classe-morta NICOLA ARRIGONI Piace partire dalla Classe morta di Tadeusz Kantor e da quei vecchi che si portano sulle spalle la loro infanzia, assassini della loro infanzia in cerca dei segni di quell’età felice come ha dichiarato l’artista polacco. Quell’infanzia che emerge dal tempo, quel tempo in cui è immersa l’età avanzata è un tempo che «non è costituito dalla somma accumulata e ordinata degli avvenimenti passati – scrive Marc Augé -. E’ tempo, diciamo, palinsesto: non è che si ritrovi sempre quello che vi è annotato e , anzi, capita che gli scritti più vecchi siano i più facili da riportare alla luce. Il morbo di Alzheimer è solo l’accelerazione di un processo naturale di selezione operato dall’oblio, al termine del quale risulta che le immagini più tenaci, se non le più fedeli, sono comunque spesso quelle che riguardano l’infanzia. Che ce ne si rallegri o che lo si deplori – questa constatazione ha un lato crudele – bisogna ben ammetterlo: tutti muoiono giovani». Così si chiude Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste dell’antropologo francese, pubblicato per i tipi di Raffaello Cortina Editore (pagine 108, 11 euro). Si tratta di una sorta di De senectute per l’uomo contemporaneo, o forse di un intimo discorrere sulla vecchiaia e sulla necessità di concepire e accettare la morte e lo scorrere del tempo. Il volume si apre con il capitolo La saggezza del gatto e con il racconto dell’invecchiamento di uno dei tanti gatti che hanno attraversato la vita di Augé.
L’antropologo ne coglie la vecchiaia in quello che l’animale non sa più fare, del naturale sottrarsi a balzare sullo schienale della poltrona per raggiungere la credenza che alla fine diventa solo un pigro accoccolarsi sotto la poltrona. In questi atteggiamenti ridotti dall’età si scorge la saggezza del gatto, la consapevolezza che in quel vivere in sottrazione c’è un’accettazione del tempo che passa che nell’uomo fatica a trovare spazio, perchè l’uomo è l’unico animale ad avere consapevolezza della morte. Detto questo, Il tempo senza età è una riflessione sull’oggettività e soggettività degli anni che passano, sulla dichiarazione – traslitterando l’inglese – di quanto vecchi siamo e in realtà di come sia difficile accettarsi l’età, in fuga sempre da quel senso di essere prodotti con data di scadenza. Non è un caso che – e siamo sempre in tema felino – che il susseguirsi degli animali domestici dalla morte alla vita con sostituzioni atte a lenire l’elaborazione del lutto si interrompa quando l’invecchiare del gatto o cane di casa rischi di essere parallelo a quello del padrone, fino a quel punto una sorta di semidio, scrive Augé, perché biologicamente destinato a sopravvivere al suo gatto o cane. Si legge nel capitolo finale: Tutti muoiono giovani.
copj170.aspIn questo cerchio che si apre e chiude con i gatti di casa Augé si compie la riflessione antropologica dell’autore sulla vecchiaia, il passare del tempo, la nostalgia e la morte. Si avverte nel leggere il saggio – assai godibile e scorrevole come un diario intrecciato di pensieri e immagini – una sorta di bisogno di allontanare e com-prendere il mistero del non essere più, dello scorrere di un tempo che è pur sempre soggettivo nel suo percepirsi, ma anche oggettivo nei segni del corpo e del suo invecchiare. E dopotutto – osserva Augé – sono gli altri a dirci che siamo vecchi, sono gli altri che dicono: «però non dimostra l’età che ha», in francese il verbo ‘dimostra’ è sostituito dal verbo fare: fare l’età suona gran bene e ci lega ad un’oggettività del tempo. Non meno feroce è l’affermazione: «Come porta male gli anni che ha» e in quel portare come non intravvedere i pupazzi trasportati dai vecchi di Kantor in cerca della loro infanzia uccisa e assassinata nella classe di un tempo, della scuola che fu, nella classe morta. Marc Augé fa riferimento a modi di dire, proverbi che immancabilmente appaiono datati e che – in chi li usa – denunciano l’età, fa riferimento all’uso di un tempo di considerare le generazioni secondo l’anno di nascita, un aspetto numerico che nella Francia del servizio militare obbligatorio diveniva identitario… Sono tanti e leggeri gli aspetti che Augé prende in esame per dire del nostro cattivo rapporto col tempo, della naturale difficoltà nel considerarne e accettarne l’inesorabile scorrere e degli sforzi più o meno profusi per arrestarlo, almeno nelle apparenze, finché lo sguardo dell’altro ci pone di fronte al nostro essere vecchi. Il tempo senza età è una bella riflessione sulla vecchiaia e sulla fine vita, fatta con la non rassegnata lucidità di un pensatore acuto e soprattutto un inguaribile giovane dentro.
Marc Augé, il tempo senza età. La vecchiaia non esiste, Raffaello Cortina Editore, pagine 108, euro 11

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