CHIARA AMATO | Sul palco del Teatro Grassi di Milano approda il reading a due voci con e di Concita De Gregorio, Un’ultima cosa. Cinque invettive, sette donne e un funerale. Tratto dall’omonimo testo della scrittrice (2022), lo spettacolo si configura come una lettura che attraversa le vite di cinque personaggi femminili del novecento (Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Vivian Maier e Lisetta Carmi), alternando la voce e l’interpretazione della De Gregorio con le parti cantate da Erica Mou.
Ma il progetto nasce molto prima, nel 2012, con la stesura e pubblicazione del libro Così è la vita – imparare a dirsi addio, scritto dopo la scomparsa del padre.
«Mio padre, che già non stava bene, anni fa, mi chiese di scrivere il suo necrologio. “Così lo posso leggere, e saprò quello che scrivi di me”. Allora non fui capace di farlo, ma la richiesta mi è rimasta dentro». Da qui la voglia di ridare dignità al momento di saluto ai defunti, cedendo a loro stessi la parola.

Lo spazio scenico e le luci, ideati da Vincent Longuemare, presentano al pubblico un palco abitato unicamente da gradini e, sullo sfondo, uno schermo che cambia colore durante il proseguire dei racconti. Un unico oggetto vive in scena: come parte del suo corpo, la scrittrice non abbandona mai quel quaderno, sul quale ha scritto le parole delle protagoniste.
Come una sarta ha cucito quelle stesse parole, da loro pronunciate in vita, in un collage, per intessere il loro discorso di saluto alla vita: quell’ultima cosa, per l’appunto, che avrebbero forse voluto dire.
Entrambe le interpreti sono vestite nelle tonalità del beige, come per restare in un campo neutro, una tavola ancora da incidere, per poter indossare solo con le proprie voci le diverse personalità.

ph. Gennaro Guida

Si inizia con l’amante di Picasso, che scaglia contro il pittore parole forti: lui è la sua “malattia”, un amore distruttivo, e che la teneva in ombra. Vengono utilizzate sia citazioni in spagnolo che in italiano, come anche nei canti (alcuni anche in lingue orientali o in dialetti italiani).
Il secondo episodio che ci viene raccontato è quasi un flusso di coscienza, dove l’utilizzo della lingua è ostico: le parole inciampano su loro stesse, diventano vortici, mimano «la folla che ho dentro, e non sono sempre tutti amici», come scriveva la Rosselli.
Invece, Carol Rama lega la sua biografia alla sua arte e alla disperazione di essere uno scarto, in quanto ninfomane, lesbica, reietta, pazza e tanti altri “capi d’accusa” a lei imputati in vita.
Più scarico l’encomio funebre della Maier; mentre la tensione emotiva risale con l’incontro molto tenero, che realmente la De Gregorio ha avuto, con Lisetta Carmi: l’unica delle cinque ancora viva nella fase di studio di questi testi.
In conclusione, lo schermo viene popolato dalle foto di queste donne, con le loro rughe e i loro sorrisi: imperfette, ma reali, per avvicinarle maggiormente allo spettatore.

ph. Gennaro Guida

Due i temi che ricorrono: una fame di libertà e una furia nelle invettive. Le parole e le intenzioni sono veementi e risarcitorie, rimbomba l’eco della poesia giambica, della voglia di riscatto, di tornare “luminose”, ed essere ricordate.
Un desiderio di rendere loro giustizia, attraverso la scrittura: la parola, in questa performance, resta l’elemento centrale e l’interpretazione di questa.
Non a caso nessun altro elemento distrae dalla centralità dei monologhi, non è presente un apparato registico ricco di elementi. Quello che rimbomba sono i suoni, le vicende, i caratteri, le nenie: tutto rimanda a un rituale, ad un dialogo con queste eroine.

La regia di Teresa Ludovico, optando per un allestimento minimale e per la presenza in scena dell’autrice, presenta risultati positivi e meno. Infatti, questi aspetti da un lato avvicinano empaticamente lo spettatore, in quanto si percepisce la vibrazione della De Gregorio nel calcare la scena come portavoce; d’altro canto, affrontano il limite di un’interpretazione carente nell’utilizzo del corpo e nel movimento scenico.
Molto interessante, invece, la riscoperta e il lavoro filologico che vi è alla base, lungo nel tempo e di forte attenzione, di cura certosina e rispetto. Un’opera tra il documentario e l’orazione civile, che si anima in scena toccando uno dei temi più cari al teatro: la morte. E la De Gregorio, in questo, ci offre uno sguardo diverso, su chi probabilmente sarebbe stato inghiottito da una triste dimenticanza.

UN’ULTIMA COSA
Cinque invettive, sette donne e un funerale
di e con Concita De Gregorio
musica live Erica Mou
regia Teresa Ludovico
spazio scenico e luci Vincent Longuemare
cura della produzione Sabrina Cocco
produzione Teatri di Bari / Rodrigo

Teatro Grassi, Milano | 6 settembre 2023