CHIARA AMATO / PAC LAB* | Durante il festival LGBTQIA+ Lecite Visioni, che si è svolto al Teatro dei Filodrammatici di Milano, è andato nuovamente in scena, dopo quasi dieci anni dal suo debutto, lo spettacolo 1983 Butterfly. Il testo è molto complesso e nasce dalla voglia di Giorgia Cerruti (regista e interprete) e Davide Giglio (altro interprete in scena) di sperimentarsi in un’inversione di ruolo e di generi.
Affascinati dalla visione di M. Butterfly di David Cronenberg, hanno pensato per innescare un corto circuito drammaturgico con la vicenda originale, di intervistare il diplomatico francese Bernard Boursicot, protagonista di una clamorosa e per certi versi analoga vicenda d’amore, per creare uno spettacolo che raccontasse la sua vita e la sua storia d’amore con Shi Pei Pu.
L’opera rientrava nel progetto Bio_Grafie della Piccola Compagnia della Magnolia, assieme agli altri due lavori dedicati alle figure di Zelda Fitzgerald e Rudol’f Nureev.
Siamo di fronte alla storia d’amore tra un diplomatico francese e un cantante cinese di lirica, che però racconta al diplomatico di essere costretta a vestirsi da uomo perché i genitori non potevano accettare l’ennesima figlia femmina.
Negli anni ’80 i due cominciano ad avere una relazione intima e clandestina che viene sempre e solo vissuta al buio, con la scusa del presunto pudore, considerato tipico delle donne orientali. Approfittando dei viaggi di lavoro di Boursicot, Pei Pu avrebbe finto di essere rimasta incinta. Successivamente scoperti nella loro relazione omosessuale dal governo francese, in questa peculiare rilettura, prima l’uno e poi l’altro sono stati arrestati e, solo in occasione del processo, Boursicot avrebbe saputo la realtà dei fatti: sconvolto dalle menzogne tenta il suicidio in carcere. La vicenda resta comunque molto oscura: è inverosimile che il diplomatico non si fosse accorto della fisicità maschile di Pei Pu. Ma come egli stesso sostiene, in una delle tante interviste rilasciate alla compagnia, “È meglio essere imbrogliati che imbrogliare. Non c’è disonore nell’essere imbrogliati”.
In scena c’è solo un tavolo sullo sfondo con ai due angoli opposti dei candelabri (idea di Lucio Diana – Atelier Pcm). Il primo a parlare è Boursicot che fa un breve introduzione del suo personaggio. Si presenta in abiti sobri ed eleganti, come anche Pei Pu successivamente, e ne cogliamo l’estrazione sociale alto borghese (costumi di Giorgia Cerruti e Gaia Paciello). Un’eccezione alla loro mise ordinaria è la maschera che copre il volto del cantante, segnale anticipatore delle sue omissioni future. La messa in scena di Cerruti punta a un’amplificazione della macchina espressiva con una recitazione che riprende l’opera lirica e la Madama Butterfly di Puccini. L’elemento che risulta evidente, già dall’interpretazione delle prime battute, è l’effetto di straniamento che ciò genera sullo spettatore.
Prima c’è una danza in cui i loro corpi, avvolti da mantelli, sono indistinguibili; e poi una proiezione sullo sfondo di una serie di volti famosi, tratti da scene di film, accomunati tutti dal gesto del togliersi una maschera o il trucco scenico.
I due protagonisti si relazionano come amici, per poi diventare amanti, e qui assistiamo a elementi drammaturgici che, oltre al gioco sulla impostazione della voce, interrompono una narrazione naturalistica. Lo stile delle loro conversazioni è aulico, vibrato, eccessivo e profondamente melodrammatico. Alcuni passaggi sono oscuri, come oscuri sono molti particolari delle loro vite e dei racconti, a volte, contraddittori di Boursicot. Il loro muoversi in scena è caratterizzato da movimenti ampi ma anche da improvvisi scatti, come se la regia avesse voluto, durante tutta la rappresentazione, dare dei segnali della non-veridicità dei due protagonisti: tutto è spinto oltre.

Altro passaggio molto forte è quello del processo realmente subito dai due amanti. I giudici sono interpretati sempre dalla coppia Cerruti/Giglio che indossano una parrucca canuta.
Più che equilibrata distanza sentenziano volgarità e cattiverie sui due imputati: non si sta più ragionando su una colpa politica o sul tradimento allo Stato, ma viene messo alla gogna il loro comportamento sessuale. I due esecutori di giustizia sono viscidi, omofobi: insinuano cattiverie, ma la cosa più triste, per quel che appare allo spettatore di oggi, è che molte delle parole usate nel testo sono state tratte dagli atti ufficiali del processo.
Le tappe della vicenda sono narrate con tanto di date proiettate sullo sfondo, proprio perché dietro questo lavoro c’è la voglia di documentare e di portare alla luce un amore così fuori dagli schemi dell’epoca e il drammatico rapporto con la “giustizia”, il dettato normativo sociale.
Nel finale, però, i due amanti si perdonano, si sorridono, seduti l’uno di fronte all’altro, e si tolgono le maschere personali: chi si scioglie i capelli, chi si toglie la barba; e ballano una danza catartica e liberatoria, dopo un lapidario “io sono un uomo che ha amato una donna creata da un uomo”. L’elemento poetico dell’operazione artistica è molto forte, e il candore del loro ballo scanzonato lascia un sorriso: ricorda quell’ironia bonaria del finale di A qualcuno piace caldo di Billy Wilder, perché “nessuno è perfetto”.
L’appuntamento immancabile e conclusivo del festival è poi la lettura del testo vincitore del Premio Carlo Annoni. In questa edizione l’opera andata in scena è stata Controtempo, di e con Eliana Rotella e Diego Piemontese, con regia di Giulia Sangiorgio.
Si racconta di un passaggio importante di molte relazioni amorose: la presentazione ufficiale ai genitori del proprio partner. Ma se il nostro compagno/a è una persona trans, come avviene tutto ciò? Cosa è giusto dire e cosa spaventa dire? I due autori e interpreti si pongono la questione nei panni dei due protagonisti EMME ed EFFE.
La lecture si struttura in parti molto diverse fra loro per il tono, la forma teatrale e gli argomenti: assistiamo ad alcune parti dialogiche che hanno luogo all’interno della coppia; altre monologiche rivolte al pubblico; e intermezzi di stand-up comedy quando Emme/Piemontese scherza -in maniera anche molto tranchant- col pubblico. Le luci segnalano questi stacchi cambiando direzione e mettendo nel cono di luce, a turno, chi tiene la parola.
Si affronta l’argomento della transessualità da un punto di vista politico e trans-femminista, ma si ride anche con semplicità sui cliché ricorrenti che accompagnano il momento della presentazione ai genitori del proprio partner. Questa oscillazione di toni del testo viene resa con bravura dai due attori, che riescono a trasmettere sia la pesantezza e la difficoltà di alcuni episodi – che nelle relazioni eterosessuali sono molto più semplici – sia la leggerezza dell’amore bello e limpido di questa coppia. Si sente un forte trasporto del pubblico, realmente empatico: i dialoghi odorano di ordinario e appartengono al vissuto, consentendo un’immedesimazione con le fragilità dei protagonisti.
Si gioca con ironia anche sull’ignoranza che domina l’opinione comune sulle persone trans, sulle domande che molti si saranno posti riguardo al vivere in un corpo che si è scelto (e che ci si è sudati in molti casi). Questo flusso continuo e veloce di parole e di scambi affronta anche, per contraltare, il tema del silenzio: le infinite sfumature e varianti del silenzio. Le diverse modulazioni e motivazioni del silenzio: paura, timidezza, dubbi e perplessità.
Anche qui, come in 1983 Butterfly, il finale sorprende, ma in questo caso con l’ironia della sorte, e una grande risata generale riempie la sala.
Giovani e bravi, Rotella e Piemontese, portano in scena tanta politica: lasciano semi sparsi riguardo ai loro ispiratori, alle letture trans-femministe e al percorso fatto. La bandiera della Palestina sul palco chiude Lecite Visioni con un messaggio chiaro: tutto è politica, dalla sessualità alla guerra.
1983 BUTTERFLY
drammaturgia e regia Giorgia Cerruti
con la collaborazione di Bernard Boursicot
con Davide Giglio, Giorgia Cerruti
assistente alla regia Cleonice Fecit
scene e luci Lucio Diana – Atelier Pcm
sound design Guglielmo Diana
costumi Giorgia Cerruti, Gaia Paciello
tecnico luci Marco Ferrero
fonica Cleonice Fecit
organizzazione Emanuela Faiazza
uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia
in coproduzione con Festival delle Colline Torinesi – Creazione Contemporanea
CONTROTEMPO
di e con Eliana Rotella e Diego Piemontese
regia di Giulia Sangiorgio
testo vincitore Premio Carlo Annoni 2024
testo vincitore giuria popolare Bepo Maffioli 2024
Teatro dei Filodrammatici, Milano | 7-11 maggio 2025
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.