LEONARDO DELFANTI | Che fine fanno i sogni quando smettono di chiamarci? E cosa succede a chi vive per essere guardato, quando non è più visto da nessuno?
Psychodrama, monologo potente e perturbante del drammaturgo inglese Matt Wilkinson, affronta queste domande con la delicatezza di una lama sottile, un bisturi che seziona, scena dopo scena, la logica della pazzia. Andato in scena lo scorso 17 maggio al Festival Non c’è Differenza di Verona, lo spettacolo prende corpo attraverso l’interpretazione di Valentina Virando, con la regia cinematografica di Valerio Mieli e le animazionioni di Giulio Cavallini.

Un’attrice, talentuosa, ma dimenticata, ha raggiunto quell’età in cui il telefono smette di squillare. Lavora in un negozio, nell’attesa che qualcosa — o qualcuno — torni a darle un senso. Poi, un giorno, la chiamata arriva: è per un provino importante. Si tratta di un adattamento teatrale di Psycho, l’iconico film di Hitchcock. Il regista è uno dei più brillanti della sua generazione. Lei è perfetta per Marion. Il provino va bene. Anzi, troppo bene.

PSYCHODRAMA di Matt Wilkinson, con Valentina Virando, regia di Valerio Mieli - Accreditati

Quel che segue è un’allucinazione drammaturgica, sogno metacinematografico, thriller esistenziale. La protagonista inizia a notare piccole coincidenze: un motel, un barista che si chiama Norman, un coltello, una scena di omicidio. Ma la scena non è (solo) quella del film. È quella della sua vita, o forse della sua mente.

«C’è un Motel – scrive Wilkinson – c’è addirittura il barista del Motel che si chiama Norman, c’è un coltello, ci sarà un omicidio: questo è ovvio. E da quel momento sarà una discesa inesorabile verso una zona molto pericolosa e nello stesso tempo affascinante della psiche umana…»

In meno di un’ora (Psychodrama dura circa 50 minuti), si compie una discesa calibrata e inesorabile: si parte con leggerezza ironica, si finisce nel buio. Non ci sono vere svolte, né colpi di scena. Solo un progressivo disfacimento. Un’identità che si allenta, un ruolo che fagocita la persona. Valentina Virando costruisce un personaggio vivo, imperfetto, nevrotico e a tratti comico. È una donna che recita per rimanere viva. Lo stile è brillante, ritmato, ricco di registri e capace di dettare l’attenzione in sala.
«Più che follia – ci ha raccontato dopo lo spettacolo – ci interessava raccontare la grande tristezza, la solitudine del personaggio. Non volevamo etichettare il disagio, quanto mostrare una condizione emotiva che riguarda tante persone, non solo attrici.»
Questa condizione non è solo personale: è generazionale. È quella di chi è sempre “quasi dentro”, sempre sul punto di spiccare il volo, ma condannato a un eterno decollo abortito. È una frustrazione che si accumula e si trasforma in delirio paranoico, alimentata da un sistema dell’industria culturale che illude e poi dimentica. «È una promessa che non si realizza mai – dice ancora Virando – il provino che sembra la svolta e invece è un altro buco nell’acqua».

psycodrama spettacolo teatrale

La regia di Valerio Mieli, qui al suo debutto teatrale dopo il successo cinematografico di Dieci inverni, è esemplare per misura ed eleganza. Lavora per sottrazione, scegliendo di non spiegare, di non concludere. Affida la costruzione drammaturgica alla progressione psicologica e alla gestione dello spazio mentale.
Lo spettacolo si svolge in una scena delimitato da pareti che diventano progressivamente claustrofobiche. Le animazioni video di Giulio Cavallini non illustrano, ma moltiplicano i piani di lettura: dissolvenze, immagini fluttuanti, luci fredde e sagome in controluce costruiscono un’esperienza immersiva che certo incuriosisce il pubblico, poco avvezzo all’uso di queste strategie narrative.

«Abbiamo cercato – aggiunge Valentina – di far emergere un’atmosfera che somiglisse a un sogno, o a un delirio, ma senza mai calcare la mano. È tutto nella sua mente. Forse non è successo nulla. O forse tutto è successo solo là dentro».

Psychodrama è una matrioska. Un’attrice interpreta un’attrice che interpreta Marion Crane. Ma Marion è solo un innesco: il cuore dello spettacolo è la frattura tra persona e personaggio. Non si tratta di teatro nel teatro, ma di identità nella narrazione, di quanto profondamente possiamo perderci nelle storie che raccontiamo a noi stessi.
La scrittura di Wilkinson si nutre di ambiguità, e la drammaturgia è cucita con intelligenza: non ci sono didascalie, né appigli. Lo spettatore, come la protagonista, resta imprigionato in un sistema di segni e allusioni, sempre più denso e ambiguo.

Come già accaduto con L’inizio di un sogno di Miguel Gobbo Diaz, presentato poco prima nella stessa rassegna, Psychodrama si rivela anche un atto politico. Non gridato, non retorico. Ma radicale nel mostrare la solitudine sistemica di chi prova a vivere di arte, di chi cerca un posto e non lo trova mai. La denuncia è sotterranea, ma potentissima: contro un certo modo di intendere l’industria culturale, contro l’ageismo, contro la fragilità sistematicamente ignorata. È una critica sociale fatta attraverso l’arte, non a margine di essa. Un’attrice che cade non perché è debole, ma perché non ha più un pubblico che la sostenga. E in quella caduta porta con sé molte altre voci.
In Psychodrama, l’omicidio promesso arriva. Ma non è quello che ci aspettiamo. Non c’è sangue, non c’è suspense. Il vero colpo di scena è la resa. Il momento in cui ci si accorge che il ruolo ha divorato la persona. Che la finzione ha preso il sopravvento sulla realtà, senza più possibilità di ritorno. Il teatro si trasforma così nell’ultimo spazio possibile per dire una verità scomoda. Una verità senza risposte, senza catarsi, ma necessaria. «Il teatro è bellissimo, anche se è sempre più difficile farlo in Italia» – conclude Valentina Virando ma è magico. È poesia vera».
E quella poesia, fatta di voce, assenza, precarietà e sogni che continuano a bussare anche quando nessuno risponde, resta lì. In scena. Dove la finzione, per un attimo, somiglia più alla verità di quanto vorremmo ammettere.

PYSCHODRAMA
regia di Valerio Mieli 
di Matt Wilkinson
traduzione di Monica Capuani
animazioni di Giulio Cavallini
con Valentina Virando

Teatro Laboratorio di Verona | 17 maggio 2025