GIANNA VALENTI | Sotterraneo è al Festival delle Colline XXX con DJ Show Twentysomething Edition a Le Roi Music Hall, luogo di divertimento, discoteca dal sapore retro, ballroom non proprio balera e che ti accoglie con una parete altissima di foto in bianco e nero proiettandoti da subito nel XX secolo. Uno show che non è un DJ set – dunque scordati di poterti lasciar andare e semplicemente ballare se hai solo minimamente pensato a questo – con il quale Sotterraneo festeggia il traguardo di due decenni dalla sua fondazione e abbraccia il Festival delle Colline che festeggia quest’anno i suoi trent’anni.
L’aspettativa, tra bar, tavolini e pista, è di poter essere coprotagonisti, ma lo show è di Sotterraneo ed entrare è accettare quel tacito contratto che ti chiede di obbedire al meccanismo performativo che la regia e la drammaturgia hanno scelto per te. Un meccanismo che guida come un metronomo la tua possibilità di divertimento e contemporaneamente di pensiero e di analisi, tra proposte musicali e lanci di pensiero critico che riducono la mente a un target, inseguendo incessantemente la possibilità di incontrare un collasso, un ribaltamento o una inaspettata sovrapposizione tra i ritmi del corpo e quelli della razionalità.

In pista ci si scatena o si sceglie un minimo grooving tanto per esserci e partecipare. Il parterre alle Colline è privilegiato: a performare sulla scena del ballo, insieme a Sara Bonaventura e Claudio Cirri, sono theatre goers, followers, persone per lo più vicine generazionalmente a Sotterraneo, al massimo del coinvolgimento se arriva un pezzo dei Green Day, ma che si lasciano incredibilmente travolgere anche dal twist, dal boogie woogie, da un trenino o da Halli Galli, quello del “continente nero.” Un popolo danzerino che sembra a proprio agio tra techno da Kappa Futur Festival – visto che siamo a Torino – e pop italiano, musica commerciale che ascolti alla radio, che sai ballare e cantare ma che non sai chi sia a cantare.
Portare il pubblico a seguire il doppio salto mortale della tua drammaturgia, chiedendogli di scatenarsi tra gli alti dell’intensità di un loop musicale e la stasi o l’inabissarsi di una proposta di pensiero critico, non è compito semplice, e la prima parte del lavoro deve puntare su techno, hard rock e rap per coinvolgere e trascinare. Dalla consolle si fa un ottimo lavoro per controllare l’andamento coreografico e, quando la musica e il coinvolgimento fisico arrivano al massimo di un crescendo, il volume viene fatto cadere per permettere alla drammaturgia della parola di insinuarsi, spostando continuamente i nostri corpi di performer/pubblico tra la possibilità di danzare l’oblio e il risveglio alla coscienza filosofica e sociale di un pensiero alla Mark Fischer.
Ma c’è anche uno spazio di movimento intermedio, tra danza e pensiero critico, abitato da festeggiamenti continui, reali e simulati, e da una chiave drammaturgica che si muove con la velocità riflessiva e comunicativa di un sondaggio su Instagram. Non mancano neppure momenti teatralmente drammatici, come la citazione della morte da suicida dello stesso Fischer, lo sparo a un Hitler bebé in carrozzina – citazione dal loro spettacolo Dies Irae che ancora riesce a ghiacciare chi ne è testimone – e un momento spiazzante dedicato all’orrore dell’attacco al Batclan – solo dieci anni fa – che isola sguardi e incontri e che non riesce a lasciarti indifferente, perché tutto avviene proprio come qui, mentre il tuo corpo si lascia andare alla musica, e non ti aspetti la morte.

Libertà? Costrizione? La quasi totalità del pubblico partecipa attivamente: balla, si lascia dirigere, festeggia, esulta sul risultato di un sondaggio falso, ascolta, si scatena, pur sapendo che subito dopo sarà trascinato altrove; non si lascia intimorire dall’inno sovietico, è disposta a osservare e ad ascoltare quando la regia sceglie un transito propriamente teatrale, e arriva persino a commuoversi quando un breve passaggio propone certe emozioni. Ma non c’è tempo per soffermarsi: la frammentarietà del montaggio, sostenuta dalla musica che incalza, trascina e non lascia spazio a decisioni alternative. E così, nella parte finale del lavoro, i corpi/pubblico/performers si fanno corpo unico, gettandosi nella conoscenza condivisa dei balli dei nonni e dei genitori e nell’Halli Galli che compie il miracolo di permettere alla musica, alla parola e al movimento di avanzare corpo a corpo e di tenersi per mano: un’altezza perseguita e faticosamente conquistata da chi sta alla consolle e da chi di Sotterraneo performa instancabilmente tra attraversamenti della pista, danze e proclami sui cubi e presenze al fronte della musica.

DJ Show è anche luogo di fantasmi. Fantasmi che appartengono al corpo collettivo, che ci attraversano incidendo e ferendo le nostre storie individuali, che non abitano solo i nostri muscoli, le nostre ossa, il nostro sudore, ma anche la nostra trasparenza, quella parte di noi che è legata al tutto e a tutti e che assorbe ogni esperienza visibile e invisibile. Fantasmi che affermano un nostro livello di esistenza dove il passato, il presente, il futuro, il prima e il dopo collassano, donandoci la memoria e le emozioni anche di linee temporali di cui non abbiamo fatto esperienza diretta. E in questa visione, il suicidio di Mark Fischer diventa il nostro, il Bataclan è nostro, Hitler è nostro, le stragi di Stato sono nostre, gli anni ’90 sono nostri e Zaporižžja è nostra e tutto può avvenire qui, nello stesso tempo e nello stesso luogo di questa scena. A fine serata, Sara Bonaventura e Claudio Cirri, come fantasmi in platino e scintille, ci offrono un’azione che rivela compassione e incanto, proponendosi come presenze portatrici di linguaggi silenziosi che sembrano voler offrire, ai nostri corpi che hanno ascoltato e danzato anche con l’oscurità, la possibilità di essere e di agire in un mondo diverso, mentre accanto ai piccoli funghi/testimoni sulla consolle, appare un fungo gigantesco come immagine incarnata di un possibile diverso futuro.
Il corpo collettivo, a cui DJ Show ha dato forma, è chiamato a entrare nel mondo lasciando cadere le spore di una nuova consapevolezza, incarnando il desiderio di potersi trasformare in generatore di una nuova realtà, anche solo per contaminazione — Are we humans, are we dancers? Continuiamo a diffondere spore — in un processo di crescita organica che supera, come nelle fasi finali della danza e della parola di questa serata, ogni separazione tra mente e corpo, pensiero e cuore. Perché questo ci insegnano le nuove scienze, che siamo avanzatissime presenze nel campo quantico, campi vibrazionali che esistono nella non separazione e che sarà il nostro semplice esserci, trasformarci e agire che modificherà altre persone e altri mondi che, nella vicinanza o nella distanza, ci danzeranno accanto — We are humans, we are dancers, la unity consciousness per Sotterraneo.
DJ SHOW TWENTYSOMETHING EDITION
creazione Sotterraneo
ideazione e regia Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa
con Sara Bonaventura, Claudio Cirri
scrittura Daniele Villa
sound design Mattia Tuliozi
luci Marco Santambrogio
produzione Sotterraneo
con il contributo di Fondazione CR Firenze, Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’Arboreto-Teatro Dimora | La Corte Ospitale”
residenze Laboratorio Nove House, Manifattura Tabacchi, Teatro delle Spiagge
Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory, è Artista Associato al Piccolo Teatro di Milano ed è residente presso l’ATP Teatri di Pistoia
Le Roi Music Hall, Festival delle Colline XXX | 22 ottobre 2025




