ILENA AMBROSIO | “A ogni nuovo lavoro chiedo agli interpreti che scelgo di scrivere per me una lettera in cui raccontano qualcosa della propria vita: un ricordo, un’esperienza, qualcosa che sia anche piccola, ma che permetta a me, nella scrittura, di connettermi con loro e a loro di trovare un link specifico con la storia”.
Appena fuori dal Teatro Nuovo di Napoli, dopo la seconda replica post debutto di Misurare il salto delle rane, Gabriele Di Luca ci tiene a raccontarci questa sua abitudine di lavoro. Non ci è parso un caso, perché della nuova creazione di Carrozzeria Orfeo ciò che colpisce di più è proprio la connessione che la scrittura ha saputo creare con le tre interpreti, Elsa Bossi (Lori), Marina Occhionero (Iris), Chiara Stoppa (Betti).

Ma andiamo con ordine.
Un paesino in un dove non ben definito, certamente sulla riva di un lago e ai confini con una palude.
Anni ’80 -‘90: ce lo dicono i curatissimi costumi di Elisabetta Zinelli, le hit di Michael Jackson e dei Take That, il telefono fisso, le Pagine Gialle.
Tre donne: Lori, circa 60 anni, la sua “quasi nipote” Betti, sotto i 40 e Iris, 30 anni, appena arrivata in paese. Tre età, tre mondi e modi – psicologici, emotivi, comportamentali – totalmente diversi.
Ma qualcosa le lega, qualcosa che sta in un passato di vent’anni prima; una tragedia che ha a che fare con una quarta donna e con il lago, personaggio ambientale del racconto, confine invisibile ma a più riprese evocato tra il qui e «dall’altra parte».

Ph. Simone Infantino

È un plot di stampo cinematografico e che per immagini cinematografiche si sviluppa. Tre i quadri della minuziosa e bellissima costruzione scenica di Enzo Mologni. Al centro l’interno della casa di Lori: la cucina, il tavolo da pranzo, una credenza e la porta da sbattere uscendo, quando la tensione è insopportabile. A sinistra, il deposito della legna perché queste donne se la cavano da sole. A destra, in prossimità dell’ingresso all’invisibile palude, una malinconica panchina sul lago, sormontata da un ramo: il luogo delle riflessioni, delle confessioni, dei momenti di solitudine. Tre sezioni sceniche che incontrano la complicità della efficace partitura luminosa, capace di ridefinirle a ogni messa in luce, e di musiche originali firmate da Massimiliano Setti) che affidano a ciascun ambiente, situazione, temperatura del racconto motivi ricorrenti che vanno a formare una vera e propria colonna sonora. Così il complesso spazio scenico non solo ambienta ma fa contesto, narrazione, ritmo.

Un’andatura agile che sa alternare momenti di concitazione a pause riflessive senza mai indulgere né alla frenesia né alla stasi. Il ritmo si affida a un climax drammaturgico in virtù del quale, fissato nel tempo e nello spazio l’evento scatenante, tutto poi accade a cascata, i dettagli si aggiungono e mettono a fuoco le immagini, contestualizzano gli eventi. La stessa interpretazione delle tre attrici segue un percorso in cui progressivamente si definiscono le relazioni e nel mentre si approfondisce l’intimità. Cosa lega Betti a Lori? Cos’era per loro la figura femminile del passato? Chi è Iris e perché, dall’altra parte, è arrivata qui, in questo luogo sul lago? A poco a poco le cose prendono forma e il mistero si svela. Ma se accadesse solo ciò Misurare il salto delle rane non sarebbe altro che un racconto dalla sfumatura gialla e ben costruito. E invece c’è di più.
Il crescendo della drammaturgia, la calibrata misura in levare dell’interpretazione si accompagnano anche a un affondo nelle psicologie delle tre figure protagoniste. Tre psicologie femminili.

L’attitudine della scrittura di Di Luca è la firma di Carrozzeria Orfeo: trame di molteplici fili che si intrecciano, racconti nei quali le vicende di un singolo sono sempre – o lo diventano – in qualche modo connesse a quelle dell’altro e dell’intera porzione di umanità rappresentata. Una mini società la cui storia è a sua volta inevitabilmente invischiata nella Storia, del Paese ma verrebbe da dire del Pianeta. Ecco allora una parola che si impegna civilmente, che rende abnorme il politicamente scorretto, che lo dice e lo urla senza imbarazzo né tantomeno educazione così che, a sentirlo, un po’ ci si vergogni di essere umani in questo tempo. I personaggi delle storie di Carrozzeria Orfeo parlano, anzi straparlano, alternando il turpiloquio a intense riflessioni sulla vita, l’osservazione del dettaglio quotidiano alla considerazione che sa di universale. Miseri esseri umani diventano così portatori di una contemporaneità drammaticamente complessa eppure poetica, del lercio che la ricopre ma anche della bellezza che sa nascondere.

Un’attitudine, si diceva, che, in quanto tale, nasconde il rischio spinoso di farsi modo sterile e ripetitivo. Tanto più che, a parlare di donne, oggi, ci si mette un attimo a diventare banali, buonisti e a incamminarsi sulla via – invece – di un politicamente corretto cieco, semplicistico, incapace di leggere le articolate dinamiche del reale.

Lo si temeva, siamo sinceri. E invece Misurare il salto delle rane mette a segno un punto grazie alla capacità di cambiare in qualche modo strada senza comunque tradire una consolidata poetica. La penna di Di Luca si fa, in questo lavoro, discreta ed equilibrata, rinuncia a un po’ della sua irruenza per concedersi un’andatura più misurata, come se a chiederlo fosse stata la storia stessa. Perché da quella penna è scaturita non una storia di donne o per le donne bensì una vicenda che dice come è capace di sentire una donna, quanto profondamente può vivere una sofferenza.
Lori che si è inaridita diventando acida e scontrosa; Betti che mena i maschi, ruba, si ingozza di m&m’s e allena rane; poi Iris, che abbraccia un dolore non suo per dare un senso a un vuoto che non comprende. Le loro reazioni concrete alla tragedia raccontano chi sono e come sono, ne definiscono i lineamenti femminili. Non mancano, certo, divagazioni sulla vita, sull’amore, sul dolore ma non durano mai il tempo necessario a diventare retorica facendo percepire queste tre donne come lontane. La scrittura non lo permette e, insieme, Bossi, Occhionero e Stoppa sanno percorrere l’una e l’altra strada con convinzione e ammirevole sensibilità.
Altro che banale femminismo da slogan e manifesti.
Non sappiamo cosa ci fosse scritto su quelle lettere di inizio lavoro. Di certo, però, ha funzionato.

MISURARE IL SALTO DELLE RANE

drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti
con Elsa Bossi (Lori), Marina Occhionero (Iris), Chiara Stoppa (Betti)
assistente alla regia Matteo Berardinelli
musiche originali Massimiliano Setti
scene Enzo Mologni
costumi Elisabetta Zinelli
direzione tecnica e luci Silvia Laureti
macchinista Cecilia Sacchi
realizzazione scene Atelier Scenografia Fondazione Teatro Due
realizzazione costumi Atelier Sartoria Fondazione Teatro Due
illustrazione locandina Federico Bassi e Giacomo Trivellini
foto di scena Simone Infantino
organizzazione Luisa Supino e Francesco Pietrella
ufficio stampa Raffaella Ilari
Una produzione Fondazione Teatro Due, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Teatro Stabile d’Abruzzo, Teatri di Bari e Fondazione Campania dei Festival – Campania Teatro Festival
in collaborazione con Asti Teatro 47

Prima Nazionale nell’ambito del Campania Teatro Festival
Teatro Nuovo, Napoli | 25 giugno 2025