RENZO FRANCABANDERA | La nona edizione del Festival Bonsai, promosso e curato dall’Associazione Ferrara Off, sviluppa nei bellissimi spazi cittadini scelti per la rassegna la sua vocazione di piattaforma di riflessione e sperimentazione sul linguaggio performativo contemporaneo, in dialogo diretto con lo spazio urbano e con i mutamenti culturali della società. Nato nel 2017 come estensione del format del microteatro, mutuato dall’esperienza argentina dei primi anni Duemila, Bonsai si è gradualmente emancipato dalla formula originaria per articolarsi in un progetto più complesso, capace di tenere insieme la dimensione intima della performance con un’apertura crescente verso la città e il territorio. Fin dalle sue prime edizioni, il festival ha messo in questione i confini tradizionali tra scena e platea, tra autore e spettatore, attivando dinamiche di prossimità e coinvolgimento che sono oggi al centro della sua proposta artistica.
L’evoluzione della manifestazione appare evidente nella struttura del cartellone 2025, che si distende su quasi due mesi (dal 9 maggio al 29 giugno) e coinvolge non soltanto il Ferrara Off Teatro ma anche spazi non convenzionali come licei, impianti idrovori e luoghi simbolici della città. Il principio di diffusione e dislocazione degli eventi nello spazio urbano agisce da controcampo alla centralità della narrazione teatrale intesa come pratica relazionale, capace di abitare contesti diversi e di generare nuove forme di comunità. In questo senso, Bonsai non si propone soltanto come festival di spettacoli ma come processo culturale in divenire, una sorta di laboratorio mobile che interroga continuamente le proprie premesse estetiche, pedagogiche e politiche.
La giornata del 13 maggio si inscrive con coerenza in questo quadro progettuale, avendo ospitato una delle quattro microrassegne pensate per l’edizione 2025. Queste serate, intitolate significativamente secondo nuclei tematici specifici e tutte affidate a compagnie under 35, rispondono all’esigenza di fornire uno spaccato attendibile delle pratiche emergenti nel performativo contemporaneo, valorizzando linguaggi ibridi, contaminazioni disciplinari e sperimentazioni formali. La formula è quella di scegliere una giovane compagnia e affidarle il compito di individuare altre due compagnie partner per abitare gli spazi e condividere la programmazione della serata. La microrassegna presentata il 13 maggio, dal titolo OUT-INSIDE. Non è il disegno di un corpo, curata dal Collettivo HUM, ha avuto luogo presso il Teatro Ferrara Off e ha messo in scena tre creazioni di teatro-danza che affrontano in modo complementare il tema del corpo come spazio narrativo, fragile, attraversato da tensioni intime e collettive.
La serata OUT-INSIDE si è configurata come una vera e propria drammaturgia tripartita dell’esperienza corporea, articolata attraverso forme performative eterogenee ma accomunate dall’adesione a un’estetica di “urban fusion”, in cui danza, parola e gesto si fondono per evocare stati di transizione, discontinuità e resistenza. Il primo lavoro in programma, B.A.C.O. – Biopsia d’anomalia emozionale condotta sull’oggetto, ideato da Beatrice Foglia con la collaborazione di Sara Ariotti, esplora il corto circuito tra il corpo e il pensiero, immaginando un organismo attraversato da inceppi, malfunzionamenti e risonanze neuro-emotive.
Le due performer sono già in movimento nella penombra lungo direttrici che tagliano lo spazio scenico in porzioni longitudinali quando gli spettatori entrano in sala. Una volta che il pubblico si è accomodato e le luci sono salite a definire uno spazio bianco e neutro, le due, attraverso un linguaggio coreutico disarticolato e una partitura gestuale reiterativa, mettono in scena un corpo disfunzionale, ipersensibile, che si fa allegoria della condizione umana contemporanea, segnata da una costante tensione tra lucidità cognitiva e caos affettivo. I loro vestiti si alternano nei colori, nel chiaro e nel violetto, indossano guanti che colorano gli arti in modo artificiale e straniante. Apprezzabili talune intuizioni che nascono dalle algide prossimità delle due, che paiono voler comunicare senza però dare mai la sensazione di riuscirci, restando entità quasi monadiche.
Ci si sposta nella sala nera per il secondo evento che vede in scena altre tre giovani performer di questo collettivo, il cui nome vuole evocare la radice della parola latina humus ma anche lo hummus, il cibo che ritualmente condividono quando si incontrano, essendo dislocate fra Piemonte e Veneto. Assistiamo qui a Solitario, firmato dal Collettivo HUM – e coreograficamente ideato da Anya Pozza, Kyda Pozza e Aurora Sbailò – che si concentra sul tema della solitudine come spazio interiore abitato da voci contrastanti. L’opera si struttura come un gioco performativo che riproduce dinamiche di attrazione e repulsione, facendo emergere, attraverso un linguaggio scenico essenziale ma evocativo, la complessità dell’identità soggettiva, in bilico tra autenticità e maschera, intorno alla più tradizionale e iconica ambientazione del tavolo e della partita a carte. Un gioco di sedie che rimanda i più adulti alle partiture di Pina Bausch in Cafè Muller, con un impazzito vorticare di posizioni in senso orario, che ora gioca su corde originali, ora si piega in qualche appoggio didascalico che può trovare futura maturazione.
La danza diventa in questo caso strumento di indagine psicologica, che non si limita a rappresentare ma agisce il conflitto, l’ambiguità e la frammentazione. Efficace la coreografia quando si fa più astratta, mentre rimane più ingenua e decifrabile la parte narrativa, così come pure le rotture della quarta parete, talvolta inutili, con gli spettatori che vengono ingaggiati con lo sguardo, come nell’uscita finale, che dona un accento quasi da cabaret alla rappresentazione. Colpisce oltremodo, va detto, il corpo performativo di Anya Pozza, capace di un flessuoso e magnetico interpretare tanto la cifra coreutica quanto quella più teatrale dell’azione scenica con estrema naturalezza.
L’intuizione di aver ospitato questo lavoro nel festival è stata fortunata. La tappa successiva del lavoro è stata infatti a Cividale del Friuli dove Solitario ha vinto, notizia dell’ultim’ora, il premio Mittelyoung nella sezione danza.
Chiude la serata Cinque, creazione ispirata al romanzo corale Dieci donne della scrittrice cilena Marcela Serrano, che rielabora coreograficamente una serie di ritratti femminili come microstorie di resistenza quotidiana. Nel libro sono dieci storie, qui diventano la metà, tanti quanti i performer coinvolti. La creazione porta la firma della compagnia OMA Progetto Danza, la cui direzione artistica, così come la coreografia, le luci e i costumi sono affidati alla co-direzione di Alessandro Marconcini e Sara Ongaro entrati poi a far parte con OMA del progetto Zerogrammi, dopo il debutto di questo lavoro del 2022 grazie al premio di produzione ricevuto alla “Gubbio Danz’Week Competition”.
Su brani di Gustavo Santaolalla, Philip Glass, Aukai, Antonio Vivaldi, Hermanos Gutiérrez, Leningrad, Burial, Marc Ribot si muovono i cinque interpreti: Antonio Benevento Vitale Nigro, Alice Gualtieri, Lisa Freddi, Giorgia Marrazzo, Chiara Scaglioni.
Il gesto, così come le cromie scelte per i costumi, monocromi in tonalità calde – eccezion fatta per il completo blu di Vitale Nigro – fanno tornare in mente anche l’immaginario estetico presente nel lavoro coevo di Adriano Bolognino Rua da Saudade, una concomitanza che stupisce proprio perchè delinea una forma estetica quasi generazionale, sebbene in questo lavoro, ovviamente diverso e distinto, prevalga una maggiore orizzontalità dell’atto performativo.
Non c’è qui nessuna figura “dominante” nell’azione coreutica, che vive proprio della qualità precipua di incastonare l’uno nell’altro ideali percorsi di vita e di corpi, distinti tra loro per età, estrazione sociale e ideologia politica ma uniti da un denominatore comune nelle vicende cui danno vita: tutte le donne della vicenda sono onestamente impegnate a vivere al meglio nonostante le avversità incontrate e uguale è il narrato scenico che racconta storie di un’umanità che si affanna alla ricerca di equilibri fragili ma sorretti dal reciproco venirsi incontro.
Lo spettacolo si propone di mettere in scena risvegli, volontà, guarigioni, gabbie e apparenze: la drammaturgia del movimento, che nelle prime due azioni resta sincopato e convulso per poi farsi fluido e più narrativo, si sviluppa come un racconto polifonico, in cui la coreografia si fa spazio di ascolto e restituzione dell’esperienza individuale, in un registro che rifiuta la retorica e sceglie la precisione del gesto come forma di testimonianza.
Apprezzabili la vigoria del gesto e l’impegno fisico delle performer, nel diverso portato fisico e nella differenza di cifra simbolica e interpretativa. Anche in questo caso la coreografia risulta più efficace quando omette il segno didascalico e riesce nel passaggio simbolico e astratto.
La microrassegna del 13 maggio rappresenta, all’interno del più ampio percorso del Festival Bonsai, una tappa esemplare di quella che potremmo definire una pedagogia del corpo scenico. Le giovani compagnie coinvolte hanno dimostrato di saper coniugare ricerca e consapevolezza tecnica, dando vita a un teatro che interroga la propria forma e la propria funzione, capace di parlare a un pubblico ampio senza rinunciare alla complessità dei contenuti.
Resta nodale scoglio artistico per queste nuove generazioni il complesso equilibrio fra segno più narrativo-drammaturgico e l’astrazione gestuale capace di portare in sè una cifra estetica originale. In questo senso, Bonsai si conferma non solo come una importante opportunità e vetrina della nuova scena ma anche come dispositivo critico, in cui, grazie agli incontri con gli spettatori che seguono la rassegna al termine delle performance, la dimensione performativa diventa occasione di confronto tra generazioni, estetiche e orizzonti culturali, nella costante ricerca di un teatro vivo, necessario e radicalmente connesso al presente.
BACO
Biopsia d’anomalia emozionale condotta sull’oggetto (studio primo)
concept, coreografia e interpretazione Beatrice Foglia in collaborazione con Sara Ariotti
per Gubbio Danz’week Competition
SOLITARIO
concept, coreografia e interpretazione Anya Pozza, Kyda Pozza e Aurora Sbailò
disegno luci e tecnica Davide De Togni, Claudia Perossini
fotografie, riprese e montaggio video Nicola Massella
musiche Don Shirley, Dictaphone, René Aubry, Agnes Obel, Aukai, Rodrigo Leão
produzione Altri Posti in Piedi e Cinema Teatro Astra
con il sostegno di Mittelfest2025
CINQUE
Direzione Artistica/Regia e Coreografia/Disegno Luci Alessandro Marconcini e Sara Ongaro
Editing Audio Alessandro Marconcini
Musiche Gustavo Santaolalla, Philip Glass, Aukai, Antonio Vivaldi, Hermanos Gutiérrez, Leningrad, Burial, Marc Ribot
Interpreti Antonio Benevento Vitale Nigro, Alice Gualtieri, Lisa Freddi, Giorgia Marrazzo, Chiara Scaglioni