GIANNA VALENTI | Cry Why è una favola sulla solitudine, su un pianeta Terra e un Universo che non offrono risposte al bisogno di essere ascoltati e amati. Per creare questo mondo, Moritz Ostruschnjak sceglie due giovani interpreti, una ragazza e un ragazzo, Miyuki Shimizu e Guido Badalamenti, e il pianista Reinier van Houdt, non semplice accompagnatore ma performer parte di una coreografia che crea immagini e azioni come continui tentativi di dialogo in cui, quando ci si connette non ci si guarda o, quando ci si avvicina, si fa di tutto per svincolarsi. In scena, un pianista con due pianoforti, due danzatori e due pattini a rotelle che lavorano sulle distanze e sulle vicinanze e che, ignorandosi o incrociandosi, creano immagini surreali e continui slittamenti di senso.
Cry Why è stato presentato a Interplay 25 sulla scena della Lavanderia a Vapore di Collegno. Due anni prima, a Interplay 23, avevamo visto Moritz Ostruschnjak con Tanzanweisungen.

Moritz Ostruschnjak, Cry Why, Interplay 25. Ph. Andrea Macchia

Non c’è posto per il tragico, la rabbia e il dolore in questa favola che si apre con i pianoforti su rotelle spinti sulla scena, presenze musicali, spaziali e luminose che continueranno a funzionare come elementi mobili che definiscono lo spazio, aprendolo, restringendolo o segmentandolo. Uno spazio che, nonostante la diversità spesso contrastante delle singole scene, riesce ad affermarsi come morbida continuità grazie alla danza fluida su un solo pattino di Guido Badalamenti, presenza lirica di leggerissima potenza che, con il suo scivolare, collega elementi scenici e azioni, prendendosi cura di spazi e corpi.
La sua è una danza che ricorda la leggerezza del pattinaggio sul ghiaccio e che si definisce in contrasto alla danza di Miyuki Shimizu, gestualmente e linearmente definita, minuziosa, controllata e disegnata, che propone una fluidità anomala fatta di bits singolarmente riconoscibili ma incalzanti e montati come in un linguaggio cinematografico di frames estratti da esperienze reali o digitali più ampie.
Movimenti, gesti o frammenti di azioni come esperienze ricercate, scelte e salvate (search, select, save); memorie dalle nostre cronologie di ricerca, tracce di surfing digitale, diari di esperienze memorizzate nella pluralità dei nostri dispositivi; elementi di un linguaggio non verbale che, pur nella brevità, riescono a portare sulla scena l’ampiezza del contesto e delle azioni di provenienza per poi creare — attraverso un fraseggio veloce di avvicinamenti e di contrasti — una nuova realtà che sfonda nel surreale.
Il bellissimo solo di Miyuki Shimizu, con cui si apre Cry Why, sotto luce piena e bianca da avanspettacolo, è un manifesto di questa modalità di lavoro. Definito e sostenuto dal suono di van Houdt e dalla musica avanguardistica di Alvin Curran, rimane tuttavia un momento a sé, mentre il resto del lavoro si muove verso tempi più lenti e sospesi in cui gli slittamenti di senso, dati dalla velocità del montaggio coreografico, lasciano il posto alla possibilità di guardare e contemplare ogni singolo gesto.

Moritz Ostruschnjak, Cry Why, Interplay 25. Ph. Andrea Macchia

Anche le musiche, in questo lavoro, si muovono sul piano degli avvicinamenti inediti e dei contrasti, creando tensioni inaspettate e effetti surreali. La voce melodiosa e operistica di Roy Orbison, con Crying, amatissima dal grande Elvis, è avvicinata a momenti punk e pop o alla voce della sperimentazione vocale, urlata, di Yoko Ono, con Why.
È con un lip synch di Miyuki Shimizu sul testo di Crying che termina questa coreografia, riaffermando la scelta per un’immagine al limite del reale, che avvicina il corpo contemporaneo e androgino della danzatrice all’atmosfera postbellica americana da miracolo economico di sentore hollywoodiano: «And from this moment on, I’ll be crying, Crying, Crying, Crying… I’m crying, Crying, Over you.» E «Why…Why…Why…» urla, sempre in silenzio, grazie alla voce di Yoko Ono, la danzatrice sopra il corpo del danzatore, immobile a terra, in un passaggio precedente.
Ma non aspettatevi il tragico e l’oscurità nella loro danza, perché alle musiche è lasciato il compito di incarnare queste profondità emotive, utilizzando i corpi solo come tramite: corpi che agiscono tentativi di dialogo, avvicinamenti falliti o incontri misurati e controllati, mantenendosi a un livello di grande leggerezza e con un effetto esteso di dolcezza e purezza infantile che contamina l’intero lavoro. 

Moritz Ostruschnjak, Cry Why, Interplay 25. Ph. Andrea Macchia

Eppure Ostruschnjak ci introduce alla sua favola con le parole fuori campo (le uniche di tutto il lavoro) della nonna nel Woyzek di Büchner: «C’era una volta un povero bambino, povero, povero, e non aveva né papà né mamma e tutti erano morti e così lui non aveva proprio nessuno, era solo al mondo. Erano morti tutti, lui non aveva nessuno e allora si è messo in cammino, e cammina cammina, e piangeva giorno e notte. E siccome sulla terra non c’era più nessuno, lui aveva pensato di andare in cielo, e mentre saliva la luna lo guardava buona buona, ma quando arrivò sulla luna si accorse che era solo un pezzo di legno tutto marcio e allora lui pensò di andare sul sole, vide che il sole era un grande fiore appassito, un girasole sfiorito e morto. Allora decise di andare fino alle stelle, ma anche quelle, da vicino, erano soltanto moscerini dorati, infilzati come fa lo sparviero quando te li infila sulle prugne selvatiche. E allora pensò di tornare sulla terra, anche la terra non era nient’altro che un pentolone rovesciato e lui era solo, tutto solo, e allora si mise a sedere e cominciò a piangere, ed è ancora là che piange, solo solo…»

È in questo mondo post-umano, dove a regnare è la solitudine e dove gli uomini agiscono in un silenzio stellare, per poi urlare per chiedere del perché di quella solitudine, o cantare e piangere per ascoltarsi nel loro bisogno d’amore, che il coreografo fa agire i suoi personaggi. Ma il pianto e il grido, così come il cupo espressionismo di una solitudine inspiegabile, sono lasciati alle parole delle musiche e al testo di Büchner, che agiscono come materiali atmosferici per gli eventi coreografici.
I danzatori, che si muovono duettando in un incrocio di assoli, non trasmettono tragicità, la loro darkness è leggera e sognante, carica di cura verso i bisogni dell’altro e legata al mondo dell’infanzia nella sua dolcezza. La loro danza crea percorsi paralleli, i brevissimi duetti sono terreno di prova di possibili avvicinamenti in cui non vince una fredda distanza ma sopravvive il desiderio di continuare a danzare in solitudine, all’interno di percorsi paralleli possibili, con compassione e affetto, e possibili incontri futuri al di là del pianto.

Cry Why –  trailer 

Interplay 25

CRY WHY > 60’
MORITZ OSTRUSCHNJAK (DE)

di Moritz Ostruschnjak
collaboratrice Coreografica Daniela Bendini
interpreti Miyuki Shimizu & Guido Badalamenti
piano Reinier van Houdt
light design Thomas Zamolo
costumi Daniela Bendini
drammaturgia Armin Kerber
produzione Susanne Ogan
PR Simone Lutz
management Alexandra Schmidt
touring Pascal Jung
artista selezionato alla piattaforma della danza tedesca 2022
progetto reso possibile da Bavarian State Association for Contemporary Dance (BLZT) con i fondi del Bavarian State Ministry of Science and the Arts

PRIMA REGIONALE  

Festival Interplay 25, Lavanderia a Vapore, Collegno | 12 giugno 2025