ELENA SCOLARI| Una carrellata del teatro per i piccoli, spesso un teatro “piccolo” ma con alcuni esempi brillanti.

Una quindicina di spettacoli visti in due giorni. Una pazzia? Una scommessa? Patologia? No, la quantità media di titoli in una vetrina di teatro ragazzi in Italia. Le vetrine sono come fiere, le compagnie portano il loro “prodotto”, il nuovo spettacolo per la stagione successiva, per mostrarlo ai pazienti operatori teatrali, che vengono da tutt’Italia per vedere le novità e poter così far tesoro di quanto visto per comporre le stagioni scolastiche dell’anno che verrà.

Questi festival sono collettori di una categoria, abbastanza reietta, in verità, che si riunisce in questi caroselli del palcoscenico: gli organizzatori di tante e tante realtà italiane che operano nel settore teatrale per i giovani e che in queste occasioni hanno modo di incontrarsi, confrontarsi, spesso lamentarsi delle proprie difficoltà sapendo di essere ben compresi dai colleghi, qui si raccontano i nuovi progetti, si fanno le obbligate pubbliche relazioni per cercare di vendere i propri spettacoli. Il tour de force da poltrona non è solo dovere, ci si diverte anche, tra operatori, razza dannata ma non vile, si chiacchera a cena, si spettegola un po’ sulle nuove pettinature di colleghi/e che non si vedono da mesi, si maligna un po’ sui brutti spettacoli… è un po’ come essere in gita scolastica, si creano sottogruppi per vicinanza di carattere o di vedute, insomma è un’occasione di studio sociologico molto interessante.

Giocateatro è la vetrina delle compagnie del Piemonte, regione aurea che ha saputo costruire una rete salda e fruttuosa e che si è saputa dotare di una Casa del teatro ragazzi e giovani, un bellissimo edificio non troppo lontano dal centro di Torino con belle sale di varia grandezza, che accoglie anche gli uffici delle più importanti compagnie del territorio. La manifestazione è una macchina oliata da anni ed è sempre ben organizzata, ma quest’anno abbiamo visto segnali di “indigenza” anche qui, nell’eldorado teatrale sabaudo. Non più i pullman noleggiati per le trasferte nei vari teatri della città: tutti sul tram con biglietto a 1€! Non più pasti offerti nello spazio ristorante della Casa: buffet e “apericene” (brrrr…) a pagamento! Non più borsa di tela con i materiali in omaggio: solo cartelletta di cartone!

In questa atmosfera risparmiosa ma ugualmente sorridente abbiamo cominciato la maratona dello spettatore.

Il bilancio complessivo non è ottimo, nonostante la vasta quantità è sempre difficile trovare tanti lavori buoni, e ci sono però tante ragioni per questo, non si tratta solo di mancanza di talento ma anche dell’obbligo, nel teatro per bambini, di produrre in continuazione, ogni stagione, uno spettacolo nuovo perché il repertorio quasi non esiste, e il mercato “esige” che si abbia sempre qualcosa di nuovo da presentare, montato con tempi di prova forsennati e non sempre frutto di un’idea artistica forte o sincera.

Il difetto generale degli spettacoli presentati in rassegna, anche di quelli buoni, è una certa inconsapevolezza del pubblico a cui ci si vuole rivolgere, lavorando con i bambini e gli adolescenti è invece importante tenere sempre presente come e cosa possano cogliere i piccoli spettatori in crescita. Abbiamo visto spettacoli cupi e lunghi dati per bambini dai 3 anni, spettacoli di struttura elementare per le superiori, spettacoli belli con idee ed emozioni complesse per le scuole primarie e anche spettacoli brutti per tutte le età, diciamolo. Esiste un vuoto legislativo per cui è ancora lecito fare spettacoli per bambini con attori adulti vestiti con una ridicolaggine inusitata, o che parlano (recitano?) e si muovono come Jerry Lewis, sarebbe ora di finirla.

Ma gli esempi virtuosi? Ci sono, ci sono.

Teatro Distinto, che lavora sempre con pochissimo testo, quasi senza parole, ha messo in scena “Cenerentola non abita più qui”, titolo forse fuorviante per uno spettacolo poetico e stilisticamente cristallino che non racconta la fiaba bensì l’impossibilità di raccontare ancora storie, quella di Cenerentola come altre. Due addetti alle pulizie di un teatro entrano in una scena ricoperta di cartacce appattollate, scopriranno che sono tutte lettere del direttore alle tante maestranze che lavorano in un teatro (attori, registi, sarti, tecnici, fonici, bigliettai, maschere… e anche spettatori): il teatro chiude perché troppo vecchio. I due non vogliono però lasciarlo, e così tolgono lentamente un lenzuolo antipolvere da una fila di poltrone che rivela le voci di storie celebri, che fluttuano nell’aria del teatro, aprono una piccola scatola che libera gli applausi. Un linguaggio romantico e rarefatto, teatrale, precisamente.

Altro buon esempio è la compagnia Nonsoloteatro: Guido Castiglia ha presentato Branco di scuola, spettacolo sul bullismo tra adolescenti, finalmente raccontato senza retorica con un testo ben scritto, molto fluido, una narrazione ritmata e vivace, frutto di un lavoro congiunto del regista/attore con molti ragazzi che hanno partecipato al lavoro, spiritoso e crudele  quanto basta.

Citiamo ancora il vincitore del Premio Scenario Infanzia 2010, che premia i 20 minuti preparatori di un lavoro che si è visto poi completato proprio a Torino: un Hansel & Gretel espressionista, delle compagnie Cassepipe ed Eventeatro. Una versione della fiaba trattata in modo originale, ironico, un po’ chapliniano, senza ammiccamenti, con un bell’approfondimento dei personaggi.

C’è del buono, Piemonte. E di quello bisogna parlare.