RENZO FRANCABANDERA | Si è concluso con successo a Milano il NoLo Fringe Festival, con un tutto esaurito in pochi giorni, 1500 presenze, un grande consenso di pubblico.
Nella serata conclusiva, svoltasi presso Q Club di via Padova, sono stati proclamati i vincitori: Giulia Vannozzi con lo spettacolo Della vergogna vince il festival, The ridere della compagnia Aronica/Barra il premio della critica. La rassegna di arti performative che porta il teatro dove non c’è, inizialmente programmato per giugno, è stato spostato dall’8 al 13 settembre ed è stato ricalibrato nella programmazione, dando più spazio a nuove location all’aperto e spettacoli itineranti per piccoli gruppi. L’ottemperanza alle norme anti-Covid e la necessità di ampliare l’offerta ha stimolato la ricerca di nuovi spazi, oltre alla sinergia con tante realtà già presenti nel quartiere: l’iniziativa rientra infatti ne Lacittàintorno, il programma di Fondazione Cariplo che incoraggia gli abitanti dei quartieri fragili a riattivare e dare nuovi significati agli spazi disponibili, al fine di migliorare la qualità della vita e stimolare nuove geografie cittadine, attraverso la promozione di attività culturali e artistiche nei quartieri di Adriano, via Padova, Corvetto e Chiaravalle.
Abbiamo intervistato Davide Verazzani, promotore e curatore artistico, insieme ad Ippolita Aprile, che cura la  comunicazione e l’ufficio stampa e Giulia Brescia, cui è affidata l’organizzazione.

Ciao a tutti. Ma… per ciascuno di voi dove inizia e finisce precisamente NOLO? Che elementi connotano questa geografia secondo voi?

Davide: Geograficamente, NoLo rappresenta un territorio senza un nome preciso, che sta a Nord di piazzale Loreto fino ai ponti della ferrovia, con a lato il rilevato ferroviario a Ovest e piazza Durante e via Leoncavallo a Est. Questo perchè i quartieri immediatamente sopra e ai lati hanno invece un nome storicamente accertato: da sinistra a destra, Greco, Turro e Casoretto. In realtà questi confini sono molto sfumati, perchè la nascita stessa di NoLo è più “sulla carta” che non proveniente da un moto spontaneo della sua popolazione, e in questo senso NoLo è più uno “state of mind” che connota novità, arte, cultura, luci di locali, voglia di aggregazione.

Ippolita: Sì, NoLo è uno stato della mente. È un quartiere che dialoga con la città, nel tentativo di migliorare la vita delle persone grazie alle relazioni umane, questo contraddistingue NoLo. Dalle cose semplici come i rapporti di buon vicinato che nascono all’interno del gruppo facebook della Social Street, fino all’organizzare una Radio di quartiere (Radio NoLo) o, appunto, un festival di teatro.

E in questo territorio si sentiva proprio la bruciante esigenza di un Fringe Festival? O siete un po’ voi a farvi questa illusione?

I: Diciamo che non abbiamo fatto un’indagine di mercato, come se dovessimo aprire una nuova Esselunga! Siamo un gruppo di sei persone, amiamo tutti il teatro, qualcuno di teatro ci vive, qualcuno è appassionato e nella vita fa altro, abbiamo fatto questo azzardo, partendo anche dal fatto che effettivamente a NoLo un teatro non c’è, ma ci sono tanti locali che hanno la possibilità di fare spettacolo dal vivo, e ci sono tante persone curiose. L’azzardo diciamo che ha confermato che la gente ha voglia di vedere spettacoli di teatro, ma ha anche voglia di confronto e di “fare” questo festival insieme a noi. La grande adesione del quartiere nella realizzazione del festival ci conferma che non ci stiamo illudendo. Il NoLo Fringe non avrebbe mai potuto esistere senza il grande lavoro fatto con i locali (bar, coworking e anche una palestra) che da subito hanno creduto nella potenzialità dell’iniziativa e grazie ai tantissimi volontari che ci hanno aiutato negli allestimenti e nella gestione del pubblico. Il Nolo Fringe inoltre rientra nel programma di riqualificazione svolto da Lacittàintorno di Fondazione Cariplo, che fin dal primo anno ci ha sostenuto economicamente e in un certo senso ci ha confermato la necessità di un’azione di questo tipo nel quartiere.

Giulia: L’esigenza di fare un Fringe Festival a NoLo è nata innanzitutto dalla profonda conoscenza del quartiere: ne conosciamo le comunità, le relazioni, le positività ma anche le criticità e i fattori tuttora problematici. Ci siamo inseriti anche grazie al programma di riqualificazione svolto da La Città Intorno di Fondazione Cariplo, che ha tra i suoi obiettivi quello di promuovere il protagonismo delle comunità locali attraverso attività culturali, artistiche e di dibattito, di coesione sociale e di sviluppo economico. In questo territorio, così ricettivo, creare una manifestazione culturale non “calata dall’alto” ma in co-progettazione con il contesto sociale e le comunità esistenti ci ha permesso di generare inclusione (penso, ad esempio, alla Associazione Amici del Parco Trotter, alla direzione della scuola del parco, e ai cortili di via Padova teatro della rappresentazione itinerante di “Romeo e Giulietta”). Il comune di Milano infine, attraverso la campagna di YES MILANO per i quartieri (Settembre è il mese di NoLo), ci ha sostenuto nella comunicazione e nella narrazione non solo del nostro evento ma di tutte le attività commerciali, i protagonisti, le associazioni sportive, culturali importanti che animano il territorio.

Insomma è un po’ qualcosa che in una qualche forma ha un valore politico? Credete ad un significato di questa parola se avvicinata all’arte? Se sì perchè, se no perchè?

G: Certamente, sia rispetto a tutto il discorso che ho fatto in precedenza che ci vede fortemente in dialogo con le istituzioni, ma anche per gli effetti dell’azione stessa di portare il teatro dove non c’è: avvicinare pubblico non abituato alla cultura, “uscendo” dal teatro, e abitando luoghi nuovi per me ne assume un valore politico dal momento in cui genera scambio e un movimento collettivo. Anche grazie alle piccole “invasioni urbane” in negozi, luoghi pubblici e case private si è creato un andirivieni continuo e un passaparola positivo. 

D: Se la politica è (anche) rendere possibile nuove modalità di socialità, creare nuove possibilità di uso di beni comuni, immaginare scenari di inclusione e di maggior benessere collettivo, beh allora il NoLo Fringe Festival ha anche un valore politico, proprio perchè questi sono parte integrante della sua vision.

La cosa di cui siete più soddisfatti, quella che non avreste mai voluto fare, quella che non rifarete e quella che rifarete certamente

D: Le cose di cui siamo più soddisfatti (sono due) sono da un lato vedere il sold out, ordinato e composto ma appassionato, anche in luoghi chiusi, in un anno come il 2020, dall’altro notare l’attenzione e la credibilità crescenti da parte di operatori, enti e istituzioni.

Non avremmo mai voluto diminuire le capienze dei palchi, ma il Covid si combatte in questo modo e tra la rinuncia totale e una platea dimezzata ma piena non abbiamo avuto esitazione.

I: Ci piace sognare che la prossima edizione del festival avverrà senza distanziamento sociale, ci piace immaginare di poter abbracciare di nuovo gli artisti dopo gli spettacoli che ci hanno commosso.

Questa edizione del festival ha portato la felicità nel vedere andare sold out tutti i biglietti nel giro di poche ore, ma nello stesso tempo questa gioia era resa un po’ amara dal fatto che moltissime persone non abbiano potuto partecipare al festival.

G: Non c’è una cosa che non rifarei; credo che al netto di tutte le difficoltà legate alle restrizioni anti-covid, questa edizione è stata più che soddisfacente.
Quest’anno il Fringe Extra per esempio ha potuto abitare spazi all’aperto, luoghi nuovi che ci erano totalmente sconosciuti, come il caso dell’anfiteatro di via Russo, un vero e proprio teatro all’aperto, sito in un piccolo giardino, nascosto tra i palazzi antistanti l’istituto scolastico di via Russo. Portare il teatro ragazzi qui, ma anche al Parco Trotter, è stato uno tra i momenti più emozionanti, sicuramente da rifare.
Con le compagnie programmate negli spazi all’aperto si è aperto un dialogo interessante: in alcuni casi, gli artisti si sono messi a disposizione anche nel rivedere gli spettacoli o farli ad hoc per i luoghi, mettendosi in gioco e sperimentando nuove forme artistiche (penso all’attore Fabrizio Lo Presti, al Quartetto d’Ambra o allo spettacolo curato dal Menù della Poesia ai giardini di ArteMadia). Un altro modello da tenere in considerazione per la prossima edizione! 

L’arte dà da mangiare? Cucinano bene nei caseggiati di NOLO? 

G: L’Arte può generare un indotto economico. Sogno un mondo dove non ci siano distinzioni tra Arti, ma un’unica Arte che mescola insieme la cultura con la natura, le visite guidate con l’enoganostranomia, dove le persone possano essere appagate da esperienze a 360 gradi.

I: Crediamo che si possa assistere a uno spettacolo bello e interessante mangiando qualcosa di buono. Un po’ come è successo da Spazio Hug, un pranzo della domenica molto speciale a base di pomodoro per accompagnare lo spettacolo Saga salsa della Compagnia Qui e Ora.

D: Nei caseggiati di NoLo ci sono mille cucine diverse, dalle regioni italiane alle nazioni più lontane di ogni continente. E’ una delle bellezze di NoLo, la multiculturalità.