’Onestà, propone in questa stagione del Teatro Argentina la sua versione di Sei personaggi in cerca d’autore.
L’opera di Pirandello debuttò il 9 maggio 1921 al Teatro Valle di Roma, suscitando orrore e sconcerto nel pubblico presente in sala per la sua trama complessa, inaudita a quel tempo. Il dramma appartiene alla trilogia del teatro nel teatro, insieme a Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto, e gioca con i temi più cari a Pirandello, come la percezione soggettiva della realtà e la complessità dell’interiorità umana. Esso racconta l’incontro tra una compagnia di attori, guidata dal loro capocomico, e sei personaggi che si definiscono “in cerca d’autore”, desiderosi di rappresentare la loro storia, ma che lo Scrittore non ha mai terminato.
Il lavoro di Binasco si concentra sulla frammentarietà della rappresentazione, popolata da personaggi distrutti dalla penna esitante dello Scrittore il quale ha composto figure incapaci di trovare un modo per uscire dal loro racconto o di viverlo fino in fondo. Il vero protagonista dell’adattamento, perciò, è il vuoto: una sospensione che, nella sua veste di solitudine e angoscia, persiste nello spazio che divide due parole, ma soprattutto, è incarnata dai personaggi, che sono costretti ad abitare in un limbo da cui vorrebbero solo fuggire.

Sono le parole a creare lo spazio in cui si svolge questo allestimento. Ogni volta che i personaggi rievocano un dialogo avvenuto, i giovani membri della compagnia, alunni della Scuola del Teatro Stabile di Torino, compongono la scenografia: spostano una porta per consentire al Padre di entrare nella stanza dove si trova la Figliastra o creano una vasca in giardino per la drammatica scena che conclude il racconto. Seguendo le didascalie dell’opera originale, si configura una scenografia scarna, minimalista e grigia, quasi a voler suggerire che la percezione di un unico spazio scenico sia solo un’illusione. Un piccolo letto viene posizionato al centro palco per rievocare un momento decisivo della storia e una casa borghese prende forma, attraverso la realizzazione di alcuni suoi spazi, senza mai però dare l’impressione di raccontare una realtà altra che né la compagnia e né i personaggi intendono di mostrare. Ogni oggetto è trattato solo per quello che è realmente: un oggetto di scena.
Tutti i personaggi sono ben riconoscibili grazie ad abiti in stile anni ’20 e ad un trucco che dona loro un innaturale; tranne i due bambini: scelti tra i giovani attori della compagnia, che pur cambiandosi poi con dei costumi simili a quelli dei personaggi, mantengono il viso pulito, privo di trucco. Un richiamo all’innocenza dell’infanzia e, pare, alla difficoltà di coinvolgere dei bambini all’interno di un dramma di bugie e segreti, con un dolore così inteso che li circonda.

Valerio Binasco si ritaglia il ruolo del Padre, incarnando un’umanità corrotta e viziata dai propri privilegi. Il desiderio incessante di raccontare il dramma che la sua famiglia è stata costretta a vivere lo rende il nucleo attorno a cui si snoda la costante ricerca dei personaggi di sottrarsi alla sospensione in cui sono intrappolati. Così come Giordana Faggiano, che restituisce il ruolo della Figliastra con una notevole prova attoriale, delineando il percorso del suo personaggio nel tentativo di sfuggire a quel limbo, talvolta anche attraverso il delirio, in un costante equilibrio tra estrema follia e puntuale lucidità. Giovanni Drago è il secondo perno della rappresentazione. Superata la prima parte dell’opera, in cui i due gruppi si incontrano, il personaggio del Figlio assume un ruolo sempre più centrale, diventando il simbolo di quella mancanza di parole che avvolge la storia. Fin dall’inizio, Drago appare distante dagli altri personaggi, quasi infastidito e imprigionato nella sua rigida fisicità. L’invalidità alla gamba rende ogni suo passo un momento rilevante nella trama, e ogni sua frase segna un frangente in cui la realtà dell’opera si incrina ulteriormente. Eppure egli non prova mai a convincere la compagnia a mettere in scena il suo dramma, non lotta per la sua storia: ha già ceduto alla sospensione che lo tormenta. Drago riesce a sostenere con efficacia questo ruolo, anche durante il finale, che Binasco ha scelto di modificare, facendo suicidare proprio il Figlio, il personaggio che pensava di non avere più nulla da dire. La questione che naturalmente può sorgere è: come mai chi non ha mai voluto resistere alla condizione che lo affliggeva cerca di sfuggire alla narrazione della propria opera? La risposta, forse, può risiedere nella convinzione che il Figlio quasi desiderasse quella sospensione e nel momento in cui ha visto la sua famiglia in procinto di uscirne, ha scelto di compiere un gesto estremo per evitare che accadesse anche a lui. Il personaggio di Drago rifiuta, cioè, di essere rappresentato attraverso parole che non gli appartengono e, del resto, poi il dramma di questi sei personaggi, che si definiscono in cerca d’autore, è tale che è meglio non sia mai raccontato. Tuttavia, ciò è irrealizzabile, poiché una storia, dopo essere stata scritta, diventa immortale. Infatti, come è morto, il Figlio si risveglia tra le braccia dei suoi cari, evidenziando quanto sia illusoria la certezza di poter abbandonare la storia in cui si è stati creati.
Nel complesso, l’adattamento sarebbe risultato più completo se il personaggio della Madre (Sara Bertelà) fosse stato delineato con maggiore efficacia. Lo Scrittore non le ha affidato quasi alcuna battuta, ma le ha concesso il peso insostenibile di assistere alla morte di uno dei suoi figli. La Madre avrebbe dovuto essere l’espressione di un dolore che è incapace a esprimersi, ma che mostra la sua angoscia attraverso la sua presenza nel palco. Eppure l’interprete non sembra trovare il focus giusto per stare davvero in questo ruolo, emergendo come un’immagine che non restituisce la difficoltà di vivere nel limbo.
Anche Jurij Ferrini che interpreta il capocomico, a tratti fatica a sincronizzarsi con il tempo drammaturgico, interrompendo in alcuni momenti l’armonia della messa in scena. La sua interpretazione lo rende una figura più marginale, che esita a diventare quella controparte razionale che avrebbe dovuto aiutare gli spettatori a immergersi più profondamente nel racconto.

Questo Sei personaggi in cerca d’autore si configura come una versione interessante dell’opera pirandelliana, in cui è la forza attoriale di alcuni interpreti a portare avanti l’intero adattamento. Seppur con tali dislivelli interpretativi, alcune scelte risultano coraggiose e riescono a trasmettere il messaggio dell’opera in modi differenti, mettendo in luce aspetti inusitati del testo e presentando così una pièce originale. Ma ciò che principalmente rende singolare il lavoro di Binasco è la capacità di aver reso tangibile il limbo in cui stanno personaggi, e nel quale cui ciascun individuo si può immedesimare.
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
da Luigi Pirandello
regia Valerio Binasco
con (in o.a.) Sara Bertelà, Valerio Binasco, Giovanni Drago, Giordana Faggiano, Jurij Ferrini
e con Alessandro Ambrosi, Cecilia Bramati, Ilaria Campani, Maria Teresa Castello, Alice Fazzi, Samuele Finocchiaro, Christian Gaglione, Sara Gedeone, Francesco Halupca, Martina Montini, Greta Petronillo, Andrea Tartaglia, Maria Trenta
scene Guido Fiorato
costumi Alessio Rosati
luci Alessandro Verazzi
musiche Paolo Spaccamonti
suono Filippo Conti
aiuto regia Giulia Odetto
assistente regia e drammaturgia Micol Jalla
assistente scene Anna Varaldo
assistente luci Giuliano Almerighi
foto Virginia Mingolla
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro Argentina, Roma| 27 marzo 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.