PArsifal MetropolitanGINA GUANDALINI | Sembra strano andare all’opera a mezzogiorno, soprattutto nel caso del mistico e sacrale Parsifal, ma qui al Metropolitan l’orario cambia a seconda della lunghezza dell’opera: e il Parsifal è lunghissimo. Ma in questo allestimento non è quasi mai  pesante e si lascia seguire senza stanchezza. Il regista francese François Girard ha già presentato in Europa, a Lyon, questa sua intensissima concezione teatrale, che ora trionfa a New York presso critici e spettatori. Tutto è imperniato sul motivo del sangue.

Nei primi minuti sembra di assistere a Cavalleria rusticana, con i cavalieri del Graal seduti in circolo con panataloni neri e camicie candide, e donne,intimidite, che si raggruppano dall’altra parte della scena, mentre il ruscelletto che divide i due sessi diventa rosso. Oppressi dal peccato, i cavalieri non sono in grado di riconoscere subito il loro magico salvatore nel giovane allucinato e rozzo Parsifal. Nel secondo atto questi conosce la tentazione della carne in una reggia magico-diabolica che è un grande triangolo scarlatto ( simbologia chiarissima) e viene gradatamente allagata dal sangue; anche  i costumi di tutti i personaggi e il letto moderno che troneggia al centro del palcoscenico se ne inzuppano irrimediabilmente ( in Francia ci sono stati non pochi problemi tecnici nel  realizzare questa  intenzione di Girard). La catarsi del terzo atto si svolge nello stesso panorama arido e irrigato di sangue del primo, ma un Parsifal “nuovo” reca l’acqua santa come liquido sostitutivo.

Tutti hanno ammirato il fatto che il direttore d’orchestra, l’italiano Daniele Gatti, dirige quella che resta una delle più complesse composizioni sinfonico-vocali della storia senza avere davanti la partitura. E il suo è un Wagner dove ogni sfumatura viene esaltata, dal fortissimo al dolcissimo.

La principale attrazione dello spettacolo è il Parsifal del tenore tedesco Jonas Kaufmann, bellissimo, aitante, ottimo attore. Che Kaufmann non abbia un’impostazione vocale professionistica, che suoni costantemente opaco e forzato, è un fatto gravissimo nel repertorio italiano e francese, ma in Wagner, con il declamato aspro della sua lingua, non ha molta importanza. I tormenti di Parsifal – se non la sua fresca ingenuità nel primo atto –  sono espressi con efficacia. La stessa constatazione vale per gli altri interpreti, che si avvalgono con intelligenza della scabra scrittura vocale di Wagner, e fanno dimenticare i disastri che combinano in altri repertori.

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SCREAM-munchAl MoMa è esposta fino ad aprile quella versione del celeberrimo Urlo di Edvard Munch, datata 1895, che è stata venduta l’anno scorso da Sotheby per una cifra epocale. E’ l’unica copia in possesso di privati e non di gallerie norvegesi. Il visitatore si trova davanti una tavoletta di legno di esigue dimensioni, eseguita a pastello, ma lacerante di tragicità, soprattutto in quel cielo a strisce rosse che sovrasta l’enigmatica scena. La mostra espone anche molte incisioni dell’artista norvegese, di proprietà del MoMa, che non sempre ci si ricorda di avere osservato in altre visite. Anche in queste è un uso straordinariamente abile della luce che colpisce, con il risultato che paradossalmente le incisioni di Munch sono spesso più luminose e immediate dei suoi quadri a olio e tempera.

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La tradizionale parata di S.Patrick quest’anno, come in tutti gli anni in cui San Patrizio cade di domenica, si è svolta sabato 18 marzo. In questo giorno, si dice a New York, tutti sono irlandesi. Per la Quinta Avenue, dalla 40esima all’80 esima strada,  sfilano bande, majorettes, veterani, reggimenti con cornamuse e kilt, associazioni variamente vestite di verde, ma l’elemento più coinvolgente è proprio questa forte identificazione del pubblico e della città – degli Stati Uniti tutti,  forse – con un’etnia, una cultura che è stata  importante nella costituzione dei Stati Uniti, ma non maggioritaria. Germania, Italia, America Latina, l’ebraismo dell’Europa nordorientale non hanno quindi creato una giornata “dell’identificazione” altrettanto forte e simpatica.

Finita la parata, tutti giù nella Quarta Strada, al  Swift Bar – in realtà pub irlandese finto-tipico – a banchettare con zuppa di patate, salmone alla griglia e naturalmente fiumi di Guinness. Carnagione bianca e capelli carota  sono evidentemente considerati un’esclusiva. irlandese perché nel locale nessuno crede che io non lo sia. Allora recito la formula latina dell’annuncio del nuovo papa perché la mia pronuncia li convinca: ed è tutta un’esplosione di entusiasmo per Papa Francesco. Si uniscono nel sorriso e nelle lodi anche camerieri di colore e una donna con i capelli coperti nell’acconciatura islamica. La persona, lo stile, la provenienza (sud)americana di Bergoglio sono elementi che colpiscono al di là dell’appartenenza al cattolicesimo e che fanno sperare un po’ tutti.

 Alle immagini della parata di quest’anno vi lasciamo con questo video
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