MARIA FRANCESCA SACCO / PAC LAB *| Al PACTA Salone di Milano, la scena si presenta semplice ma evocativa: alcuni leggii disseminati sul palco, un’impalcatura centrale su cui incombono una serie di altoparlanti. L’atmosfera richiama uno spazio ibrido, a metà tra una fabbrica dismessa, un’aula di tribunale e il cuore impersonale di un apparato di propaganda.
È in questo contesto essenziale che prende forma l’adattamento teatrale de La fattoria degli animali di George Orwell, diretto e interpretato da Giovanni Battista Storti, affiancato in scena da Annig Raimondi e Riccardo Megherini.
I tre attori non indossano costumi specifici o maschere, ma si affidano alla forza della voce e della parola, ai movimenti scenici e al ritmo della narrazione per dare vita a tutti i personaggi del celebre romanzo allegorico. L’impianto, asciutto e incisivo, alterna narrazione e dialoghi, rimanendo fedele all’opera originale: lo spettacolo sembra puntare soprattutto sulla parola per restituire tutta la forza politica e simbolica del testo di Orwell, della sua meditazione sulla natura del potere, sulla manipolazione delle masse e sulla fragilità degli ideali rivoluzionari. La limitazione dei movimenti, simbolici e evocativi, e l’assenza di elementi scenici appariscenti, sembrano deliberate: una regia che evita ogni distrazione, per concentrare lo sguardo del pubblico sul cuore del racconto. E lo spettatore si ritrova rapito dalla potenza della narrazione e dalla bravura degli interpreti, capaci di dare ritmo e colore ad ogni episodio, alternando momenti corali ad altri più intimi, in cui anche la musica, composta da Maurizio Pisati, diventa sostegno drammaturgico e vero e proprio personaggio in scena in alcuni momenti salienti, come quando la rivoluzione sembra fatta.

La vicenda, una satira allegorica del regime sovietico, è ambientata in una fattoria inglese, dove gli animali, stanchi dello sfruttamento da parte del padrone umano, il signor Jones, decidono di ribellarsi per creare una società più giusta. Dopo aver ascoltato il discorso del vecchio maiale saggio, che li ispira a sognare un mondo senza oppressione, insorgono, cacciano il fattore e ribattezzano il luogo “Fattoria degli Animali”, con lo scopo di instaurare una società basata sull’uguaglianza.
I maiali, considerati i più intelligenti assumono la guida, scrivono i Sette Comandamenti del nuovo ordine e alimentano l’illusione della libertà. Tuttavia, con il tempo, i principi di uguaglianza vengono progressivamente stravolti. I maiali si appropriano dei privilegi, manipolano la verità e stringono alleanze con gli uomini, i nemici originari.
Lo spettacolo rappresenta bene questa corsa verso la distopia, dove parola, propaganda e identità si confondono. Il fatto di avere in scena solo tre attori accentua la fluidità dei ruoli: chi guida oggi potrebbe essere sottomesso domani. Questo continuo slittamento d’identità amplifica il senso di precarietà e instabilità che pervade la storia, restituendo perfettamente il messaggio di Orwell: il potere è cangiante e spesso si nasconde dietro le stesse parole che aveva giurato di combattere.
La scenografia minimale diventa così simbolica. Gli altoparlanti non sono solo oggetti scenici, ma strumenti di propaganda che trasmettono ordini e slogan, rendendo udibile la voce del potere. Anche i leggii con le ruote, che gli attori spostano da una parte all’altra, sembrano minacciosi: simboli di una legge mobile e arbitraria, che si adatta a chi comanda.
Tra i momenti più forti dello spettacolo vi è la progressiva riscrittura dei Sette Comandamenti, a cui si assiste come ad un processo subdolo: una parola alla volta, un’aggiunta apparentemente innocua, una modifica di senso. Leggendo Orwell, è facile comprendere quanto rapidamente un ideale possa diventare strumento di controllo, e quanto la propaganda sia efficace non quando grida, ma quando sussurra, lentamente, fino a farsi normalità. Questo concetto è reso tangibile nello spettacolo attraverso momenti, anche ironici, in cui Annig Raimondi, nei panni di Bertha, tenta di leggere i comandamenti, sorprendendosi delle modifiche in un misto di esitazione e incredulità.
Vedere La fattoria degli animali a teatro significa fare i conti con un presente in cui la manipolazione del linguaggio, la riscrittura della memoria e la diffusione sistematica della disinformazione sono più attuali che mai. Orwell ci appare come un profeta moderno, e il teatro come il luogo ideale in cui il suo messaggio può ancora colpire e far riflettere. L’ultima versione dei comandamenti, “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, è la sintesi perfetta del linguaggio distorto che caratterizza ogni regime autoritario.
È interessante osservare come il controllo sulle persone passi attraverso la gestione del linguaggio, dei sogni collettivi e della memoria ed il teatro, in questo senso, può diventare esso stesso un atto politico, capace di risvegliare domande, mostrare meccanismi invisibili e far riflettere sulla libertà di ciascuno.
Lo spettacolo fa parte della sedicesima edizione di DonneTeatroDiritti, dal titolo Se la Libertà è in pericolo, che ha l’obiettivo di dare voce a riflessioni sulla manipolazione della realtà e sui condizionamenti delle coscienze. In un’epoca in cui la propaganda assume nuove forme — social, algoritmi, fake news — La fattoria degli animali ci ricorda quanto sia necessario vigilare sulla lingua e sulla responsabilità collettiva. Perché, come Orwell insegna, chi controlla il linguaggio, controlla la realtà.
PACTA Salone di Milano | 13 aprile 2025
LA FATTORIA DEGLI ANIMALI
da George Orwell
regia Giovanni Battista Storti
con Riccardo Magherini, Annig Raimondi, Giovanni Battista Storti
luci Fulvio Michelazzi (AILD)
musiche originali Il mulino e il vento di Maurizio Pisati
costumi Nir Lagziel
coproduzione PACTA . dei Teatri – Teatro Alkaest
*PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.