ROBERTA FUSCO | PAC LAB* Morti, spettri buoni e cattivi, paradossi fatti di carne umana: Enzo Moscato è la penna del desueto, del marginale, dell’onirico, del grottesco. Attore, regista e drammaturgo, ha scritto e interpretato la sua Napoli attraverso i contorni, le contraddizioni e i fantasmi che la abitano. Negli ultimi giorni torna a rivivere – per così dire – in scena, a Napoli nello sguardo di Costantino Raimondi, con Spiritilli e altri movimenti. Lo spettacolo è stato ospitato al Piccolo Bellini, all’interno della rassegna We all love Enzo. 
Ideata da Claudio Affinito, la rassegna teatrale, in pieno stile ‘made in Naples’, si fa memoria viva dell’eredità artistica di Moscato attraverso nuove produzioni, omaggi, studi scenici e reinterpretazioni, che consentono alle nuove generazioni di incontrare l’estetica e il linguaggio dell’attore e drammaturgo napoletano.
L’autore della reinterpretazione è Costantino Raimondi, regista che non teme di misurarsi con i grandi del teatro. Dopo Primo Amore – “Atto senza parole” I e II di Samuel Beckett, lavoro costruito sul corpo come nucleo drammatico, il regista napoletano torna a dialogare con Enzo Moscato. Già nel 2006 aveva firmato Aquarium Ardent, allestimento in lingua francese presentato a La Imprimerie di Parigi e a La Guillotine di Montreuil. A gennaio ha portato in scena Spiritilli e altri movimenti al Teatro Elicantropo di Napoli e oggi approda al Bellini per proseguire un discorso continuo: il corpo come medium poetico, lo spazio come cassa di risonanza dell’invisibile. La sua formazione all’École Internationale de Mimodrame Marcel Marceau di Parigi, dove ha appreso tecniche di pantomima, creazione corporea e commedia dell’arte, si riflette in una scena carica e robusta, in cui la mimica accompagna la parola.
Spiritilli e altri movimenti è un racconto cupo e latentemente comico, in pieno stile Moscato. La scelta di Raimondi di unire Spiritilli (1982), Guerra di religione (1989) e Trompe-l’œil (2004) mira ad accorpare in un’unica gabbia scenica gli spiriti, la religione, il profano, la diversità e la dicotomia tra realtà e apparenza, fil rouge dei tre racconti.
In scena, la dicotomia prende corpo in due figure: Liliana Castiello e Fiorenza Raimondi. Dietro un’installazione che ricorda una gabbia di fili, due figure restano ai margini della scena: silenziose, vestite di nero, con una sottana bianca che sporge dall’orlo e un fiore legato al collo. Sono la stessa persona, una adulta, l’altra giovane: memoria e presente. Quando appaiono all’inizio, sembra che introducano il rito dello spazio teatrale abitato dagli spiritilli, come se evocassero le presenze spettrali che animeranno i monologhi successivi.
Entra un uomo in carrozzina, una ragazza che sembra una bambola seduta sulle sue ginocchia e una figura spettrale che spinge la carrozzella su cui i due sono seduti. Tolgono fili, appendono lunghi e pomposi cappotti di chiffon e iniziano ad abitare quel cubo scenico. Da quel momento, lo spazio diventa un ventre teatrale in cui i fantasmi di Moscato tornano a respirare.
Ognuno prende posto in uno spazio ben preciso, come se il cubo fosse diviso perfettamente in tre parti uguali. Il palco si tinge di arancione e giallo e Carlo Geltrude, con i piedi tinti di rosso, in abito classico ma a torso nudo, inizia a raccontare la storia di Nannina, Totore e Tittinella, una giovane famiglia che si trasferisce in una nuova casa a vicolo della Concordia 37, nei Quartieri Spagnoli. La storia è incalzante, in un dialetto napoletano stretto, una storia tragicomica di come ’o munaciello salva la vita alle tre anime.
Sotto le luci rosse e gialle, un inquietante e dannato Michele Ferrantino, vestito di stracci, con il viso bianco e scavato come proveniente dall’oltretomba e le mani tinte di rosso, racconta in una lingua napoletana antica le diverse tipologie di streghe campane, le janare. Il linguaggio, che mescola parole di alto italiano, latino e napoletano, è difficile da comprendere ma denso di spettrale paura. In questo flusso sonoro e fisico, il corpo di Ferrantino usa i fili della gabbia per appendersi, arrotolarsi, impiccarsi o spostarli di posizione.
In un angolo, seduta su una sedia, Annalisa Arbolino chiude il trittico dei racconti. Anche lei ha le mani tinte di rosso, un vestito dal sapore antico e sopra di lei si tinge di blu e bianco. Con Arbolino prende vita una commedia dell’arte napoletana densa di comicità, dove la lingua è musicale e stratificata, intrecciando il registro colto con quello popolare. Viene riproposta una storia di guerra interiore e collettiva che riguarda la fede, la diversità, il desiderio. Moscato usa la religione come metafora della ricerca di identità: la fede come bisogno di senso, ma anche come imposizione culturale.
La dicotomia tra Liliana Castiello e Fiorenza Raimondi ritorna nel finale sulle note de L’ombra della luce di Battiato. Una luce bianca, con effetto stroboscopico, riprende il gesto iniziale come per chiudere il cerchio e ricomporre il mondo reale. Le anime evocate tornano in silenzio, il rito si chiude e resta solo l’immagine della ragazza seduta sulla sedia a guardare il nulla, e della donna, spogliata dell’abito nero, seduta sulla sedia a rotelle. Gli spiriti l’accompagnano e le danno la mano, i fili vengono legati alla carrozzina mentre la luce si ferma, illumina la scena e lentamente cade a terra, come se la porta aperta sul teatro fosse costretta a chiudersi per lasciar andare gli spiriti in pace.
Al ritorno delle luci in sala, resta allo spettatore la sensazione di essere entrati in contatto con lo spirito di Moscato. La scena di Raimondi restituisce le peculiarità del drammaturgo: lingua, spiritualità e gli ossimori di una Napoli dolce-amara.
*PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.
SPIRITILLI E ALTRI MOVIMENTI
di Enzo Moscato
regia Costantino Raimondi
con Annalisa Arbolino, Liliana Castiello, Carlo Geltrude, Michele Ferrantino e Fiorenza Raimondi
assistente alla regia Annalisa Arbolino
light designer e scene Omar Esposito
costumi Tata Barbalato
produzione Teenspark di Antonio Nardelli
Lo spettacolo ha preso parte alla Rassegna We Love Enzo III edizione a cura di Claudio Affinito-Teatro Elicantropo Napoli-Italia (2025)
Piccolo Bellini, Napoli | 14 ottobre 2025




