GIORGIA VALERI | Il Teatro Oscar, sala cinematografia e teatrale della Parrocchia di San Pio V a Milano, nel 2019 viene preso in gestione da Giacomo Poretti – noto attore del trio Aldo, Giovanni e Giacomo – Gabriele Allevi e Luca Doninelli, in virtù di un’amicizia decennale e di una profonda passione condivisa per la città di Milano. L’idea del sodalizio artistico muove dalla volontà di estendere anche alla città di Milano il progetto deSidera, già consolidato negli anni a Bergamo e i cui direttori artistici e fondatori sono proprio Gabriele Allevi e Giovanni Doninelli. deSidera nasce come un festival di teatro itinerante che dal 2003 valorizza il territorio bergamasco ospitando gli artisti attivi in questa provincia. Traslare una simile iniziativa nel territorio milanese significa dirottare l’esperienza teatrale verso la comunità, aprire il teatro all’ascolto, all’interazione e alla partecipazione attiva, partendo proprio dall’elemento che rende il teatro un mezzo di comunicazione che non ha bisogno di strumenti d’intermediazione: le persone.
Così come per la direzione di deSidera, l’ambizione quindi dei direttori artistici del Teatro Oscar è proporsi come un teatro “umano”, un teatro che sappia parlare il linguaggio dell’ordinario per riflettere sullo straordinario del presente, del contemporaneo.
Lo dimostra anche l’iniziativa di MotoTeatro, attiva durante la pandemia e vòlta a portare il teatro fuori dai suoi edifici per scendere in strada con una piccola Apecar: moltissimi registi e attori del calibro di Marco Martinelli, Arianna Scommegna, Federica Fracassi, Walter Malosti, Maurizio Donadoni hanno preso parte a questo progetto con decine di spettacoli che hanno registrato il tutto esaurito del pubblico.
Nei prossimi mesi le iniziative si snoderanno tra omaggi a figure importanti per il panorama teatrale milanese come Giovanni Testori, con A te come te, portato in scena da Marco Martinelli ed Ermanno Montanari; spettacoli di collettivi come Fort Apache Cinema Teatro, compagnia stabile di ex detenuti e detenuti in maniera alternativa; produzioni esterne e spettacoli di teatro-danza curati dalla stessa scuola del teatro.

L’impegno del Teatro Oscar è quindi poliedrico, alterna momenti di riflessione condivisa, come il progetto Versus e La Bibbia che non ti aspetti, a spettacoli di alta caratura artistica, come Circo Kafka di Roberto Abbiati, portato in scena per la seconda volta all’Oscar in Febbraio.
Abbiati calca le assi del palcoscenico con una presenza scenica inconfondibile, accentrante, assoluta: nella sua rivisitazione de Il processo di Franz Kafka non c’è parola, ci sono solo gesti, sillabe, movimenti cadenzati e una corporeità scomposta accompagnata da suoni e musiche scelti dal rumorista Johannes Schlosser, che tiene le fila dello spettacolo dal palcoscenico stesso. Claudio Morganti gestisce magistralmente la regia equilibrando le parti, esaltandole, mettendo in luce gli inusitati legami tra teatro e letteratura, tra corpo e parola scritta. Il sapiente montaggio teatrale fa spesso divergere significante e significato, per poi unirli in un segno del tutto nuovo, che accarezza il nucleo del romanzo originario e ne amplifica la portata espressiva. Ne deriva uno spettacolo che non smette mai di stupire e che dello stupore del pubblico si nutre.

Abbiamo intervistato Giacomo Poretti per farci raccontare la stagione presente e i progetti per le future.

Giacomo, come gestite questa co-direzione e come decidete il fil rouge che guida ogni stagione?

L’idea di prendere un teatro a Milano è partita anni fa in maniera collegiale e quindi la gestione non può che essere collettiva, anche se ovviamente ci si suddivide i compiti. Allevi, ad esempio, si occupa anche dell’organizzazione e di aspetti molto pratici però la scelta degli spettacoli è fatta in comune. Magari uno dei tre ha visto uno spettacolo o ne ha sentito parlare, lo propone agli altri e poi ci si accorda.

So che avete proposto Abbiati e il suo Circo Kafka, ad esempio, anche lo scorso anno. Come mai riproporlo in questa stagione?

È un’artista a cui vogliamo molto bene, siamo molto affezionati a lui e al suo lavoro, al suo stile di lavoro. Riteniamo che sia un’artista molto raffinato e profondo quindi appena possiamo lo proponiamo. Con molta probabilità anche l’anno prossimo tenteremo di riprogrammarlo.

Una volta concluso la spettacolo, due settimane fa, gli spettatori hanno chiesto ad Abbiati quali fossero i suoi progetti in costruzione e ha risposto di essere alle prese con Cuore di Tenebra, dal romanzo di Conrad. Anche questo lavoro verrà inserito nella vostra stagione?

Sicuramente sì, se lui riuscirà a prepararlo per la stagione 23/24. In questo caso attendiamo i tempi della messa in scena, ma se fosse pronto sicuramente sarà in cartellone.

Tornando alla gestione del teatro, avete ospitato a inizio stagione il gruppo ucraino DEIKRU, proprio per sensibilizzare circa una delle questioni attuali più urgenti: come pensate che il teatro possa agire sul presente, sul “vicino”?

Benché non volessimo seguire troppo la quotidianità degli eventi, ci sembrava giusto parlare all’inizio della stagione dell’accadimento della guerra, tra l’altro con un gruppo stranissimo, composto da quattro mimi ucraini di bravura magistrale. Per non appiattire io spettacolo su una linea puramente politica, abbiamo scelto di anticipare l’evento con un incontro sul tema nel quale Luca Fiore – giornalista di Tracce – ha moderato il dibattito tra Elena Mazzola e Gianluigi Ricuperati. Quando c’è una stagione che dura tutto un anno è  comunque difficile inseguire la cronaca. Le caratteristiche sono altre, non sono certo quelle della quotidianità.

Avete affrontato questo tema, come anche altri, utilizzando generi diversi. Ad esempio la comicità è molto presente nella vostra stagione.

Sì, per esempio ieri abbiamo realizzato un evento riuscitissimo che ha generato il tutto esaurito. Ne facciamo almeno tre o quattro all’anno: queste iniziative, che si chiamano Versus, sono il tentativo di raccontare la città di Milano. L’ultima di queste è stata dedicata a Gino Brambieri e Walter Chiari, la cui comicità è stata omaggiata da altri due artisti, Enrico Bertolino e Leonardo Manera. Le assicuro che abbiamo riso molto ma è stata anche una serata poetica. È stata discussa una Milano che non esiste più ma non in chiave solo nostalgica, c’è stato l’omaggio a un pezzo di storia teatrale, alla comicità italiana, alla forma degli spettacoli di allora. Raccontare Milano significa infatti mettere a tema le sue polarità, spesso antitetiche: negli anni passati abbiamo discusso dei binomi Pirellone vs Torre Velasca, di Risott vs Cazeula, di Gaber vs Jannacci, di Inter vs Milan. La prossima, martedì 21 Marzo, riguarderà il sempiterno scontro tra Centro vs Periferia.
Per quanto riguarda i generi, non ne prediligiamo mai uno specifico, dipende dall’idea.

Quali altri progetti di deSidera avete in cantiere per il momento?

Ne abbiamo uno importante, un esperimento già partito che noi chiamiamo La Bibbia che non ti aspetti: affidare a scrittori, autori, la trascrizione di un episodio della Bibbia o una riflessione intorno a un personaggio della Bibbia che li abbia colpiti. L’intenzione è riparlare della Bibbia, perché è un testo fondante che rischia di estinguersi nell’interesse comune. Ne abbiamo già realizzato uno, ce ne sarà un altro il 14 Marzo e i partecipanti saranno gli scrittori Sandro Veronesi e Andrea Tarabbia. Laura Palmieri leggerà i testi biblici di cui si occuperanno gli autori. È una cosa cui teniamo molto, come idea e come evento speciale.

Com’è stata la risposta del pubblico, al riguardo?

Ottima, inaspettata perché c’erano più di 200 persone. Quando si fanno questo genere di cose ci si chiede sempre come andrà, in realtà il pubblico era numerosissimo e molto molto contento.

In merito a quanto detto finora e facendo un bilancio della stagione, quale posizione occupa il Teatro Oscar all’interno della produzione milanese?

Noi ovviamente siamo gli ultimi arrivati quindi pian pianino vorremmo diventare un centro di produzione, senza esagerare perché le dimensioni sono limitate. Vogliamo produrre spettacoli e soprattutto vogliamo promuovere nuove idee e forme di spettacolarizzazione diverse. Per adesso il bilancio è positivo, ma soffriamo ancora il fatto di essere poco conosciuti sulla piazza milanese. La nostra fatica principale e la nostra concentrazione principale sono rivolte al pubblico, a far sapere che esistiamo anche noi. Ci vorrà ancora un po’ di tempo ma siamo fiduciosi.

Quanto frequentate riviste online e quale impatto hanno i pareri critici sugli spettacoli che proponete?

Sono importanti perché sta camminando anche il mondo della comunicazione, per esempio nel passaggio dal cartaceo all’online. Siano benedette queste riviste online perché si discute criticamente di ciò che avviene ed è molto interessante.

Un’ultima domanda personale: quale differenza vede tra la sua esperienza televisiva e quella teatrale?

Enorme, sono quasi imparagonabili. In questa fase della mia vita prediligo assolutamente il teatro. Ho fatto due spettacoli da solo, altri due con Daniela Cristofora e adesso stiamo girando con Funeral Home (di Giacomo Poretti e Daniela Cristofora, con la regia di Marco Zoppello di Stivalaccio Teatro, ndr): dovunque andiamo è sempre sold out, certo trascinati anche dal mio nome ma è poi il contenuto dello spettacolo che viene ben accolto. È una commedia, ma la risposta del pubblico è molto profonda e poetica.
La tv non la facciamo da anni, credo che valga per tutti e tre i componenti del nostro trio comico. Non ci sono idee valide per creare qualcosa di nuovo.

Foto di Federico Buscarino

Vuole aggiungere qualcosa per far conoscere il Teatro Oscar?

Mi verrebbe da dire “Venite, conosceteci, facciamo tante cose diverse”. Il teatro è un mondo magico ma che lo dica io è scontato. Il teatro è un’esperienza di vita incredibile, soprattutto in questi momenti, ma non voglio fare il moralista e non voglio tranciare i giudizi, l’evento live è però qualcosa di straordinario. Invito soprattutto i ragazzi, che sono quelli forse più dubbiosi ma quando vincono il pregiudizio e vengono rimangono davvero a bocca aperta. Spero e auguro loro di venire a teatro.