MARIA FRANCESCA SACCO / PAC LAB * | Dove si rifugia chi non accetta il mondo così com’è? Per Alonso Quijano, protagonista del capolavoro cervantino, la risposta è la letteratura. È in questo scarto tra finzione e realtà che si inserisce lo spettacolo della Compagnia Carlo Colla & Figli, che al Piccolo Teatro in prima assoluta riprende in chiave marionettistica il romanzo Don Chisciotte. L’operazione drammaturgica, che fonde il testo originale con un copione manoscritto del 1879 mai rappresentato prima, offre non solo un omaggio alla tradizione del Teatro di Figura ma anche una riflessione meta-teatrale sul potere dell’immaginazione e sul suo fallimento. 
La storia del recupero archivistico aggiunge poi alla magia delle marionette ulteriore profondità e mistero e conduce il pubblico in questa dimensione tutta onirica.


La compagnia di Carlo Colla & Figli, del resto, ha una storia che è altrettanto intrigante: risale all’800 e passa attraverso diverse generazioni che si sono dedicate alla produzione di marionette e alla creazione di spettacoli. Fino a che, nel 1984, è stata creata l’Associazione Grupporiani per tramandare questo antico mestiere ai giovani affinché non si perda quest’arte e tutta la storia che vi è dietro. Sotto la direzione di Eugenio Colla nascono anche laboratori marionettistici, occasioni fondamentali perché è qui che le marionette prendono vita. C’è la scultura, che dà loro forma; la sartoria, che crea i costumi più adatti, e la scenografia, che inserisce i personaggi in mondi sempre diversi e meravigliosi.
Il Don Chisciotte andato in scena al Piccolo non tradisce la magia evocata fin dall’inizio, anzi: sfrutta appieno la forza immaginifica del Teatro di Figura, capace di restituire la visione della realtà del protagonista con una sorprendente vitalità scenica. Il linguaggio delle marionette amplifica lo spaesamento e l’idealismo che abitano il personaggio: ogni movimento e ogni passaggio scenico contribuiscono a disegnare un universo interiore. L’assenza di espressione facciale, inoltre, costringe lo spettatore a proiettare sulle figure i sentimenti, accentuando così il filtro immaginativo attraverso cui Don Chisciotte legge la realtà.
La storia è quella di Don Chisciotte, un hidalgo spagnolo che, ossessionato dai romanzi cavallereschi, decide di farsi cavaliere errante per difendere i deboli e combattere le ingiustizie. Accompagnato dal fedele scudiero Sancho Panza, vive avventure surreali in cui confonde la realtà con la fantasia.


Numerosi personaggi si alternano sulla scena durante le avventure dei protagonisti, tutti ben caratterizzati dai costumi di Cecilia Di Marco e Maria Grazia Citterio, dalle movenze e dalle voci: tutti fattori che hanno l’importante compito di sopperire alla mancanza di espressione facciale. Il testo è accompagnato da una voce fuori campo che funge da mediatore tra racconto e visione, evocando il narratore originale del romanzo e ricalibrando il ritmo tra le molteplici avventure che Don Chisciotte vive con Sancho Panza.
La scelta registica di Franco Citterio e Giovanni Schiavolin si rivela efficace: la voce esterna accentua il tono favolistico e permette alla scena di fluire con coerenza anche nei passaggi più episodici, riprendendo la voce narrativa esterna presente anche nel romanzo cervantino.
L’animazione dei personaggi è di altissimo livello: le movenze eleganti e aeree di Don Chisciotte contrastano con la fisicità più pesante e buffa di Sancho, offrendo una caratterizzazione sottile ma leggibile. E così per tutti i personaggi, i cui movimenti vengono diretti senza sbavature dai marionettisti che appariranno solo alla fine, dal retroscena.
Le scenografie, infine, diventano veri e propri spazi drammaturgici dalla grande capacità immersiva: in particolare la scena iniziale, in cui il protagonista, circondato da libri e immerso in una luce crepuscolare, medita sui valori cavallereschi. In questo quadro, ogni elemento, dalle finestre retroilluminate al bagliore tremulo del lume, contribuisce a costruire un immaginario preciso e suggestivo, che rimane impresso anche dopo la chiusura del sipario.
Le avventure di Don Chisciotte proseguono una dopo l’altra: il suo primo atto di giustizia, dopo essersi fatto investire cavaliere da un oste che egli scambia per un castellano, è quello di imporre a un contadino di smettere di frustare il proprio garzone, ma non appena Don Chisciotte si allontana, la punizione si abbatte sul giovane con rinnovata ferocia. Episodi come questo scandiscono il percorso del protagonista, costellato di personaggi incontrati lungo il cammino, tutti resi vivi dai marionettisti con straordinaria precisione nei movimenti. Un altro momento molto efficace è nel palazzo del Duca e della Duchessa dove il protagonista viene ingannato e convinto a volare su un ippogrifo, (in realtà un cavallo di legno): qui, ogni elemento, dai movimenti sincronizzati delle marionette, alla musica, alle voci, tutto è capace di tradurre visivamente la condizione di Don Chisciotte, sospeso tra follia e fede, tra percezione deformata e desiderio.


Le musiche, tratte dal balletto di Aloisius Ludwig Minkus e riproposte al pianoforte da Danilo Lorenzini, sono un elemento fondamentale accanto alle voci narranti: accompagnano le scene con dinamismo sostenendo i momenti comici e virando al lirico nei passaggi più intimi, come nel finale. Qui, la partitura si fa più dolce e la luce si abbassa, mentre Don Chisciotte, abbandonando il suo sogno cavalleresco, ritorna Alonso Quijano. È in questo momento in cui la messinscena rivela la sua forza: nel mostrare come l’immaginazione e la letteratura possano essere al tempo stesso rifugio e condanna.
La Compagnia Colla & Figli, con il rigore e la ricchezza di soluzioni visive, riesce così a restituire non solo un classico, ma anche una riflessione sul fare teatro, inteso come spazio in cui si costruisce, e si smonta, il sogno.

 

DON CHISCIOTTE
Riduzione per marionette
liberamente tratta dal romanzo di Miguel de Cervantes
e da un copione manoscritto del 1879 presente negli archivi della Compagnia

musiche musiche tratte dall’omonimo balletto di Aloisius Ludwig Minkus
brani al pianoforte appositamente elaborati ed interpretati da Danilo Lorenzini
scene, sculture e luci Franco Citterio
costumi Cecilia Di Marco e Maria Grazia Citterio
i marionettisti Franco Citterio, Maria Grazia Citterio, Piero Corbella, Camillo Cosulich, Debora Coviello, Cecilia Di Marco, Tiziano Marcolegio, Giovanni Schiavolin, Paolo Sette
voci recitanti (edizione registrata nel 2025) Marco Balbi, Maria Grazia Citterio, Lorella De Luca, Carlo Decio, Lisa Mazzotti, Riccardo Peroni, Gianni Quillico, Franco Sangermano, Giovanni Schiavolin, Paolo Sette
tecnico del suono Paolo Sportelli 
direzione tecnica Tiziano Marcolegio
regia Franco Citterio e Giovanni Schiavolin
produzione Associazione Grupporiani

Piccolo Teatro Grassi, Milano | 21 giugno 2025

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.