perrotta odisseaVINCENZO SARDELLI | È un Telemaco contemporaneo davanti al mare del Salento, affascinato da un padre assente ma mitico, quello che Mario Perrotta, autore, regista e attore leccese, propone da alcuni anni ormai in “Odissea”, spettacolo che abbiamo visto di recente al teatro Binario 7 di Monza.
Perrotta, interprete mai banale del teatro-racconto, propone una versione particolare del poema omerico, centrata sulla figura del figlio. Telemaco, rampollo per antonomasia, è catapultato nel XXI secolo, avvilito da gente di paese che al bar della piazza mormora alle spalle sue e della sua famiglia.
Anche Penelope, madre reclusa, è presente in quest’alchemica contaminazione epico-salentina. Si chiama Speranza: è un’ombra nascosta dietro le persiane, anche lei perduta nella sua tela-isola.
L’Odissea di Perrotta mescola mito e quotidiano, Itaca e Salento, poesia colta e dialetto. L’attore si presenta da menestrello, giacca da varietà, viso di biacca. Lo accompagnano le musiche originali dal vivo eseguite da Mario Arcari (oboe, clarinetto e batteria – ha suonato anche per De André) e Maurizio Pellizzari (chitarra e tromba). Sono armonie di feste paesane, di processioni, echi amarcord alla Nino Rota.
Le luci si spargono rossastre sulle note dei musicisti, bianche sulla voce del narratore. Un bagliore lunare evidenzia i gesti delle mani. La voce di Perrotta è calda e spettrale, suadente e tambureggiante. Prendono forma giochi di parole, bisticci e strafalcioni verbali. Le mani disegnano geometrie di gabbiani. Gli sguardi scrutano l’orizzonte, nell’attesa ventennale di qualcosa sempre sul punto di accadere.
Nascono scenette ironiche da avanspettacolo, ma anche storie assorte, che narrano l’anima. È la voce di Telemaco, ma anche il delirante sogno del suo amico Antonio, lo scemo del paese, un pescatore che apre le cozze e le restituisce a quel mare mastodontico che percuote le coste, eppure è incapace di aprire una sola cozza. Il mare ricambia. Svela i suoi segreti a chi, come Antonio, sa ascoltare. Come le storie di Ulisse. Sono lotte ciclopiche, tempeste, diapositive che scorrono veloci sugli immaginari femminili. Sono richiami di Sirene, festini erotici, da Maga Circe, di maschi potenti e donnicciole compiacenti. Sono danze, silenzi, guerre e pianti.
Il mito aiuta a comprendere l’oggi. Dà voce e immagine a situazioni e paure dell’animo. È la vicenda di Telemaco, delle sue attese, tensioni e fantasie. È la storia di Ulisse, delle sue peripezie. Ma qui la figura simbolica non è mai in discussione, e questo padre aiuta anche nella distanza il figlio a crescere e a diventare uomo, molto più di tanti padri presenti in carne e ed ossa. A tenere uniti padre e figlio è il mare, con i suoi colori e i suoi linguaggi.
Quello di Mario Perrotta è un lavoro epico e introspettivo, divertente e toccante. Affrontare il mito significa affrontare un percorso di conoscenza. I viaggi della mitologia greca sono viaggi verso la consapevolezza. Questo teatro-narrazione coinvolge con la verità storica e psicologica di quel che riferisce tramite la finzione. Diventa esperienza emotiva interiore, incontro relazionale con l’esterno e con il mondo.

L’Odissea di Mario Perrotta
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