RENZO FRANCABANDERA | Si alternano in scena in quattro (Emma Bani, Paolo Ciotti, Alessandra Comanducci e Thomas Harris) interpretando, dentro circoscritti coni di luce che li sbalzano dal buio, i loro talvolta brevissimi monologhi, in alcuni casi al ritmo di uno o due al minuto. Immaginiamo un dietro le quinte vorticoso, cambi d’abito senza respiro e pochi secondi per entrare nel nuovo personaggio, per portare in scena una parata di assassini che in poche grottesche parole confessano l’omicidio.
Max Aub (1903-1972), autore di straordinaria complessità e versatilità, si colloca in una posizione liminale nella letteratura del Novecento europeo. Nato a Parigi da madre francese e padre tedesco naturalizzato spagnolo, la sua biografia è segnata profondamente dall’esilio, prima durante la guerra civile spagnola, poi nella diaspora messicana. Questa condizione esistenziale di sradicamento e transizione diviene una delle chiavi di lettura fondamentali per comprendere non solo la sua opera narrativa più ampia, come il ciclo El laberinto mágico, ma anche testi apparentemente minori e dissonanti come Crímenes ejemplares (1957).

L’opera si presenta come una raccolta di brevissimi frammenti – confessioni di omicidio espresse in tono paradossalmente neutro o grottesco – che delineano una galleria tragicomica di delitti motivati dalle cause più banali: «Lo maté porque me miró mal» (L’ho ucciso perché mi ha guardato male). Il titolo richiama esplicitamente Los ejemplos o Novelas ejemplares di Cervantes, ma in Aub l’aggettivo “esemplari” è caricato di ironia, poiché l’esemplarità è completamente ribaltata: non si tratta di insegnamenti morali, bensì di una satira radicale della giustizia, della psiche e della narrazione stessa.

Sul piano letterario, Crímenes ejemplares si iscrive nella linea dell’aforisma, del micro-racconto e della parodia. Può essere accostato alle avanguardie storiche ma, per essere più precisamente stringenti, al surrealismo nero e alla tradizione della escritura fragmentaria, che in Spagna trova una sua eco in autori come Ramón Gómez de la Serna e, più tardi, in alcuni aspetti dell’opera di Juan Benet o di Enrique Vila-Matas. Secondo la studiosa Lidia Amor in Max Aub y la fragmentación de la razón narrativa, Cuadernos Hispanoamericanos, nº 718, 2010, «Aub adopta una poética del absurdo que desmonta el edificio racional del relato y ridiculiza la necesidad de sentido». Ed effettivamente l’atmosfera che si respira al Teatro del Cestello di Firenze per questo allestimento di Cantiere Obraz ha pienamente la cifra dell’assurdo ma anche di un radicamento al realismo grottesco del contemporaneo, come si evince dal codice dei costumi prescelto, legati a un presente indicativo, al più condizionale ma non ipotetico.

Il testo è anche un attacco al linguaggio giuridico e alle strutture della narrazione causale. Ogni “crimine” è raccontato in forma telegrafica, senza contesto, senza processo, senza giustificazione razionale. In questo modo Aub destruttura la dinamica classica della colpa, della pena e del pentimento. Non c’è redenzione nei suoi assassini: il gesto omicida si consuma in una rivelazione al contempo comica e inquietante. Esattamente come i personaggi inventati e aggrappati in forma ironica e grottesca a quelle poche battute.

Delitti esemplari nella visione di Cantiere Obraz si presta a una lettura teatrale – nel senso benjaminiano del termine, come costellazione di montaggi – in cui ogni frammento è una battuta, un monologo condensato, un atto linguistico performativo che crea la realtà che afferma. Nell’allestimento proposto a inizio maggio a Firenze, queste micro-testimonianze sono piccoli atti drammaturgici, scenette che sfiorano il teatro dell’assurdo, anticipando in certa misura le strategie linguistiche di Beckett e Ionesco.

Nel contesto dell’esilio, infine, Aub sembrava lui stesso proporre una visione disincantata dell’identità e della coerenza morale. Non c’è continuità nei soggetti che parlano: ogni voce è un’individualità scissa, riflesso di un mondo dove la logica della colpa e della responsabilità è stata sostituita da un puro automatismo del gesto. In ciò risuona anche una critica al totalitarismo e all’ideologia, che Aub aveva sperimentato in prima persona durante la guerra e la detenzione nei campi francesi. A confermare questo approccio a suo modo filologico vi è anche il rimando al sostrato filosofico alla base del lavoro, che viene rivelato nel finale, quasi a lasciarne traccia per lo spettatore, ove avesse voglia di creare un doppio livello di lettura di quanto visto in precedenza.
Il testo ironico e perturbante, attraverso una declinazione scenica frammentaria e il ricorso al paradosso, mette in discussione i fondamenti stessi della narrazione realistica, della giustizia e della soggettività moderna. È parte di quella letteratura dell’esilio che non si limita alla testimonianza ma che rinnova radicalmente le forme del narrare, sovverte dall’interno i codici del racconto e dell’etica letteraria.

Crímenes ejemplares è già stato oggetto di alcune messe in scena teatrali, anche in Italia, come quella del marzo 1997, affidata all’attore Gaetano Marino e ancor prima, nel 1988, durante il Primo premio festival internazionale cinema giovani di Torino, alcuni dei Delitti esemplari sono stati recitati da attori come Duilio Del Prete, Renato Scarpa, Marco Zannoni, Pina Cei, Luca Zingaretti e Andrea Camilleri, scrittore quest’ultimo profondamente legato, per storia personale, al rapporto con il teatro dell’assurdo, anche in quanto regista del primo adattamento teatrale in Italia di Finale di partita di Beckett.

Questo adattamento del testo per la scena realizzato dalla compagnia teatrale fiorentina Cantiere Obraz, mette a punto una lettura del testo specifica e accurata.


Cantiere Obraz è un’associazione culturale fondata a Firenze nel 2010 e residente artisticamente presso il Teatro di Cestello. La sua azione artistica si caratterizza per l’integrazione di una solida formazione nella pedagogia teatrale russa – in particolare il metodo biomeccanico di Mejerchol’d e il metodo degli etjud di Anatolij Vasil’ev – con una vocazione formativa e civica molto marcata. I fondatori e i collaboratori del gruppo hanno un approccio al lavoro d’attore incentrato sulla fisicità e sull’improvvisazione strutturata. Parallelamente alla produzione di spettacoli non si può tacere come l’associazione porti avanti progetti di formazione per adulti e bambini – come Cestello Formazione e la Scuoletta di teatro – concepiti come processi di educazione culturale e crescita personale attraverso la pratica scenica, unita all’attività di teatro urbano e partecipativo, come dimostrano le esperienze di rassegne come Urbano Fantastico e Il Respiro del Pubblico, o di festival come Naturesimo, che trasformano lo spazio cittadino in un dispositivo teatrale aperto, coinvolgendo il pubblico in percorsi itineranti e interattivi.
Significativa anche la direzione civica dell’associazione, che emerge in progetti come Metropolis – Laboratori Urbani di Democrazia, dove il teatro diventa uno strumento per esplorare tematiche legate alla cittadinanza attiva, alla comunità e all’immaginazione della città ideale, in un dialogo generazionale tra giovani e adulti. Questo intreccio tra formazione, ricerca teatrale e impegno sociale aiuta ulteriormente a spiegare lo spazio di azione critica e di pensiero di Cantiere Obraz.
Attraverso questa serie di confessioni brevi, surreali e apparentemente banali, Obraz affida alla scarna parola di Aub il compito di descrivere il desiderio istintivo, quasi meccanico, dell’uomo di annientare l’altro. È il rovescio brutale dell’idealismo rousseauiano del buon selvaggio – definito da Aub, non a caso, «lo scrittore più stupido» – e, in controluce, una dichiarazione di sfiducia radicale nella bontà originaria dell’essere umano.

Nell’adattamento scenico firmato da Cantiere Obraz, questo sostrato filosofico viene amplificato attraverso un dispositivo performativo essenziale e straniante. L’assenza di elementi scenici e l’uso controllato della luce – una abat-jour domestica, una torcia di cellulare, pochissimi oggetti portati in scena dagli attori stessi – creano uno spazio sospeso che toglie al teatro ogni illusione mimetica. Il testo di Aub, che già destruttura il racconto causale e rifiuta la catarsi, trova qui un corrispettivo formale che lo radicalizza. L’attore non solo interpreta, ma in qualche modo testimonia e critica la società come nel cammeo brevissimo e lapidario del celerino armato di scudo, che in Italia evoca ricordi ben precisi. La scena diventa campo di attrito tra linguaggio e responsabilità, tra parola e colpa.

Nel finale, Ciotti e Comanducci introducono le figure caratterizzate dall’interpretazione più spessa, di stampo morale, anche abbattendo per certi versi la quarta parete. Pur senza alterare il testo di Aub, la messinscena esce da se stessa. L’attrice si rivolge direttamente al pubblico e pone una domanda filosofica: se il cogito ergo sum di Cartesio è il fondamento dell’identità e della responsabilità individuale, cosa resta dell’umano quando si smette di pensare?
Il gesto teatrale interroga lo spettatore sulla propria partecipazione – o sul proprio silenzio – di fronte alla realtà.

In un’epoca segnata da fenomeni come il riarmo, la trasmissione in diretta del genocidio, la crisi climatica e l’alienazione digitale, Delitti esemplari risuona con la sua tragicomica urgenza. L’adattamento di Cantiere Obraz, pur muovendosi tra sarcasmo e leggerezza apparente, non offre vie di fuga: mette in scena la banalità del male in forma aforistica, inchiodando, a ben considerare, il pubblico al proprio ruolo in un sistema che assolve la non-azione. E che non riguarda i personaggi, che anzi la loro azione l’hanno compiuta e ce la porgono con fare autoassolutorio. Forse che un po’ questi assassini siamo noi?


DELITTI ESEMPLARI

da Crimenes Ejemplares di Max Aub
traduzione Valentina Marzili
adattamento Alessandra Comanducci
produzione, ideazione e regia Cantiere Obraz
con Emma Bani, Paolo Ciotti, Alessandra Comanducci, Thomas Harris
disegno luci Diego Cinelli
scene e costumi Thomas Harris
organizzazione Michela Cioni
comunicazione Camilla Pieri
assistenti Miriam Berchicci, Margherita Cecchi, Carlo Mattia Governa
Il progetto è realizzato grazie a Regione Toscana – Bando per il sostegno alla produzione Spettacolo dal vivo e Comune di Firenze – Contributi Culturali Triennali

Firenze, Teatro del Cestello, 2 maggio