ELENA SCOLARI| Sabato 21 Maggio al Teatro degli Arcimboldi di Milano ha attraccato per qualche ora la nave di Vinicio Capossela in tour per l’uscita del nuovo album “Marinai, profeti e balene”.

Il sipario del Teatro degli Arcimboldi ondeggia furiosamente come ad annunciare tempesta, si apre su un enorme scheletro di balena che contiene tutta la band. Solo un piccolo faro bianco illumina come una candela l’interno del gigante, e siamo tutti inghiottiti dal grande leviatano!

Comincia così il sontuoso concerto “marino” di Vinicio Capossela, in tour per l’uscita del nuovo album doppio Marinai profeti e balene. Un concerto molto generoso (due ore e mezza abbondanti), in cui il cantautore offre quasi tutte le canzoni del disco più alcuni bis storici come Scivola vai via e un nuovo arrangiamento di Che coss’è l’amor cantata con le Sorelle Marinetti, ascoltiamo anche una versione italiana di The ship comes in di Bob Dylan.

Questo album è ampiamente ispirato al Moby Dick e ad altri personaggi dei romanzi di Melville, a cominciare da Billy Bud e Lord Jim, singoli già molto trasmessi in radio. L’atmosfera ci trasporta da subito a bordo della nave sulla quale viaggiano i musicisti, alcuni attori comparsa e Capossela stesso, tutti vestiti in uniforme marinara (costumi firmati dallo stilista Antonio Marras).

Il pianoforte ha una gamba a forma d’osso, c’è una piccola prua che nasconde un pianoforte e un’asta per il microfono a forma di arpione, tutto ci riporta ad una band/ciurma che naviga tra avventure sonore profonde come gli abissi del mare e ironiche come la sua schiuma.

I concerti di Capossela non sono più intimi come agli inizi quando gli spettatori per Vinicio erano pochi e sul palco non c’era niente, ora questo anomalo rappresentante della canzone d’autore italiana, nato ad Hannover, dall’anima un po’ zingara e molto stralunata, si può permettere allestimenti faraonici in teatri giganteschi ma che non perdono mai la poesia, sostanza delle sue canzoni.

I riferimenti letterari non si limitano a Melville, ma passano anche per Céline, in particolare da “Scandalo negli abissi” che ispira il brano Printyl, sirena maliziosa. Marinai e balene riempiono la prima parte dell’esibizione, nella seconda incontriamo i profeti: il pezzo più significativo è senz’altro Job, ispirata al Libro di Job di Ceronetti.

L’atmosfera varia continuamente da situazioni tempestose e terribili con gomene agitate sul fondo del palco – e qui Capossela si toglie anche lo sfizio di recitare: una coinvolgente invettiva contro la balena bianca, ossessione del Capitano Achab chiude I fuochi fatui– a momenti di spumeggiante ironia come Polpo d’amor o Calipso oppure di malinconica poesia con  La madonna delle conchiglie.

Molte delle canzoni hanno un testo che va ascoltato con attenzione, l’esecuzione dal vivo non sempre lo permette e questo appesantisce un po’ lo spettacolo, ma il pubblico è ripagato di questa difficoltà dall’irruzione travolgente dei successi di sempre che ricordano quanti anni sono passati da quel sorprendente primo album All’una e trentacinque circa

Tutti i musicisti sono pregevoli, citiamo alcuni importanti solisti jazz come Achille Succi, Ares Tavolazzi, Mauro Ottolini. In questo concerto si suona di tutto: dalle seghe alle pentole alle conchiglie al theremin, catene, bicchieri, oltre ad una ricca gamma degli strumenti tradizionali, l’equipaggio della band rende questo mix armonioso e fa venir voglia di ballare al ritmo di queste onde.

Ognuno di noi ha la sua balena bianca da inseguire e lo facciamo volentieri accompagnati dal canto della sirena Capossela.