SARA PERNIOLA | L’integrazione tra percezioni, prospettive e territorio è uno degli obiettivi di molti festival. Sperimentare le narrative teatrali ed enfatizzare le molteplici pratiche di inclusione e adattamento trasformativo anima, infatti, molti dei diversi attori coinvolti in quello che è anche un universo tridimensionale: il teatro. L’edizione 2022 di Pergine Festival in questo si rivela vincente. Tra valli e luoghi ameni ci si nutre di connessioni, comunicando con lo spettatore e il territorio. Il teatro viene così visto come un sistema testuale che fornisce preziose modalità e condizioni di ricezione, con l’idea di uno spettatore che non si accontenta solo dei risultati, ma che va incontro anche ai processi e ai momenti di apertura.
La direttrice artistica Carla Esperanza Tommasini struttura un festival multidisciplinare che  alla sua 47esima edizione, dal 1 al 16 luglio a Pergine Valsugana in Trentino  offre proposte partecipative dal respiro nazionale e internazionale e in larghi temi di riflessione (alcuni: l’amore, le arti performative, la tecnologia), un concetto di esperienza pratica diretta in un mondo di colori, dalle forme chiare e tangibili, con le passeggiate alla scoperta della natura ad opera di Luca Stefenelli/Montanamente e Leonardo Delogu/DOM

Pergine Festival da tempo porta in scena trasversali modi di narrazione teatrale che delineano i profili di storie in potenza da raccontare, aprendo alla costruzione identitaria e alle relazioni che vanno oltre gli spettacoli. Di certo, poi, i tempi che stiamo attraversando necessitano sempre più di un processo di alfabetizzazione in ogni campo, non solo teatrale, e i più coraggiosi devono continuare a focalizzarsi sulla relazione tra pubblico e artisti considerando non solamente il significato delle performance, ma anche che cosa significhi abitare il teatro: insomma, fare teatro guardandolo.

Uno dei lavori presentati al Festival che risponde semioticamente alla domanda “come guardiamo e cosa recepiamo?” è Tea for five: opium clippers, la prima esibizione partecipativa dell’artista slovena Neja Tomšič. Nelle suggestive stanze di Palazzo Gentili Crivelli, siamo stati parte di una raffinata relazione artistica basata su meccanismi tra pubblico e performers direzionati sia alla ricerca di significato che all’alimentare percorsi di visione personali.                                               

Una tradizionale cerimonia cinese del tè – alla quale il pubblico è stato chiamato a far parte sedendosi intorno ad un tavolo ha sancito, infatti, il primo accesso all’interno di un circuito dialettico costituito da disegno, poesia e performance, come è solita fare la Tomšič. Guardando sempre verso un orizzonte di senso più ampio, nel rapporto dell’opera con il mondo, abbiamo ascoltato alcuni racconti poco conosciuti della storia cinese sulle rotte del commercio dell’oppio e del tè: potere, conflitto e colonizzazione sono stati interiorizzati anche grazie all’autonomia creativa di chi guardava, in un delicato ma fermo gioco di sguardi con l’interprete e attrice Silvia Viviani, esplorando con gli occhi e con le mani cinque servizi da tè dipinti a mano dall’artista stessa.
In atto è come se ci fosse stata una prova aperta, un momento in cui il teatro si presenta come un cammino ancora da compiersi e che prende forma attraverso un processo di necessaria cooperazione interpretativa. Non solo però: Tea for five: opium clippers è un vero e proprio rituale in cui lo spettatore viene accompagnato dall’inizio alla fine – tra musiche meditative, luci rilassanti e tè sorseggiato – ad ascoltare storie trascurate, che non si adattano alle grandi narrazioni e che hanno cambiato la Storia, nonché reso possibile la pratica imperante della performance: l’atto stesso di bere il tè. Narrazioni rimosse che generano complessità e che inducono a riflettere su tematiche che riguardano la coscienza collettiva, rendendo compiuto uno spettacolo che ambisce (e ci riesce) a far-sapere, far-credere e far-fare, come ci ricorda De Marinis. 

ph: Jaka Babnik

La stessa elegante compiutezza, seppur dalla natura diversa, l’abbiamo ritrovata nello spettacolo teatrale Poetica della coppia Franco Arminio/Tindaro Granata, andato in scena dopo Tea for five e anch’esso in anteprima, presso il Teatro Don Bosco. La pièce è stata profondamente gradita e divertente, avanzando in territori pieni di sentimenti e commozione anche grazie ai vibranti versi del poeta e paesologo. La drammaturgia originale messa in scena dal bravissimo regista e attore Tindaro Granata e adattata dalla Compagnia Proxima Res – composta da Caterina Carpio, Emiliano Masala, Mariangela Granelli e Francesca Porrini – è, infatti, tratta da diversi componimenti del poeta campano, alcuni di essi editi da Bompiani e altri inediti donati alla Compagnia, ed è una vera e propria geografia umana dei paesi italiani che conservano la memoria di chi li ha abitati.
Un viaggio per scoprire luoghi rurali autentici e abbandonati, entrando visceralmente in contatto con quelle tradizioni familiari che non sono solo un fenomeno puramente naturale, ma anche e soprattutto un prodotto culturale, essendo le vicende e le trasformazioni della famiglia strettamente legate a quelle della società in cui si trova inserita.

Troviamo, così, l’insofferenza per un girare stazionario sempre all’interno delle stesse mura, il ricordo nostalgico, la ribellione nei confronti di una vita che soffoca; e poi il chiacchiericcio costante delle signorine del paese, campionesse di commenti e con sempre addosso gli abiti buoni; le pratiche religiose di quella zia devota pronta a fornirti un amaro tra lumini e secchi, gli stendini intriganti e sempre aperti perché qui l’evento più straordinario capitato negli ultimi anni è una molletta caduta da un balcone. Personaggi e dinamiche popolari, dunque, che vivono tuttora nei discorsi di chi è rimasto e che, con la loro presenza, permettono di investigare il luogo, anche non reale, che risiede nell’anima di ognuno di noi.

Non solo, però. Poetica è sostanzialmente il racconto di cinque brevi storie di un momento cruciale nella vita di una persona: un abbandono con cui confrontarsi sempre, con i sospiri di dolore nelle caverne interiori che ne rimandano fuori l’eco. 

ph. Giulia Lenzi

L’allestimento e i materiali in scena – come uno stendino che funge da tavola imbandita per il pranzo domenicale, candele votive e bacinelle – costituiscono il corredo della “magia” paesana in cui siamo inseriti e a cui partecipiamo attivamente, essendo molte delle tematiche rappresentate patrimonio comune della provincia. Noi spettatori ci divertiamo e ridiamo, pensando che “sì, è proprio così!”, mentre le voci degli attori si impastano con i pensieri commossi che attraversano la mente e le nostre emozioni involontarie si misurano con questa umanità che si aggroviglia su se stessa.

Tra le valli trentine, dunque, in due ricche settimane si è avuto modo di partecipare ad un Festival che ha realizzato un processo di trasformazione e intermediazione teatrale inclusivo e ben pensato, generando una zona di confine tra persona e personaggio, tra realtà e finzione, che diviene luogo di riavvicinamento degli individui verso il teatro. Quello che si è venuto a creare è stato un doppio movimento: il teatro che si ripensa a contatto con la realtà e con il paesaggio, approssimandosi alla vita quotidiana dei suoi spettatori; e una verità resa disponibile grazie alla mediazione narrativa e rappresentativa della scena.
Un festival che, citando Franco Arminio, è un consiglio per ammalarsi poco, che induce a cercare le proprie parole, poiché, chi cerca le sue parole si ammala – appunto – assai poco.

 

TEA FOR FIVE: OPIUM CLIPPERS 

Concept e disegni Neja Tomšič
Performance Silvia Viviani e Neja Tomšič
Ceramiche Anja Slapničar
Musica Gašper Torkar
Produzione Gledališče Glej in Neja Tomšič con MoTA – Museum of Transitory Art until 2018

POETICA 

Poesia di Franco Arminio
Testi e regia di Tindaro Granata
Elaborazione drammaturgica Proxima Res
Con Caterina CarpioTindaro GranataMariangela GranelliEmiliano MasalaFrancesca Porrini
Scene e costumi Margherita Baldoni
Disegno Luci Stefano Cane
Assistente alla regia Federica Dominoni
Produzione Proxima Res

Pergine Festival 2022
Persone, 14 luglio