OLINDO RAMPIN | Chi è andato a vedere Il funerale di mia madre: the show in prima italiana al Bonsai Festival di Ferrara, cercando prima qualche sparsa informazione sull’autrice, l’inglese Kelly Jones, sarà rimasto sorpreso.
Ad assistere allo spettacolo, prodotto da Enchiridion/TangramTeatro, diretto da Francesca Montanino e Mauro Parrinello, anche interprete con Elsa Bossi e Alice Giroldini, c’era anche l’autrice, protagonista di una rilassata conversazione con il pubblico. Timida e cordialissima, Kelly Jones ha scritto un testo che ci pare rispecchi solo parzialmente la presentazione di lei come «working-class playwright» che ama scrivere di «queerness, class and her relationship to home», come leggiamo sul sito della sua agenzia.

Dentro le parvenze di una dark comedy che inscena le peripezie di una scrittrice teatrale sprovvista dei denari per pagare le spese del funerale della madre, quello a cui assistiamo è un racconto saporoso e a tratti commovente di irrisolti rapporti famigliari: un insidioso triangolo madre-sorella-fratello, il padre, forse considerato superfluo, non si menziona nemmeno o quasi. È un ritratto vivo e partecipe dei paradossi, delle contraddizioni, delle rimozioni, delle rabbie, delle assurdità, dei nodi che non si sciolgono nell’istituzione famiglia. O almeno così sembrerebbe, perché il finale è quasi un happy end. Kelly Jones intreccia questo gran magma, classico come ogni narrazione-mito, nella cornice di una relazione conflittuale e comica tra l’artista e l’istituzione teatrale, tra il cittadino privo di mezzi e l’industria del lutto: le onoranze funebri.
A Kelly Jones preme ridere con il pubblico sull’esperienza irreale che tocca a ciascun vivente quando muore un genitore: entrare in un’impresa funebre, spazio jettatorio che funziona come qualsiasi negozio del libero mercato. C’è un listino prezzi, dalla fascia economy al super luxury. Lei che, come leggiamo sul web, ama i miti, in Italia sconosciuti, della stand up comedy britannica come Victoria Wood e Kathy Burke, potrebbe approfittarne per farci fare delle gran risate bloody. Invece sono risate brevi, strane, a labbra serrate. Qualche volta ci porta verso territori kenloachiani: quel che le preme è la “dignity” lesa della working class: il funerale non possono permetterselo tutti, come ci fanno credere la nostra ingenuità e l’ipocrisia del sistema.

La protagonista, Abigail, che è una “working-class playwright” proprio come l’autrice, scopre che i poveri come lei, i sommersi, gli invisibili, non raggiungono neanche il budget funerario minimo, nel nostro mondo detto capitalistico. Se poi si ha un fratello che ha o pensa di avere enormi crediti affettivi in sospeso con la madre che non vedeva da anni e non vuol contribuire alle spese delle esequie, allora ci si imbatte nella squallida prospettiva a cui non si pensava nemmeno: i funerali pagati dai servizi sociali.
La protagonista se ne vergogna e ingaggia un complicato agone con un direttore teatrale più arcigno del più severo dei critici stroncatori della vecchia guardia, il quale le rifiuta un progetto perché «non fa venire i sensi di colpa al pubblico».

Dal che deduciamo che in Gran Bretagna i burocrati teatrali sono fin troppo arguti, anche più dei critici. Infatti finiscono per scrivere insieme alla protagonista il testo perfetto, con cui lei si auto-costringe a “vendere” all’industria culturale la sua pena reale, per poter pagare il funerale materno. Senonchè il direttore-regista-critico-autore, mostro a quattro teste che abbiamo temuto tornasse come residuo psichico diurno nei nostri sogni, non molla: il personale ospedaliero continua a lasciare messaggi in segreteria invitando con melensa cordialità la drammaturga incapiente a liberare l’obitorio della salma materna. Alla fine la fossa comune, auspice l’apparizione della madre in veste benigna e saggia, non è cosa di cui vergognarsi, come capita a quei falsi dei borghesi, che guardano alle apparenze e a quel dirà la gente. La ferocia della critica sociale si affida a uno stile leggero, che in qualche momento può ricordare Alan Bennett.

La regia di Francesca Montanino, anche traduttrice e scopritrice dello spettacolo al Fringe Festival di Edimburgo, condivisa con Mauro Parrinello, non si fa sentire, e con questo testo fittissimo di temi e di idee non ci sembra un pregio da poco. Soprattutto se il terzetto di attori è in serata. Si deve anche alla loro perizia, a una recitazione che ha l’apparente naturalezza dell’artificio temperato con il tempo, se la drammaturgia di Kelly Jones, che come direbbe Yasmine Reza è di quelle che tirano via tutto il “grasso” superfluo dall’azione, non molla la presa sul pubblico.
Ciascuno di loro è più personaggi. Elsa Bossi è, oltre che l’intermittente e implacabile voce falsamente blanda dell’istituzione ospedaliera che richiama Abigail ai suoi obblighi di legge, una madre che passo passo conquista una tonalità interpretativa sempre più persuasiva, in cui risuona un’umanità, una comprensione che viene dalla distanza, dall’essersi liberata dalla quotidiana lotta per la vita e dalle folli relazioni degli umani. La metamorfosi della sua funzione, innescata dalla morte, permette al figlio una ricognizione graduale ma infine compiuta della propria acredine, del proprio complesso di figlio non amato. Mauro Parrinello la trasferisce sulla scena con una interpretazione disincantata, morbida, malinconica. Caratteri che non deve esser stato semplice liquidare per vestire credibilmente anche i panni dell’incontentabile e freddo direttore e committente di Abigail. Alice Giroldini, nascosta tra il pubblico all’inizio dello spettacolo, abita con vivezza e passione la vicenda di figlia e di artista che si carica di più responsabilità. Non ultima quella di accettare e riaccogliere il “fratel prodigo” nella home di cui adesso lei sembra essere la più consapevole custode.
Gli spettatori, che hanno richiamato in scena più volte gli interpreti e hanno partecipato con molta adesione all’incontro dopo lo spettacolo, sono usciti soddisfatti e senza sensi di colpa. Anche il verso dell’assiolo, all’uscita, ci è sembrato meno lugubre del solito.
IL FUNERALE DI MIA MADRE: THE SHOW
prima italiana
di Kelly Jones
traduzione Francesca Montanino
con Elsa Bossi, Alice Giroldini, Mauro Parrinello
regia Francesca Montanino e Mauro Parrinello
produzione Enchiridion/TangramTeatro
Bonsai Festival, Ferrara | 15 giugno 2025