operai

ALESSANDRO MASTANDREA | Non è riuscito il bis a Don Fabio quest’anno. I dati Auditel non hanno premiato la sua seconda conduzione consecutiva del Festival di Sanremo. Forse mancando una novità, una cesura, rispetto all’edizione precedente (la scorsa segnava l’esorcismo da spacchi vertiginosi e farfalline varie), che neanche il matrimonio tra lui e Luciana Littizetto, con Don Matteo guest star celebrante, è servito a colmare.
O magari è mancato l’abbrivio iniziale delle polemiche scatenate dall’intervento di Maurizio Crozza in apertura, come lo scorso anno. Eppure, gli elementi più cari al suo sacerdozio televisivo erano tutti presenti, così come la varia umanità di cui ama circondarsi durante i sereni week-end trascorsi nello studio-eremo di “Che tempo che fa”.
Lasciata sola la bella Filippa a rassettar la casa in sua assenza, nella trasferta di Sanremo non poteva non mancare la compagnia della perpetua Luciana Littizetto, sua croce e delizia (e, appunto, futura sposa) senza la quale, tra un battibecco e l’altro, i rituali liturgici a noi tanto cari non avrebbero ragion d’essere.
Si, perché, a questa strana coppia televisiva piace muoversi su di uno stretto crinale, ciascuno a rintuzzare le mancanze dell’altro. Don Fabio è così preso da quell’aria di sacralità istituzionale che la manifestazione impone, che è sempre sul punto di cedere alle sue due nature: l’una, assai spirituale (che lo spinge a lanciare messaggi di carattere universale, per noi spettatori assetati di risposte) e l’altra, tentazione di genere più mondano, che lo vede innescare la polemica che giovi all’auditel e al proprio ego mai del tutto sopito.
L’aspirazione mondana al successo, quest’anno era tutta riposta in un possibile intervento fuori programma di Beppe Grillo, andata tuttavia delusa (eccettuato il piccolo comizio fiume da imbonitore di strada, tenuto fuori dal teatro Ariston). Ma non sono mancate sorprese. Dapprima la mancata apertura del sipario, poi il fuori programma dei due lavoratori disoccupati del consorzio del bacino di Napoli che minacciavano il gesto estremo. Sebbene la situazione sia stata ben presto recuperata dal Nostro, memore anche della lezione dell’esimio predecessore Baudo, da quel preciso momento, forse perché tramortito dall’inaspettata successione di eventi, il demone della predicozzo si è impossessato di lui, e giù a parlare del valore della bellezza per quattro puntate consecutive, interpellando chiunque sull’argomento: anche passanti e sprovveduti avventori al bar del teatro.
Nel breve volgere di qualche ora, la voglia di predicozzo, o “pippolotto” – come lo ebbe a chiamare un Claudio Baglioni anch’egli caduto nella rete – avrà modo di contagiare tutti gli ospiti del festival, con la perpetua Littizetto incapace di porvi rimedio. Così è stato per le gemelle Kessler, ma anche per un ignaro Yusuf Islam Cat Stevens la cui straordinaria performance canora da sola non è bastata per metterlo al riparo da una domanda sul senso universale delle religioni. E giù fino alla Carrà,che nella sua attillatissima mise da pantera, non ha potuto non rivolgere un appello per i due Marò trattenuti in India, non prima, almeno, di aver cantato un paio di volte il ritornello “ciao, ciao, ciao, muchacho ciao”. Le migliori soddisfazioni, come al solito, sono giunte da Massimo Gramellini, discepolo prediletto di Don Fabio, che di Bellezza e di prediche se ne intende alquanto, forse più del maestro.
Magari saranno state le canzoni, non proprio dei capolavori, o la sensazione di aver assistito da una domenica all’altra a un intera settimana di “Che tempo che fa”, fatto sta che una buona parte di telespettatori, quelli che per visione sono più distanti dalla sinistra, è fuggita altrove. Con buona pace delle larghe intese tanto care anche in queste ore di colloqui istituzionali.
Un tempo, almeno, c’era Antonio Albanese che sapeva argomentare in maniera più trasversale, catturando l’attenzione anche, metti, del pubblico berlusconiano più intransigente, allorquando uno dei suoi personaggi più popolari prometteva: “cchiu pilu pe’ tutti!”. Oggi invece, solo predicozzo. Un bel passo indietro, se permettete.

Due brani di Cetto La Qualunque

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E la protesta degli operai:[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=RRlDQQTMazo]