ALESSANDRO MASTANDREA | Rientrato nell’agone politico, sebbene egli in più di una occasione abbia dichiarato di non temere Monti, “perché […] se scende in campo diventa un protagonista qualunque”, è però proprio questi a costituire la sua personale ossessione.
Una coppia ben assortita, mediaticamente parlando, Mario Monti e Silvio Berlusconi. Ciascuno all’estremo opposto di uno stesso spettro. Lo yin e lo yang, l’immagine rovesciata allo specchio, contraria eppure fatalmente simile. E nella saturazione mediatica cui i due, ahinoi, ci hanno sottoposti, è un segno di parità ad emergere con forza. Se l’uno, fresco di fidanzamento, intervistato da Barbara D’Urso ammette di essere un poco pazzo a voler rimettersi in gioco, ma lo fa per “amor di patria”, l’altro, dalla Gruber Lilli, confessa di non voler interrompere quel che aveva iniziato, quasi si trattasse di una partita a tresette lasciata a metà. Non c’è molto da aggiungere, lo fanno per noi. In questo gioco di specchi, in questa partita a scacchi giocata sulla superficie di uno schermo TV, è però quella vecchia volpe mediatica del Cavaliere a rovesciare il tavolo. Con mossa a sorpresa eccolo ospite di Santoro nella “fossa dei leoni” di “Servizio Pubblico”, lui che aveva mostrato di soffrire anche le domande di un Giletti Massimo qualsiasi. Tra teorie del complotto, manie di persecuzione e aspirazioni filantropiche, solo e accerchiato da pubblico e giornalisti ostili, il vecchio spirito da intrattenitore non tarda a uscire, impreziosendo la serata con momenti di sana giovialità, con Santoro e Travaglio a fargli da “spalla”. Solo per brevi momenti le fessure dei suoi occhi tradiscono turbamento, ma ci sarebbe da scommettere che, in fondo, il più rilassato tra i protagonisti fosse proprio lui. Potremmo dire la stessa cosa di Michele Santoro? Non sarà stato, forse, proprio lui ad aver avuto le lacerazioni maggiori, attanagliato dall’atroce dubbio: intervistare Berlusconi e contribuire a una sua possibile ulteriore ascesa, agnello sacrificale immolato sull’altare televisivo a beneficio dei propri sostenitori? Oppure lasciarsi sfuggire quello che effettivamente si è rivelato il più grande successo mediatico della stagione? Dalla sintesi di queste due istanze, quel che ne scaturisce è ancora una volta un pareggio, con in più il dubbio di aver assistito a una partita giocata su piani differenti: l’uno del consenso e l’altro dello share.
C’è chi all’incirca un anno fa, con l’avvento del governo tecnico, prefigurava il passaggio dalla “seconda” alla “terza Repubblica”. Sarà, ma da questi scampoli di campagna elettorale non si direbbe proprio.
Di seguito alcuni passaggi della trasmissione
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