SARA PERNIOLA | Tra gli spazi vivi e in trasformazione della città di Ferrara, il Festival Bonsai si fa radice e germoglio, capace di inserirsi con intelligenza e sensibilità nel tessuto urbano, donando al pubblico – dal 9 maggio al 29 giugno – visioni sceniche sorprendenti.    Nato nel 2017 da una poetica del piccolo, del raccolto, del vicino, oggi si espande come un intreccio di rami sottili che toccano luoghi inattesi e sensibilità diverse, rinnovando ogni anno il patto intimo tra teatro e comunità. Giunto alla sua nona edizione, il Festival non è soltanto una rassegna teatrale, ma un incontro di linguaggi ed esperienze diverse: ventitré spettacoli, microrassegne, residenze artistiche di diverse generazioni compongono, infatti, una mappa dell’arte viva che dialoga con la città.
Di tutto questo, però, non parleremo in dettaglio ora, poiché ne abbiamo già discusso in una conversazione dedicata con il direttore artistico Giulio Costa: ci soffermeremo, invece, su una delle serate che incarnano con più forza lo spirito di questa edizione, ovvero quella del 9 maggio che ha inaugurato il Festival e registrato il sold out, dedicata alla danza e ospitata presso Teatro Ferrara Off.

Superstella e Good Vibes Only (beta test), rispettivamente dei virtuosi danzatori Vittorio Pagani e Francesca Santamaria, insieme poi in Rmx, costituiscono la microrassegna – intitolata PERFORZA! – creata dall’attore e autore Pietro Angelini (che firma anche il sopracitato Rmx) sull’ossessione contemporanea per la performance, ispirata al pensiero di Byung-Chul Han su come l’essere umano, trasformato in imprenditore di sé stesso, si trova a mercanteggiare la propria immagine, misurandosi in visibilità e rendimento, persino nel silenzio del privato. In una società, dunque, che spinge a mostrarsi sempre produttivi e vincenti, anche nella dimensione del personale, la danza diventa un atto di resistenza, un linguaggio corporeo contro la vaporizzazione dell’identità in questa complessa era post-mediale. 

Vittorio Pagani con Superstellache abbiamo già commentato in occasione del festival Danza In Rete a Vicenza e Schio – prosegue la sua riflessione sull’atto creativo e sulle pressioni che lo circondano, interrogandosi sul peso del giudizio esterno e personale, mettendo in discussione icone, aspettative e dinamiche del mercato, tra idealizzazione e realtà. Nello spazio teatrale ampio e orizzontale di una delle due sale del teatro, dove il pubblico siede sopraelevato, i tecnici sono parte visibile del paesaggio scenico e un grande schermo frontale proietta le immagini, Pagani si muove tra luce e ombra, presenza e frammento, in un ambiente che somiglia più a un laboratorio esistenziale che a un palco tradizionale.  Il lavoro – dichiaratamente ispirato a di Fellini – si costruisce e si sgretola immerso in quell’immaginario, oscillando come Guido, il protagonista del film, tra l’urgenza del fare e la crisi del desiderare. La danza emerge come gesto in divenire, si fa riflessione vivente in una continua intersezione di linguaggi: c’è il corpo, che ora si mostra con i movimenti densi e intensi del genere contemporaneo, ora con il codice codificato ed elegante del repertorio della danza classica; ci sono le parole – di Mastroianni, della voce guida, del danzatore, dei testi musicali -, che sottolineano le rotture e le inversioni della crisi creativa, da vivere comunque sempre come condizione fertile. C’è il montaggio video, infine, con la sua stratificazione di immagini e di significati che sfida – esattamente come i movimenti – le convenzioni e le interpretazioni.                                                                All’interno di questa riflessione sull’idea stessa della creazione artistica è coinvolto sin dall’inizio anche il pubblico che sceglie cosa il performer debba indossare,  divenendo, così, parte integrante di un meccanismo perverso in cui l’opinione esterna si fa parametro, griglia, punteggio. Il gesto danzato, asciutto e ipnotico, conduce infine Pagani al suolo, il quale inizia a bere spasmodicamente dell’acqua: ed è in questa metafora della caduta di un corpo che si realizza il paradosso di un artista che, tra urgenza creativa e ricerca di consenso, è costretto a bere fino in fondo il calice di un sistema che insieme lo nutre e lo fagocita. 

ph. Cinzia Campana

Successivamente ci spostiamo nella sala un po’ più raccolta del teatro, dove viene rappresentato Good Vibes Only (beta test) di Francesca Santamaria: un cambio di spazio che suggerisce fin da subito il diverso registro percettivo, quasi a predisporre lo spettatore a un ascolto e ad una visione delle diverse declinazioni del linguaggio coreutico contemporaneo. Primo capitolo di un progetto più ampio, la performance mira ad esplorare l’atto dello scrolling come gesto quotidiano e rituale, mentre ci si interroga sul confine tra fruizione e consumo, performance e prodotto. Santamaria, vestita con un semplice jeans e una magliettina bianca, mette in scena un caleidoscopio di rituali digitali – tormentoni che oscillano da brani musicali di successo a stralci danzati di serie tv, da passi di danza classica a esercizi di workout per il dimagrimento diventati virali sulle piattaforme virtuali –  conquistando il pubblico con ogni gesto e ogni movimento caratteristici del tipo di danza che interpreta: il suo fluire è ipnotico con la grazia della danza classica, con l’energia del contemporary R&B, con l’eccentrica interpretazione di Mercoledì Addams e con il magnetismo insinuante della musica elettronica. Le coreografie iniziano con lentezza per poi accelerare gradualmente, diventando sempre più veloci, come un beat, appunto, che si ripete e cresce in intensità, e che si risolve nel perimetro di un quadrato che la danzatrice stessa delimita con dello scotch blu. Un confine che sembra contenere l’energia esplosiva della danza, ma allo stesso tempo diventa il luogo in cui ogni gesto e ogni battito  trovano il loro spazio e la loro intensità, creando un microcosmo di movimento e ritmo. Un confine, però, che simboleggia anche il contradditorio e disturbante benessere digitale del mondo contemporaneo, poiché la ripetizione dei movimenti che Santamaria mette in scena è anche una riflessione sulla circolarità e sulla velocità imposta dalla nostra società e sull’alienazione che essa provoca. In questo loop, la danzatrice attraversa anche il pubblico con una maglietta con un QR code, invitando, così, ogni spettatore a scansionare e a rendersi complice nel perpetuare questo perturbante sistema performativo. Good vibes only (beta test), dunque, esplora la tensione tra la liberazione che la danza potrebbe offrire e la costrizione di un meccanismo che ripete, consapevole o inconsapevole, le stesse forme. Un processo creativo che si fa riflessione critica, dove la ripetizione diventa metafora di una società che, nella sua frenesia, resta intrappolata nel circolo vizioso della performance.

ph. Cinzia Campana

Per Rmx – progetto vincincitore del bando Produzione dello spettacolo dal vivo 2023 promosso dalla Regione Lazio, del bando Portraits on stage 2023, del premio Crashtest Festival 2024 -, ritorniamo nella sala precedente, dove Vittorio Pagani e Francesca Santamaria appaiono in scena unicamente vestiti con intimo bianco, offrendosi allo sguardo del pubblico come superfici pronte ad essere proiettate e filtrate. Iniziano così a danzare attingendo al mito di Narciso per rivelarne l’inquietante attualità nell’epoca post-mediale: in tempo reale i due ballerini generano contenuti audiovisivi – grazie al prezioso e indispensabile supporto dei tecnici – che non solo accompagnano l’azione, ma la contaminano e la raddoppiano, dislocandola nello spazio. Filmando ciò che accade, infatti, e creando delle Instagram stories con annessi effetti in diretta, il materiale viene immediatamente proiettato sul grande schermo alle loro spalle, che genera un doppio piano percettivo: da un lato il corpo vivo, tangibile, vibrante; dall’altra la sua traduzione digitale ed estetizzata grazie alla manipolazione di luci, effetti, sovrapposizioni visive e angolazioni. É così che i dispositivi diventano estensioni dei corpi, provocando una sorta di circuito visivo ed emotivo che confonde i confini. Chi siamo e dove siamo quando ci perdiamo nelle logiche performative dei social? L’esperienza scenica diventa, così, una lente critica su un presente in cui l’essere coincide sempre più con l’apparire, e questa dicotomia identitaria viene simbolicamente rappresentata quando Santamaria e Pagani iniziano a mangiare mele in maniera compulsiva: un’immagine potentissima e ambigua allo stesso tempo e dal duplice significato che da un lato richiama il mito di Adamo ed Eva – metafora della conoscenza che espone, ma condanna -, dall’altro forse è un richiamo alla Apple – emblema del digitale che ci seduce e ci ingloba. 

ph. Cinzia Campana

I due danzatori creano una sinfonia in cui gesto e suono si assemblano in una partitura unitaria e profondamente evocativa grazie ai movimenti, compiuti e seducenti nella torsione del busto, della braccia, delle mani; alla sovrapposizione fisica dei corpi che creano un contatto che non è solo puramente estetico, ma anche carico di tensione primordiale: come due creature che, ancora prima di riconoscersi, devono guardarsi, studiandosi. É un repertorio coreutico che, dunque, si fa indagine sensibile di una crisi identitaria collettiva rivelando, nella morbidezza e nella tensione espressiva dei corpi e degli sguardi, un’urgenza: quella di non smettere di interrogare lo specchio e sé stessi. 

SUPERSTELLA (studio)

di e con Vittorio Pagani
testi originali e proiezioni di Vittorio Pagani
nel ruolo di Supervoce Pietro Angelini
supporto alla drammaturgia Pietro Angelini
disegno luci Stefano Moriondo
consulenza Francesca Santamaria
produzione CodedUomo
in coproduzione con Danza in Rete-Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza
SUPERSTELLA è stato realizzato nell’ambito di ResiDance XL – azione del Network Anticorpi XL c/o, L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale: Centro di Residenza Emilia-Romagna, Fondazione Armunia, Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, Lavanderia a Vapore, nell’ambito del progetto residenze coreografiche Lavanderia a Vapore

GOOD VIBES ONLY (beta test)

concept e performance Francesca Santamaria
collaborazione drammaturgica Pietro Angelini
sound design Ramingo
testi Francesca Santamaria, Pietro Angelini
voce Michela De Rossi
movement coaching Beatrice Pozzi
occhio esterno Daniele Ninarello
collaborazione progettuale Rossella Piazzese
costume Elena Luca
software engineering Nazario Santamaria, Lorenzo Augelli
produzione esecutiva CodedUomo
coproduzione FDE Festival Danza Estate, MILANoLTRE Festival, Festival Più che Danza
in collaborazione con TIR Danza
con il supporto di Porto Simpatica
sviluppata nel contesto di Incubatore per futur_ coreograf_ CIMD
selezione Teatri Riflessi 10 – International Short Performance Festival

RMX

concept Pietro Angelini e Karlo Mangiafesta
creazione e azione Pietro Angelini, Francesca Santamaria e Vittorio Pagani
regia Pietro Angelini
sound Design Filippo Lilli
light Design Marco D’amelio
produzione 369gradi
residenza produttiva Carrozzerie | N.O.T.
Il progetto è vincitore del bando Produzione dello spettacolo dal vivo 2023 promosso dalla Regione Lazio, del bando Portraits on stage 2023, del premio Crashtest Festival 2024
Miglior Teaser 2024 – Tuttoteatro.com

Teatro Ferrara Off | 9 maggio 2025