OLINDO RAMPIN | Non è una semplice palestra quella che nella prima periferia di Ferrara ospita il riallestimento site specific di <age>, per festeggiare il 18° del CollettivO CineticO nell’ambito del Bonsai Festival, organizzato da Ferrara Off. È quasi un palasport, e ne ha per gli adulti di oggi la forza evocativa del passato: funzionale cornice dentro cui questo ritratto di nove adolescenti di oggi rigenera negli spettatori la loro adolescenza, specchiandosi empaticamente in essa, alla fine della performance. La gradinata, il parquet, le vetrate opacizzate che schermano a fatica questo sole spietato del climate change, il tabellone elettronico sulla parete in alto con il punteggio di Locali e Ospiti, le protezioni in gommapiuma arrotolata delle strutture metalliche, le gabbie piene di palloni, i canestri mobili per il minibasket.

È lo spazio-tempo ideale per una creazione, diretta e coreografata da Francesca Pennini, anche drammaturga con Angelo Pedroni, che rinviene un nuovo nucleo di interesse nel suo valore documentario di una linea d’ombra, che diversamente da quella del romanzo di Conrad racconta il passaggio dall’adolescenza alla giovinezza, invece che dalla giovinezza alla maturità. Il tempo passato dalla prima rappresentazione, con le trasformazioni eccezionali che hanno accompagnato questo decennio, ha aggiunto un sovrappiù di significazioni: germi probabilmente già soggiacenti a questa creazione. Age è età nel senso di anni, ma è anche era, periodo storico, e questo doppio senso del titolo dello spettacolo sembra particolarmente pertinente nel tempo presente.

ph Cinzia Campana

Ma è forse uno spettacolo questo che sta iniziando? L’apparizione di Angelo Pedroni, capelli e barba rossastri non coltivati, occhi chiari che sembrano non battere mai le palpebre, produce una lieve, piacevole ipnosi. È un giovane monaco in t-shirt e chinos che dispone metodicamente, come se stesse preparando la cerimonia del tè, umili oggetti componibili che serviranno a officiare un cerimoniale. Due panchine vengono montate e unite per ospitare nove adolescenti, cinque femmine e quattro maschi: Nicola Cipriano, Piero Cocca, Francesco Gelli, Giulio Mano, Beatrice Monesi, Alice Ada Petrini, Nicole Raisa, Sofia Russo, Adele Verri. Di fronte ai quali siede lui, Pedroni, come loro ambiguamente muto, come loro inespressivo, con lo stesso strano passo tra marionettistico, marziale e indolente. Come una piccola compagnia di esseri indefiniti coinvolti in un gioco in cui non si ride, almeno per il momento.

Lui è seduto davanti a un tavolinetto che in questo campo da basket non può non ricordare quello dei giudici della pallacanestro. Il computer portatile contiene la salmodia drammaturgica che verrà proiettata sulla parete, senza essere recitata, frutto di un questionario che negli anni ha raggiunto numeri da saggio sociologico. Un brevissimo passaggio bachiano, continuamente ripetuto, evoca la sigla di Superquark. Del resto anche questo è un viaggio nell’etologia animale: studia i sapiens in un’età precisa e decisiva per la loro vita futura. Infine, due gong, o meglio campanelli da reception d’hotel, di diversa ampiezza, per mostrare, con due funzioni diverse, di azione e inazione, la loro natura di esemplari, di oggetti di studio e di verifica.
Non può essere causale che una compagnia che ha fatto della cinesi, del movimento, la cifra del proprio teatro fin dal nome, parta da una estremizzazione dell’anti-cinesi, con cui viene sottoscritto un non semplice, ma benaccetto patto con lo spettatore, che prevede l’accettazione attiva di una lentezza prossima all’immobilità.

ph Cinzia Campana

Questi nove esemplari di adolescenti sono gli agenti di una ricerca che per certi versi reinventa artisticamente i metodi della psicologia evolutiva e della pedagogia novecentesca. Non a caso ogni sequenza performativa collega una umoristica tassonomia con un correlato tag comportamentale. I performer rispondono a uno stimolo, una frase che appare sulla parete, proiettata dal “libriccino magico” governato da Pedroni. La loro reazione ne definirà il comportamento. Habitat, esemplari e comportamento: sì, siamo di fronte a un game etologico, in cui la partecipazione soggettiva dei performer aumenterà gradualmente, passando da un iniziale amorfismo, da una assenza di espressività corporea, a una crescente creatività individuale. Sono evidenti anche echi della psicologia della Gestalt in questa idea che dopo una fase di tentativi si viene definendo un’intuizione: l’insight.

ph Cinzia Campana

È impossibile non pensare, nella prima parte del lavoro, a una prolessi distopica di un futuro popolato di esemplari di un nuovo genere, post-umano, parzialmente automatizzato e catalettico, integrato con l’intelligenza artificiale. Invece, nella seconda parte, l’atlante antropologico disegnato dalle intuizioni degli adolescenti, a cui non per nulla nei crediti si intestano l’azione e la creazione della performance, originato dalle loro essenziali scritture corporee, dalle geometrie e dalle composizioni di immagini e di lettere che creano con le loro figure, ci mette di fronte a una comunità coesa, concentrata e credibile di volti e corpi che nulla hanno di teatralmente sgrammaticato o di precario. Emerge, al contrario, una sorprendente capacità di gestione del corpo sulla scena o, più ancora, della propria presenza mentale davanti allo sguardo voyeuristico degli spettatori. Attraverso un itinerario esperienziale questi giovani “organismi animali umani” pervengono a una zona di contatto con il loro ambiente e soprattutto a percepire l’intenzionalità di questo contatto, a generare i valori estetici che ne possono germogliare.

ph Cinzia Campana

Sicché, alla fine di questa “partita” iniziatica, anche gli spettatori acquistano una nuova percezione del carattere, nei performer, della persona e del personaggio. Il game ingaggia così anche il pubblico, che da uno sguardo un po’ imbarazzato e umoristico trascorre a uno sguardo più attivo, empatico.
È, anche questa, un’ intuizione, che fa vedere con occhi nuovi i vari attori del rito. Il ragazzo con i capelli corti, alto, con un cappellino che somiglia a una papalina, la canottiera bianca e i pantaloncini cortissimi. Il compagno con i capelli lisci e lunghi come un rocker britannico dei Settanta, felpa rosa, collana di perle e apparecchio ortodontico, i jeans tenuti su da uno spago fluorescente. La ragazza con l’abito lungo un po’ middle-aged e l’acconciatura anti-glamour, corretta però da bellicosi stivaletti da pugile. La ragazza con i sopraccigli alla Frida Kahlo e negli occhi uno sguardo attonito e lontano, da fille sauvage; l’altra con i capelli color mogano e un “costume” tra dark e rockabilly giapponese; quella con la chioma raccolta con le orecchie alla Minnie, il corpetto aderente Adidas, la pancia nuda e la giacca di acetato color glicine e verde. Ci vengono ora incontro, loro e i loro compagni di scena, come usciti dal bozzolo e nuovamente nati. E così anche l’officiante, Angelo Pedroni, smette infine la sua maschera inespressiva e accenna a un sorriso di compiacimento e gratitudine.

<AGE>
Site Specific

regia e coreografia Francesca Pennini
drammaturgia Angelo Pedroni, Francesca Pennini
azione e creazione Nicola Cipriano, Piero Cocca, Francesco Gelli, Giulio Mano, Beatrice Monesi, Alice Ada Petrini, Nicole Raisa, Sofia Russo, Adele Verri
cura e organizzazione Matilde Buzzoni, Carmine Parise
co-produzione CollettivO CineticO, Fondazione Romaeuropa, Centrale Fies Art Work Space, Fondazione Sipario Toscana
con il supporto di Goldonetta Firenze, Ferrara Off Teatro, Fondazione Armunia, L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna

Palestra Bonati, Ferrara | 31 maggio 2025