CHIARA AMATO / PAC LAB* | Al Teatro Filodrammatici di Milano si è svolta, dal 7 all’11 maggio, la dodicesima edizione di Lecite Visioni: Festival lgbtqia+ con la direzione artistica di Michele Di Giacomo. Il titolo e filo conduttore di questa edizione è stato Metamorfosi, perché tutto muta e nulla perisce. Come sottolinea il direttore artistico, attore e regista: “la metamorfosi, la sua spinta, la sua energia, vedendola come ricchezza, complessità e opportunità” ci pone una serie di possibilità che possiamo cogliere, anche in un’ottica di cambiamento politico. In un momento storico caratterizzato dall’avanzata delle destre a livello internazionale, in cui la politica non spinge verso l’inclusione e la comprensione dell’importanza di queste tematiche, resta ancora più forte l’esigenza di parlarne.
Il programma si è sviluppato in quattro giornate di incontri, presentazioni di libri (con la collaborazione della Libreria Antigone Milano), performance di artisti italiani e internazionali, concludendosi, come ogni anno, con la lecture del testo vincitore del Premio Carlo Annoni dell’anno precedente.
Ad aprire il festival è stato l’incontro con Giorgio Bosso e la sua Compagnia del Gender in uno spazio di confronto con l’avvocato Elena Pucci. Affrontando temi delicati di natura normativa, Bosso e Pucci hanno analizzato leggi e indagato diritti non ancora riconosciuti in tanti paesi europei e quello che ciò comporta nella quotidianità per le persone dal genere non binario.

Il primo spettacolo in programma centra in pieno il filo conduttore della metamorfosi: Apocalipsync, dell’artista argentino Luciano Rosso con Maria Saccone è una performance magica in cui Rosso è solo in scena nell’interpretare innumerevoli personaggi. L’input iniziale per la creazione dello spettacolo si colloca durante il periodo della pandemia e della reclusione che ognuno ha vissuto nelle proprie abitazioni: da lì, in maniera autoironica, creativa e poetica l’artista inizia una metamorfosi sui generis. Ciò che guida questi passaggi di trasformazione, da un personaggio al successivo, sono infatti i suoni.
In scena (idea di Luciano Rosso e Oria Puppo) vi è solo un tendaggio semitrasparente che fa da sfondo, una nuvola di fumo e delle luci blu (Oria Puppo) dall’alto e, sulle note de Il ballo del mattone di Rita Pavone, inizia lo spettacolo, dopo il trillo di una sveglia. Da subito l’elemento sonoro e le voci registrate (di Rosario Lisma, Giorgia Senesi, Stella Piccioni, Emanuele Turetta) ci fanno capire che stiamo assistendo a una performance di lipsync. Tecnica molto cara al mondo queer, il lipsync si basa sulla sincronizzazione labiale dell’artista con suoni/voci registrati. In questo caso però l’operazione di Rosso travalica il genere fondendolo con la danza, la clownerie e il mimo.
La giornata del protagonista in scena inizia con gesti semplici come la preparazione della colazione: sbattendo le uova, il performer, come travolto da scatti epilettici, simula la trasformazione in gallina; e così successivamente il cinguettio degli uccelli, che sente fuori dall’abitazione, lo mutano in un canarino.
Il contesto della pandemia entra nella sua routine domestica attraverso l’ascolto dei notiziari radio e dei telegiornali che vengono fatti ascoltare al pubblico in lingue diverse e con un gioco di alternanza di colori delle luci. L’attore si sente schiacciato nella sua libertà da queste notizie, come una bottiglia di plastica, e si accartoccia in posizioni da contorsionista, come se fosse diventato egli stesso quella bottiglia che ha in mano.
Il passaggio da un personaggio all’altro è rapidissimo e sottolinea l’abilità performativa dell’artista poliedrico. La scena si tinge di rosso e lui danza e canta come una diva con in sottofondo Puro teatro di La Lupe. L’elemento che colpisce maggiormente è che, pur indossando per la maggior parte dello spettacolo solo un paio di boxer o un pantalone, Rosso fa viaggiare l’immaginazione del pubblico: nei passaggi in cui riprende grandi cantanti o dive del passato diventa ai nostri occhi donna, senza l’utilizzo di costumi complessi: un asciugamano diventa un abito da sera; la sua schiena, muovendosi sinuosamente, lo trasforma in una farfalla, ecc.
Al cambio di canale televisivo si combina una trasformazione e, con estrema autoironia, Rosso travolge il pubblico che non smette di ridere e di entrare in empatia. Molto coinvolgente anche una danza che esegue utilizzando una lente deformante posta davanti al volto, come a volerci mostrare gli infiniti giochi che un solo corpo, con accessori semplici, può far nascere.
Sul finale invece utilizza un costume multifunzione: annodando e snodando questa stoffa, in una climax crescente di velocità e abilità, si mostra come un trasformista di altissimi livelli, giocando fino all’ultimo con il pubblico, anche nel momento dei saluti, dove ancora non abbandona le voci registrate ma svela il trucco con la leggerezza e il candore di un bambino.
La performance apre molti scenari di riflessione sull’importanza della creazione, sulle suggestioni che possono nascere in un momento di crisi e di solitudine, sulle mutazioni infinite che il corpo umano può sperimentare. Lo spazio immaginativo lasciato allo spettatore è enorme proprio perché non vi sono né un ordine coerente nelle trasformazioni né uno stacco netto tra queste. La carica energica del performer è un’espressione perfetta delle potenzialità dei cambiamenti e dell’importanza di accogliere i cambiamenti stessi.
Il queer altro non è che tutto ciò che esce dall’ordinario, che non riesce e non vuole essere circoscritto e incasellato, e qui lo spazio di libertà queer è totale anche per la scelta di unire esperienze artistiche differenti.
Durante la seconda giornata c’è stata la presentazione di Rivoluzione non binaria di Lou Ms. Femme, con un importante approfondimento sul linguaggio e l’educazione: il linguaggio perché impone già una forma predefinita a chi una forma non vuole gli venga affibbiata, e l’educazione perché potrebbe essere la principale leva per un cambiamento sulle tematiche LGBTQIA+.
Segue il concerto-spettacolo Io sono Arcadia di e con la queen Arcadia e il chitarrista Gaetano Guardino. Il titolo sembra richiamare quell’iscrizione che si può leggere in alcuni importanti dipinti del Seicento, Et in Arcadia ego, che però era un memento mori, mentre qui dichiararsi personificazione di Arcadia può ribaltarne il significato in un memento vitae, in una affermazione forte di esistenza.
In scena solo i due artisti con uno sfondo di immagini proiettate e cangianti durante tutta la performance: si alternano infatti scenari naturali (pioggia, fuoco, fulmini) con i videoclip della cantante. L’esibizione, meno complessa nella struttura dello spettacolo dell’artista argentino, alterna brani originali con cover di artiste molto care al mondo queer (Mina, Patty Pravo e Raffaella Carrà).
Avvengono anche dei cambi d’abito dalla cantante durante gli assoli del chitarrista Guardino. Meravigliosi i costumi e il trucco di scena: coperta di pizzi e Swarovski Arcadia riesce da vera queen a trasmettere anche un tono di leggerezza ai momenti autobiografici non sempre felici.
Il concerto ha il sapore di quei café-chantant d’altri tempi, che mescolano narrazione e concerto vero e proprio: la queen ci parla del suo vissuto milanese, dei suoi amori, dei suoi dolori attraverso le canzoni e intermezzi narrativi che vengono fatti con la sua voce registrata. Nell’aspetto e nella presenza scenica ricorda molto sia la struggente Amy Winehouse, nei passaggi introspettivi, sia Lady Gaga in quelli invece di rivalsa. Si mostra al pubblico fragile e forte nei vari passaggi, inframmezzando i riferimenti personali a citazioni dalla letteratura all’astrologia fino alla poesia.
Il pubblico reagisce entusiasta a questa ventata di musica e di sonorità applaudendo di continuo e accogliendo con calore l’artista milanese: durante tutto il festival si percepiscono forte attenzione e attrazione per l’estetica delle performance queer che hanno attirato un gran numero di spettatori.
APOCALIPSYNC
uno spettacolo di Luciano Rosso e Maria Saccone
interprete Luciano Rosso
con le voci di Rosario Lisma, Giorgia Senesi, Stella Piccioni, Emanuele Turetta
regia Luciano Rosso, Maria Saccone
scene e costumi Luciano Rosso e Oria Puppo
luci Oria Puppo
direttore tecnico Felipe García Romero
coproduzione Carnezzeria E T4 / Maxime Seugé e Jonathan Zak
con l’appoggio della DIRECCIÓN REGIONAL DE ASUNTOS CULTURALES DE OCCITANIE
IO SONO ARCADIA
voce e direzione artistica Arcadia
chitarra Gaetano Guardino
regia e assistenza tecnica Ikka Mirabelli
Teatro dei Filodrammatici, Milano | 7-11 maggio 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.