RENZO FRANCABANDERA | L’edizione 2025 del FIC Festival – acronimo per Focolaio d’Infezione Creativa – curata da Scenario Pubblico sotto la direzione artistica di Roberto Zappalà, ha confermato la manifestazione come uno dei punti nevralgici del panorama coreutico contemporaneo italiano. Tenutasi dal 29 aprile all’11 maggio, l’iniziativa ha presentato un programma articolato su venticinque eventi e più di centocinquanta artisti, dislocati in sedi emblematiche della città di Catania, come Scenario Pubblico, il Teatro Massimo Bellini, il Teatro Sangiorgi, Palazzo Biscari, il CUT – Centro Universitario Teatrale dell’Università di Catania e la Fondazione Brodbeck.
Scenario Pubblico, fondato nel 2002 da Roberto Zappalà, è un centro di produzione per la danza contemporanea riconosciuto a livello nazionale. La struttura ospita la Compagnia Zappalà Danza e la CZD2, ensemble formato da giovani danzatori selezionati attraverso il percorso MoDem PROfessional. Il centro promuove la ricerca coreografica e offre residenze artistiche, workshop e incontri, contribuendo alla diffusione della danza contemporanea in Italia. Da anni promuove un festival primaverile di grande interesse dedicato alla danza, fra fine aprile e inizio maggio.
Il 10 e 11 maggio 2025, il FIC ha concluso la sua sesta edizione con una serie di eventi che hanno esplorato le intersezioni tra danza contemporanea, memoria storica e innovazione tecnologica.Testimoniamo delle due giornate in questo racconto, al quale si unisce la voce del coreografo padrone di casa, che abbiamo intervistato al termine dell’ultimo evento della rassegna.
La due giorni conclusiva si era condensata proprio intorno alla proiezione presso Scenario Pubblico di OB/SOL.um, una storica creazione di Roberto Zappalà del 2002, nella versione registrata dal vivo presso la Cavallerizza di Reggio Emilia. L’opera, ispirata alla conversazione con lo scrittore Enzo Aprea, colpito dal morbo di Buerger, affronta temi come la mutilazione, la seduzione e il potere attraverso una serie di quadri intensi visivi.
A quest’opera iconica e fortemente ibridata dalle suggestione della videoarte di oltre vent’anni fa, si deve peraltro l’icona del coreografo incappottato che ancora oggi è il simbolo di Scenario Pubblico. La serata ha avuto seguito con un incontro con il coreografo Roberto Zappalà e con Maurizio Leonardi, curatore del visual design, moderati da Stefano Tomassini.
Pochi minuti di convivialità nello spazio buvette di Scenario e a seguire due performance: Ti ricordi il futuro? di YoY Performing Arts e Fin che ci trema il cuore di Michael Incarbone. Entrambe le opere hanno esplorato il rapporto tra memoria e futuro, interrogando il ruolo del corpo nella costruzione dell’identità contemporanea.
Ti ricordi il futuro? è una performance coreografica ideata e interpretata da Emma Zani e Roberto Doveri di YoY Performing Arts, ispirata all’installazione visiva C’è troppa luce per non credere nella luce dell’artista Valerio Berruti.
Il suggestivo progetto grafico dell’artista risale ad alcuni anni fa e si compone di immagini affrescate e retroilluminate su un supporto in ferro che, attraverso l’antica tecnica dell’affresco, delinea sagome minimali e con disegno di puro contorno ispirate al mondo fiabesco dell’infanzia. Le foto degli anni ’70. La memoria che evapora. Due di queste opere campeggiano in alto, ben illuminate, e definiscono un chiaro spazio dell’accadere. La stessa atmosfera arriva dal sostrato sonoro di questa coreografia: la colonna sonora originale è stata composta da Timoteo Carbone, mentre i costumi, realizzati da HACHE, rimandano a una purezza quasi orientale, specie nella più angelicata (e invero anche ispirata dal punto di vista gestuale) figura di lei.
Il rimando sonoro e di posture a bambini cristallizzati in memorie evaporate, sospesi in un tempo indefinito e in attesa di un ritorno alla vita, si traduce in gesto rarefatto e in movimento attraverso un vocabolario che non mira a codificare significati specifici, ma a evocare stati d’animo e memorie condivise.
La creazione fa parte di una costruzione più ampia di cui è una delle componenti e quindi è improprio fermarsi a questo tassello per dare un parere sull’operazione artistica nel suo complesso. Qui siamo dentro un largo sinfonico, a tratti anche estremo nella sua impalpabile nostalgia, condensata in lentezze e fermo immagini, e che intreccia speranze, paure e ideali in una narrazione poetica che sicuramente negli altri elementi del polittico coreografico troverà poi nerbo drammaturgico. Sicuramente in un contesto storico spesso dominato da comunicazioni aggressive, l’opera vuole proporre la gentilezza come atto politico e strumento di dialogo, invitando a una riflessione collettiva sul tempo e sulla memoria.
La successiva Fin che ci trema il cuore è una performance coreografica ideata da Michael Incarbone e presentata in prima assoluta il 29 aprile 2025 e che poi ha avuto come seconda tappa proprio il FIC Festival.
L’opera si sviluppa a partire dall’immagine cangiante dell’orizzonte, inteso come linea indefinita e mutevole che agisce sui corpi come fenomeno musicale. In scena, le danzatrici Erica Bravini e Marina Bertoni esplorano uno spazio vuoto con gesto energico e frenetico, in una serie di sequenze caratterizzate da cambi di luci e atmosfere sonore molto interessanti. Le musiche originali di Filippo Lilli, il disegno luci di Danila Blasi, la drammaturgia di Valeria Vannucci e i costumi di Giulia Cauti contribuiscono a creare un’atmosfera che sollecita i sensi e accompagna il pubblico in un viaggio sensoriale. Apprezzabile la grande energia dell’intera creazione che palpita di movimento per tutto il suo tempo: al mio personale sguardo sono risultati di particolare interesse gli assoli in penombra, nel desiderio di abbandono, e le vibrazioni sottili che arrivano per contrasto ai momenti più spasmodici.
La performance si caratterizza per l’uso di bastoni che accompagnano le interpreti in alcune sequenze, come quella finale, indirizzando i loro movimenti verso la soglia labile dei luoghi, creando un campo di illusioni e magia. Da definire invece la vorticosità iniziale quasi da improvvisazione, ma che va puntualizzata, e il superfluo rompere con lo sguardo la quarta parete, a cercare in un orizzonte che ingloba anche il pubblico ma che resta equivoco nel suo ingaggiarsi oltre lo spazio scenico.

L’ultima giornata del festival si è aperta in mattinata con una meravigliosa lezione incontro di Virgilio Sieni sul rapporto fra spazio e corpo in movimento, nello spazio del Teatro Universitario, in cui il coreografo ha spiegato in forma esemplare ai presenti i capisaldi del suo credo creativo.
Nel pomeriggio, al Massimo Bellini, uno degli eventi più attesi dalla città e dal pubblico più ampio dei frequentatori della musica classica oltre che della danza, con l’omaggio a Ezio Bosso intitolato Un amico: si è trattato di una performance che ha visto la partecipazione di Sieni e del suo gruppo di danzatori a interpretare le partiture musicali eseguite del violoncellista Mario Brunello, in duo musicale con la pianista Maria Semeraro: un repertorio per lo più contemporaneo e culminato un una complessa scrittura di Bosso stesso, regalata all’amico violoncellista, appunto. L’evento ha celebrato la memoria del compositore attraverso un dialogo tra danza e musica, magnificando l’importanza dell’empatia e della collaborazione artistica.
Lo spettacolo, costruito su un programma che includeva Pärt, Cage, Bach e Messiaen, si è sviluppato come un percorso di ascolto e visione in cui il suono è generatore di spazio e forma. La danza – affidata alla poetica sensibile e tattile di Sieni che per primo ha inaugurato lo spazio danzato con un assolo – non si è limitata a visualizzare la musica: l’ha assorbita, restituendola sotto forma di presenza fisica, di spirale cinetica, dapprima nel suo assolo e poi nel vorticoso e poetico rincorrersi e intrecciarsi dei suoi giovani danzatori cui ha passato l’energico testimone in forma esplicitamente gestuale, in duetti e assoli scanditi da silenzi e sospensioni, che hanno suggerito un’idea di sacralità laica, un culto della fragilità.
Nel cuore del programma, la Sonata n. 1 The Roots di Bosso ha rappresentato la zona più densa e ambigua della serata: una partitura che, per stessa ammissione di Brunello, si muove tra la compostezza bachiana e l’estasi mistica di Pärt e Messiaen, ma che porta con sé anche i segni di un’esplosione emotiva irrisolta. I tre movimenti della Sonata – un adagio funebre che si disfa in accelerazioni nervose, un secondo movimento in cui l’impulso ritmico prende il sopravvento, e infine una conclusione sospesa – sembrano riflettere lo stesso arco della relazione interrotta tra i due musicisti: dalla consonanza iniziale, alla perdita di un linguaggio comune, fino a un congedo non del tutto pacificato.
Nel dialogo tra corpo e suono che ha animato la serata al Teatro Massimo Bellini di Catania, si è consumato un atto di memoria e rigenerazione: un omaggio a Ezio Bosso non come celebrazione postuma, ma come tentativo di riavvicinarsi a una musica viva, irregolare, incandescente. Mario Brunello e Virgilio Sieni, per la prima volta insieme sul palco, hanno intrecciato strumenti e gesti, attraversando le musiche che avevano segnato l’amicizia tra Brunello e Bosso – un’amicizia che, come scrive lo stesso violoncellista in una lettera rivolta al coreografo, fu segnata da una frattura insanabile quanto rivelatrice: “la musica è come impazzita, ha iniziato a parlare una lingua sconosciuta ad ambedue”.
FIC si è concluso con Outdoor Dance Floor di Salvo Lombardo/Chiasma che ha trasformato Palazzo Biscari in una pista da ballo, coinvolgendo il pubblico in un’esperienza partecipativa che ha unito performance e festa.
Poi, finalmente, in un momento di relax sul divano di Scenario Pubblico, nelle ultime ore del festival, abbiamo scambiato qualche parola con Roberto Zappalà, coreografo e direttore artistico della compagnia fondata nel 2002.
Quale immagine si va delineando nella tua mente del percorso di queste sei edizioni, ora che anche questa è finita? Che cosa sta diventando?
Per il futuro?
Sì, per il futuro, ma anche su cos’è stato e su come si proietta poi avanti.
Solitamente io non torno mai indietro, il passato non mi interessa. Quindi cos’è stato l’ho quasi dimenticato (ride, ndr), Non guardo indietro solitamente. Ciò che è attualmente, per quanto mi riguarda, è un primo inizio, anche se è un inizio già molto forte, potente. La città vive, diciamo, i fasti del festival, soprattutto il centro, perchè i teatri che abbiamo scelto si trovano tutti in un’area di massimo un chilometro quadrato, anzi meno. E questa è una grande fortuna.
Più che altro, penso già subito al futuro di questo festival. O meglio, all’intenzione del futuro. E l’intenzione del futuro è quella di far diventare questo festival veramente il festival della città. Credo che a questa città manchi un festival, e qui va fatta una differenziazione fra gli spettacoli, le stagioni, le rassegne e il festival. Il festival per antonomasia deve essere qualcosa dove si propongono diversi linguaggi, anche solo di una stessa disciplina, convogliando al suo interno diverse strutture di diverse tipologie di linguaggi; quindi musica, teatro, e di conseguenza diverse tipologie di spettacoli, dalla musica classica alla musica contemporanea al teatro. Questo è quello che vediamo per il futuro.
Dicevi che il passato lo lasci un po’ da parte, però in realtà uno degli atti conclusivi di questa edizione del festival è stato, per esempio, un dialogo con Tomassini su uno spettacolo di 23 anni fa, che getta una luce sul lavoro che state facendo sul vostro archivio. Questo, per esempio, non è qualcosa che riguarda il passato?
Sia chiaro, non è che io lo rinnego: provo a non pensarci e ad attualizzarlo in maniera estrema, però ovviamente è dentro di me, quindi in maniera assolutamente spontanea al momento in cui deve uscire il passato; oppure le energie del passato, le ricerche del passato, gli allori del passato, ovviamente da soli escono. Non c’è un retropensiero rispetto al passato del tipo: “Siccome abbiamo fatto questo, sarebbe opportuno fare questo”; no, questo non mi capita. Però sono molto contento. Quello è un progetto che si chiamava Anarchivio, la prima edizione. Nella prima edizione abbiamo parlato del repertorio in un senso lato; poi l’intenzione è quella ogni anno di far vedere qualcosa al pubblico, di almeno dieci anni fa, ma anche di quindici. Lo spettacolo che hai visto era in quel periodo, non dico estremo, però impegnativo. Era uno spettacolo, non dico avanti, perché non è che fosse avanguardia, però c’era una stratificazione di linguaggi, di messaggi, di intenzioni molto ampie.
Un’ultima domanda: la compagnia ha una grandissima storia, però una delle sensazioni che si ha venendo qui al FIC è una grande scommessa sulle giovani generazioni. C’è una grandissima presenza di compagnia giovane.
Penso che sia anche corretto, opportuno, giusto, perché alla mia età non mi sento vecchio e non lo sono oggettivamente, ma sono maturo e ho l’esperienza, quindi è giusto portare avanti i progetti dei giovani che hanno, in questo momento, l’opportunità di fare una crescita e maturare molto più velocemente rispetto al passato. Io mi ricordo che ci sono certi lavori di giovani che sono certamente migliori dei miei del primo o secondo anno, del terzo anno: hanno una visione molto ampia. E se non è così anche dipende dal nostro tempo. Ma perché c’è una visione attorno a sé: non dico che si copia più facilmente, ma si è influenzati da molte cose. Io sono tornato a Catania per vivere la solitudine creativa, appositamente per non avere influenza. Oggi, volere o non volere, le contaminazioni ce le hanno. Poi si è detto già tanto, i ballerini hanno fatto tante esperienze con tante tipologie e quindi è indispensabile che diamo voce ai giovani coreografi. È anche una missione che Scenario Pubblico ha preso sin dall’inizio dell’apertura. Scenario Pubblico non è mai stato un luogo chiuso e pensato solo ed esclusivamente per me. Avevo 40 anni, ma subito ho sentito il bisogno di condividerlo con altri. Appena sono migliorate un po’ le risorse abbiamo deciso di farlo. Ancora sono poche rispetto a quello che facciamo, però sicuramente abbiamo fatto un passo avanti.
Proiezione OB/SOL.um
Roberto Zappalà / presentazione a cura di Stefano Tomassini
coreografia e regia Roberto Zappalà
musica: Steve Reich (remixed), Gianluigi Trovesi, Nello Toscano, Junkie XL, Aphex Twin
interprete Roberto Zappalà
con la collaborazione di Linda Magnifico
sceneggiatura e layout video-grafico Giuseppe Parito
videoediting e video noise ETHICAL Bros
scene e costumi Roberto Zappalà
testi Raffaele Marmo
disegno luci Marco Policastro
ingegnere del suono Gaetano Leonardi
una coproduzione Compagnia Zappalà Danza, Reggio Emilia Danza, Scenario Pubblico
digitalizzazione e restauro Sofia Bordieri e Eros Brancaleon
TI RICORDI IL FUTURO?
ideazione YoY Performing Arts
coreografia Emma Zani e Roberto Doveri
musiche Timoteo Carbone
costumi Hache Official
opere Valerio Berruti
con il sostegno di Intercettazioni Centro di Residenza Artistica della Lombardia / Circuito CLAPS e Derida Dance Company
in collaborazione con Scenario Pubblico Centro di Rilevante Interesse Nazionale e AMAT / Civitanova Danza
progetto finalista di DNAppunti Coreografici 2024 e Premio Twain Direzioni Altre 2024
FIN CHE CI TREMA IL CUORE
idea e coreografia Michael Incarbone
performer: Erica Bravini e Marina Bertoni
musiche originali: Filippo Lilli
disegno luci: Danila Blasi
dramaturg: Valeria Vannucci
costumi: Giulia Cauti
produzione: PinDoc
con il sostegno del MiC e di SIAE nell’ambito del programma “Per chi Crea” e della Regione Siciliana
con il supporto di ALDES, Anghiari Dance Hub, ATCL, Orbita | Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, Teatri di Vetro / Triangolo Scaleno, Hangartfest In collaborazione con il Centro di Rilevante Interesse Nazionale per la Danza Scenario Pubblico
UN AMICO
Omaggio al mondo della musica di Ezio Bosso
coreografia, spazio Virgilio Sieni
violoncello Mario Brunello
pianoforte Maria Semeraro
compagnia Virgilio Sieni Jari Boldrini, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Valentina Squarzoni, Linda Vinattieri
musiche Pärt, Cage, Bach, Messiaen, Bosso
direzione tecnica Marco Cassini
luci Andrea Narese
costumi Marysol Maria Gabriel
produzione Centro Nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni, Fondazione Ravenna Festival, Opera Estate Festival Veneto, Settimane musicali di Stresa, Festival Internazionale
con la collaborazione di Antiruggine srl
FIC Catania, 29 aprile – 11 maggio 2025







