CRISTINA SQUARTECCHIA l Scalare per raggiungere cime altissime, provando quel brivido vertiginoso nello sfidare la gravità e la sorte su pareti rocciose. E una volta arrivati lassù godere in una sola veduta di strapiombi e panorami mozzafiato. O basta trovarsi sul divano di casa, comodamente distesi, per sperimentare e trovare se stessi? Piergiorgio Milano, coreografo, performer, artista circense e danzatore versatile, esplora queste possibilità dell’umano, in un lavoro che mescola la danza al circo, all’acrobatica, al climbing, all’alpinismo e a cultura e pratiche della montagna raccontando un’avventura ad alta quota dal tragico epilogo. Lo fa con White out – la conquista dell’inutile, andato in scena al Teatro delle Muse di Ancona in prima regionale, completando così la stagione di danza di Marche Teatro diretta di Giuseppe Dipasquale.

White out, che nella cultura montana e metereologica indica lo stato lattiginoso in cui il paesaggio innevato fa tutt’uno con il biancore del cielo carico di neve fino ad annullare i contorni dell’orizzonte, rappresenta lo sfondo immaginativo nel quale Piergiorgio Milano immerge il suo spettacolo. Il bianco candore, da sempre simbolo di salvezza e pace celestiale, qui incombe sulla scena come qualcosa di sinistro e si fa simbolo del pericolo, della solitudine, dello svuotamento e della perdita di orientamento. È il bianco del ghiaccio, delle bufere e delle sfide che si affrontano in montagna come nella vita.
Una strana figura che trascina due corpi avanza da una quinta, ricoperta da imbracature pesanti. Trapelano sfinimento e assideramento, testimoniati dal tremolio del suo corpo logorato dal freddo e dal peso, mentre sullo sfondo il biancore della neve ricopre il palco. Prova a spostare i corpi dei due amici – Javier Varela Carrera e Luca Torrenzieri  –  li cambia di posizione mentre, esausto, tenta di trovare nuovi appoggi per alleggerire il peso.
Siamo alla fine della storia, e cioè davanti al tragico epilogo di un’escursione in montagna di tre amici, in cui, forse, qualcuno è rimasto disperso o travolto da una slavina. Con la tecnica del flashback la narrazione prende il via in un susseguirsi di quadri scenici, modulati fluidamente tra loro da un puntuale disegno luci di Bruno Teusch. Dal finale si passa infatti al momento iniziale della storia, quello più giocoso e colmo di entusiasmo in cui i tre amici si accampano montando una tenda in una tranquilla sera d’estate, tra scherzi e risa sulle musiche dei Dire Straits e Whitney Houston.

Uno dei quadri più allegri di tutto lo spettacolo (dalla platea arrivano anche molte risate) dove la narrazione dà spazio a siparietti danzati tra amici: giocare ad accendere e spegnere la radio tra appoggi pizzicati e passaggi hip hop, scivolamenti in break quasi felpati e intrecci di corpi risolti ogni volta in aperture dinamiche, lasciano scorrere nell’insieme una danza agile e rotonda. Una cornice che cede poi il passo a un quadro in cui Milano è solo in scena, indossa gli slip e sfida temperature glaciali di fronte a un faro che lateralmente taglia lo spazio e che lui cerca di raggiungere disperatamente come fosse un miraggio. Assideramento e tremolio rappresentano gli stati della danza in questa scena fatta di cadute, fremiti convulsi, propensioni verso quella luce che in realtà non offre nulla se non un flebile abbaglio che finisce per fiaccare la disperata resistenza del danzatore.
Lo spettacolo scorre alternando così il senso del tragico all’ironia, le più estreme situazioni che può riservare la montagna ai frammenti di danza pura con una scrittura scenica empatica, capace di portare dentro lo spettatore e suscitare stati emozionali differenti.
I tre danzatori cooperano a tale scopo registico grazie alla forza performativa dei loro corpi che trasudano agilità acrobatica e morbidezza gestuale in una sintonia dinamica che fa fluire una qualità di movimento  che ha il sapore delle faticose scalate su pareti rocciose. Lo si coglie in certe oscillazioni nel vuoto più volte reiterate e visibili nelle aperture delle braccia e della schiena ad arco dopo aver sperimentato brividi vertiginosi ed equilibri improbabili nel tentativo di restare aggrappati e fiduciosi al solido appoggio di un piede, funzionale allo sviluppo, poi, di virtuosismi complessi ma leggeri e aerei insieme.

Uno stile che trova poi massima espressione nel solo del coreografo Milano prima del montaggio finale delle funi e delle corde per approntare la scalata in scena. Il danzatore inizia la sua ascesa verso l’alto e si aggrappa con i moschettoni, afferra e sale un pochino per volta, per giungere lassù, in cima, a sfiorare il cielo con un dito e godere di quell’ebbrezza, quella sensazione di libertà per aver superato fragilità e paure al punto da sentirsi anche solo per un attimo invincibile.
Un traguardo che si conquista per singoli passi, piccoli gesti come appoggiare, afferrare, tirare, sospendere e che il danzatore ripete restando avvinghiato alle corde, mentre il sonoro è affidato a una serie di frasi sulla montagna come metafora di vita: ‘ognuno ha la sua montagna da scalare’, ‘la vita appesa a un filo’, o ‘tutto dipende dall’appoggio dei piedi’. Un’assonanza tra questi due mondi diversi, corpo in bilico e corpo danzante, che  White out percorre e mescola per generare un linguaggio poetico e fisico insieme che costruisce la sua sintassi sugli elementi comuni.
La sfida della gravità, la ricerca di un nuovo assetto spaziale nell’orbita, teso a nuovi verticalismi e possibilità cinetiche, rappresentano gli assi portanti di questo spettacolo che scorre per circa 60 minuti in una concatenazione di quadri d’azione diversi e carichi di potenza immaginativa. I corpi che li abitano portano in danza le svariate ed estreme esperienze di vita che si possono provare in montagna in un dialogo continuo tra metafore e senso del reale, tra corpo e spazio, tra la paura e il brivido di essere sospesi ad alta quota, lassù in cima come quaggiù tra ansie e tensioni quotidiane.

WHITE OUT

reazione, direzione e coreografia 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗴𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗼 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼
performer 𝗝𝗮𝘃𝗶𝗲𝗿 𝗩𝗮𝗿𝗲𝗹𝗮 𝗖𝗮𝗿𝗿𝗲𝗿𝗮, 𝗟𝘂𝗰𝗮 𝗧𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘇𝗶𝗲𝗿𝗶, 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗴𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗼 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼
design luci 𝗕𝗿𝘂𝗻𝗼 𝗧𝗲𝘂𝘀𝗰𝗵
sound design 𝗙𝗲𝗱𝗲𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗗𝗮𝗹 𝗣𝗼𝘇𝘇𝗼
soundtrack 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗴𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗼 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼
costumi 𝗥𝗮𝗽𝗵𝗮𝗲̈𝗹 𝗟𝗮𝗺𝘆, 𝗦𝗶𝗺𝗼𝗻𝗮 𝗥𝗮𝗻𝗱𝗮𝘇𝘇𝗼, 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗴𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗼 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼
scenografia 𝗣𝗶𝗲𝗿𝗴𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗼 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼
con l’indispensabile aiuto di 𝗙𝗹𝗼𝗿𝗲𝗻𝘁 𝗛𝗮𝗺𝗼𝗻, 𝗖𝗹𝗮𝘂𝗱𝗶𝗼 𝗦𝘁𝗲𝗹𝗹𝗮𝘁𝗼
un grazie speciale a 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗲𝘀𝗰𝗼 𝗦𝗴𝗿𝗼, 𝗠𝗮𝘁𝗶𝗮𝘀 𝗞𝗿𝘂𝗴𝗲𝗿

Teatro delle Muse, Ancona | 29 marzo 2025