OLINDO RAMPIN | Boston Marriage, l’opera di David Mamet che gira da due anni i teatri italiani con la regia di Giorgio Sangati e nella traduzione di Masolino D’Amico, è stata scritta più di vent’anni fa. È vero che, come si dice in modo un po’ corrivo, ma non per questo meno vero, culture e mode nordamericane attecchiscono in Europa, e soprattutto nell’Europa meridionale, con alcuni anni di ritardo. È anche vero che mai come negli ultimi anni la decadenza americana, culturale e non solo economica e geopolitica, ha rallentato o ha almeno ridotto la distanza tra il livello dello sviluppo economico e del dibattito artistico-culturale che si svolge oltreoceano e quello di una provincia imperiale di scarso rilievo come l’Italia.
Ciononostante, più al teatro che al cinema, l’impressione che l’umorismo anglo-americano subisca nella traduzione sulla scena italiana una specie di trapianto con rigetto, di liofilizzazione che ne rende difficile la comprensione autentica, non scompare del tutto. L’Italia ha nelle sue corde la comicità, la farsa, la maschera, non l’umorismo.

Maria Paiato è Anna – ph Serena Pea

Se in questo caso, invece, la traslazione culturale è apparsa meno stridente, e anzi ha agito da moltiplicatore semantico, è dovuto al doppio fatto che Mamet ha ambientato la sua storia nell’Ottocento, in un’America ancora paleo-capitalistica, e che nella versione di Sangati le tre eccellenti attrici, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria e soprattutto Maria Paiato, hanno trasferito a loro volta la vicenda narrata in una temperie attoriale propizia a quell’umorismo, grazie al recupero, tra affettuoso e ironico, di una tecnica volutamente “arcaizzante”, con toni, modi e posture forse ispirati con umoristica benevolenza alla leggendaria Compagnia D’Origlia-Palmi.
Rifiutata dai teatri italiani negli anni Sessanta del Novecento perché ritenuta superata dal tempo, esiliatasi nel teatro di Borgo Santo Spirito a Roma, meta devozionale e fonte d’ispirazione di Carmelo Bene e Paolo Poli, la D’Origlia-Palmi  continuò a recitare le sue vite di Cristo e di Sante con la pronuncia e la dizione che non andavano più di moda.
Se con Boston Marriage, viaggiando all’indietro di un secolo, il dramatist americano di origine ebreo-russa ha potuto creare soprattutto un saggio pirotecnico di battute brillanti ispirato all’arte del wit di Oscar Wilde, di botta e risposta veloci e arguti, Maria Paiato ha saputo tradurre questa pirotecnìa con creativa infedeltà trasportandola nella scuola attoriale “all’antica italiana”.

Maria Paiato (Anna) e Mariangela Granelli (Claire) – ph Serena Pea

È Oscar Wilde, dunque  il vero nume tutelare di questa operazione. Il suo spettro si aggira in lungo e in largo per il testo di Mamet. La passione per i paradossi, il ribaltamento delle aspettative, la scabrosità fatta passare in chiave ironica, rimandano con forza allo scrittore di The importance of being Earnest, vertice assoluto di questo gusto delle boutades vincenti. Questo esercizio di rifacimento, quasi, del più fortunato drammaturgo inglese di fine Ottocento deve aver stimolato il gusto antiquario di Mamet, nel cui intreccio pieno di colpi di scena ma ben bilanciato, si intravvedono anche le silhouettes di Émile Augier, di Alexandre Dumas figlio e di Victorien Sardou, di quel teatro salottiero francese a cui molti caratteri del teatro wildiano si ispirano.

Il fatto è che Mamet trasferisce la sua vena di fortunato anatomista delle disfunzioni della famiglia americana del secondo Novecento dentro un interno lesbico, ma lo retrocede di un secolo. Virtuosa insuperata di bon mots, ma anche di vessatorie canzonature nei confronti della provinciale e ingenua giovane cameriera Catherine (Ludovica D’Auria), piena di una vitalità inarginabile che richiede alla Paiato una prova vocale e fisica non indifferenti, Anna è una donna non più giovane, ma disposta a tutto pur di non perdere Claire (Mariangela Granelli), la compagna della sua vita. La quale ha messo in crisi il loro “matrimonio bostoniano”, eufemismo tardo ottocentesco con cui si definiva un rapporto “coniugale” lesbico, perdendo la testa per una ragazzina.

Ludovica D’Auria (Catherine) – ph Serena Pea

Quel tanto di umiliazione, di senso di colpa e di gusto della perdizione che appartengono sempre a un amore infelice, specie se la parte debole spetta a un amante più vecchio dell’oggetto d’amore, sono però gestiti dall’esperienza e dalla scaltrezza della vitalissima Anna, dalla forza “faustiana” della sua arguzia, del suo autocontrollo, dalla sua ingegnosa abilità nel macchinare espedienti e trovate. I suoi violenti e razzisti attacchi nei confronti della cameriera,  con quella  patina di snobismo ed elitismo da borghese aristocratica  debitrici anch’essi di Wilde, sono però soprattutto una rivalsa e uno sfogo per l’umiliazione e il declassamento che il tradimento di Claire le ha fatto subire.

Ed è infine nella morale della favola che la regia di Sangati ci sembra risuonare più profondamente con la visione dell’arte espressa da Wilde, soprattutto nei suoi scritti critici. La sua fondamentale mozione anti-realistica secondo cui la vita imita l’arte, per cui l’artista deve reinventare la vita per migliorarla, essendo questa imperfetta, fa capolino nell’amplificazione del rapporto tra verità e finzione, tra teatro e vita, che la versione di Sangati elabora sul testo di Mamet. Un’amplificazione che si rispecchia nella scenografia di Alberto Nonnato, come viene chiarito dalla scritta luminosa che appare in alto, “On air”: un set cinematografico o televisivo, in cui tutto è per definizione finto, costruito. “Perché forse – dice il regista in una breve videointervista con un aforisma di puro gusto wildiano – è uno dei pochi modi per riuscire ad essere sinceri”.

Maria Paiato (Anna), Ludovica D’Auria (Catherine) e Mariangela Granelli (Claire) – ph Serena Pea

BOSTON MARRIAGE

di David Mamet
traduzione Masolino D’Amico
con Maria Paiato, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria
regia Giorgio Sangati
scene Alberto Nonnato
luci Cesare Agoni
costumi Gianluca Sbicca
musiche Giovanni Frison
assistente alla regia Michele Tonicello
produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Biondo di Palermo
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd
per gentile concessione di A3 Artists Agency

durata: 2h (intervallo compreso)

Teatro Municipale, Piacenza | 5 marzo 2025