ELVIRA SESSA*|  Il sipario si apre. Un corpo minuto penzola impiccato accanto a una sedia. Antigone si è uccisa. “Non pianto, non amici” diceva al re di Tebe Creonte che l’aveva condannata a morte per aver seppellito il corpo del fratello Polinice contravvenendo all’ ordine di lasciarlo insepolto perché traditore della patria. Una luce ocra e una scenografia di soli sette pannelli disposti in semicerchio, comunicano il deserto morale e affettivo che circonda la protagonista.
Colpisce la scelta di mantenere accese le luci in sala, quasi a voler rendere partecipi gli spettatori di quello che sta accadendo.
A passi lenti entra in scena il cieco indovino Tiresia, guidato da un giovane che lo informa che dietro quei sette muri, che rappresentano le porte di Tebe, regnano vuoto e macerie. A questo punto le luci di sala si spengono e il giovane cita episodi di guerre e soprusi come madri che rovistano in cerca di cibo, il corriere di Amazon costretto a urinare nella bottiglia per rispettare i tempi di consegna, il miliardario che inveisce contro il cameriere perché il bar non ha il latte d’avena.

Antigone_foto_Mats Bäcker

Da subito è chiaro l’intento di Alan Lucien Øyen, regista e coreografo norvegese, di andare dritto al cuore della tragedia di Sofocle, pur radicalmente reinterprentandone il linguaggio. La sua Antigone, in prima assoluta al Teatro Argentina di Roma dal 22 al 24 luglio nell’ambito della prima edizione del Teatro Ostia Antica Festival, si trasforma in un travolgente rito collettivo che scuote il pubblico, lo agghiaccia e accalora. Merito di un impianto scenico essenziale e d’impatto e di talentuosi interpreti, i danzatori del TanzTheater Wuppertal di Pina Bausch (Douglas LetherenNazareth PanaderoHéléna PikonJulie ShanahanFernando Suels Mendoza), Antonin Monié dell’Opera di Parigi e interpreti della compagnia Winter Guests (Enoch GrubbPascal Marty e Meng-Ke Wu) guidata dallo stesso Øyen.

ALAN OYEN- foto-Mats Bäcker

Il mito classico è messo in scena con un linguaggio essenzialmente fisico, visivo e sonoro, altamente evocativo, poetico, visionario, di forte tensione etica.
Un lavoro intimo e profondo che ben si addice allo spazio al chiuso del Teatro Argentina.
Il paesaggio sonoro dipinge lo spazio evocando momenti di festa (canzoni registrate), attese, inquietudini (ululare del vento, sirene di ambulanze, versi di uccelli notturni, latrati di cani). I costumi, fatti di abiti comuni come camicie e pantaloni per gli uomini, sottovesti leggere e fluttuanti per le donne, si armonizzano con i movimenti acrobatici ed elastici dei danzatori – quasi sempre scalzi – enfatizzandone la virtuosa naturalezza.
L’ effetto nebbia, presente durante tutta la rappresentazione, crea una atmosfera onirica che ammorbidisce anche le scene più crude, come quella in cui due giovani si accordano per violentare una ragazza, per “sodomizzare un angelo per il gusto di farlo”.
I pannelli, abilmente manovrati dagli stessi interpreti, si trasformano in lapidi, letti, pareti, soffitti, e sembrano ad un tratto evocare, per la loro forma a “L”, la sagoma degli smartphones.
Concorrono alla narrazione le originali proiezioni sui pannelli di riprese video con steadycam dal vivo e i movimenti dei ballerini, ora piccoli e composti ora ampi e corali, ora frenetici e convulsi. Potente è la scena in cui Euridice (Meng-Ke Wu) alla vista del corpo del figlio Emone che si è tolto la vita, salta, si contorce dai piedi fino alla bocca, tirando fuori la lingua mentre emette grida soffocate, sembra un concentrato della sofferenza umana.
La parola – poche frasi in lingua inglese con sovratitoli in italiano – non potrebbe denunciare con altrettanta energia l’attualità della tragedia sofoclea.
I dialoghi armati di Antigone e Creonte rivivono oggi sul web, come osserva Øyen nelle note di regia: “È un momento in cui abbiamo convinzioni intense, ma nessuno ascolta l’altro. Parliamo tra di noi con le cuffie indossate – e se ascoltiamo, è attraverso podcast realizzati da terzi che curano ogni nostra opinione. Con gli occhi fissi sulle nostre macchine di propaganda personali (…) siamo co-autori di incubi in una rete di altri.”
Il primo atto dell’opera denuncia la brutalità dell’odio, in particolare le violenze che le donne hanno subìto nel corso della storia (da Medea a Jo Cox, Amanda Todd, Britney Spears). Non mancano momenti di ironia come il dialogo tra Nazareth (Nazareth Panadero) e l’assistente virtuale intelligente Alexa; o la scena che apre il secondo atto, in cui gli interpreti riproducono i versi degli uccelli quasi a ridicolizzare la vacuità dei discorsi. Il secondo atto è più lirico e convoca gli spettatori a una presa di posizione: viene in mente la scena in cui un attore, con un abile gioco di mimo, diventa egli stesso un’arma che ammazza il suo simile.
In uno dei momenti più toccanti della pièce un attore scende dal palco e invita alcuni spettatori a leggere la frase “remember you’re loved/ ricorda che sei amato” mentre un altro attore ricompone lentamente e con passione i petali strappati di una rosa rossa.
Un inno ad Antigone “nata non per l’odio ma per l’amore”.
L’opera replicherà al Teatro Argentina per la prossima stagione teatrale, dal 28 al 31 maggio 2026.

ANTIGONE

collaboratori creativi:  Daniel Proietto, Andrew Wale
scene Åsmund Færavaag
costumista Stine Sjøgren
luci Martin Flack
suono Gunnar Innvær
video Mathias Grønsdal
responsabile tecnico Chris Sanders
direttore di scena Daniel Hones
responsabile costumi Anna Lena Dresia
produttore esecutivo Essar Gabriel
produttrici Ornella Salloum / per winter guests: Syv mil v/Tora de Zwart Rørholt / Ingrid Saltvik Faanes
foto di scena Mats Bäcker
immagine Ghost-Copyright Alan Lucien Øyen
produzione Winter Guests
in coproduzione con
Teatro di Roma – Teatro Nazionale
The Norwegian Opera and Ballet
con il sostegno di Arts Council Norway, Città di Bergen
supporto per lo spazio prove gentilmente offerto da Pina Bausch Zentrum

visto il 24 luglio 2025 al Teatro Argentina di Roma

 

*PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.