IMG_8949IRIS BASILICATA | Le formiche si muovono in fila indiana per adempiere ai loro compiti e guadagnarsi il cibo. Calme e pazienti si mettono in fila ad una stessa distanza le une dalle altre. Così allo stesso modo dal 12 al 21 maggio gli spettatori del teatro India si sono messi in fila indiana per guadagnarsi un biglietto per vedere i tre spettacoli del Trittico furioso di Ricci/Forte. Still life, Macadamia nut brittle e Imitationofdeath. C’è il pienone. Vediamo cosa c’è di così furioso.

Qualcuno, per smorzare l’attesa e anche il caldo atroce, parla di spettacoli che si tengono in altri teatri. Male, ovviamente. Bisogna sempre parlar male degli altri spettacoli con il proprio casuale vicino. “Non aggiunge niente” è questa la grande critica che solitamente si fa. Di certo non si può dire per gli spettacoli che si sono tenuti in questi giorni all’India. Sicuramente il linguaggio utilizzato dalla compagnia è molto forte, senza peli sulla lingua. La tematica, forse, un po’ troppo ripetitiva, è quella dell’amore, soprattutto omosessuale. L’amore omosessuale; e perciò condannato. Ricci/Forte mettono a nudo l’uomo con le sue paure e le sue incertezze. Gli attori si spogliano, si violentano, si afferrano per i genitali, parlano di cosa hanno perduto. Non si risparmiano: sicuramente l’aggettivo con cui si possono descrivere queste recitazioni è prima di tutto “atletiche”. Un lavoro del corpo molto faticoso. La cosa che sorprende è che anche un pubblico non proprio giovanissimo apprezza le idee cosi’ vivaci, i corpi nudi in scena, le scene di violenza molto spinte ed il linguaggio non proprio ordinario. Durante la messa in scena di uno dei tre spettacoli, seduta tra due uomini, gli attori della compagnia si avvicinano e baciano appassionatamente i miei vicini che all’inizio non battono ciglio ma poi mi guardano, un po’ imbarazzati. No, cari vicini. Tranquilli: non vi giudicherò perché siete stati baciati da due uomini.

Il pubblico viene coinvolto anche quando viene chiamato a scrivere su un grande cartellone bianco il nome della persona che ha perduto, di quel vuoto che ognuno di noi sente intorno a sé. Insomma, gli spettacoli toccano sicuramente qualcosa che ci riguarda nel profondo e nell’intimo. È la furia del giudizio altrui, sempre presente e sempre minaccioso, è la furia della perdita di qualcuno, sfogata in lettere che vengono lette e che mi viene il dubbio non siano di pura invenzione. È la furia dell’amore dolce ma preconfezionato come un Haagen- Dazs al gusto macadamia nut brittle, è la furia dell’uso e dello sfruttamento del corpo fino all’estremo, è la furia delle conversazioni multimediali da cui si può trovare rifugio solo che nelle serie tv, dell’abbandono e della perdita di ciò che abbiamo di più caro. L’amore e la morte sono due facce della stessa medaglia perché sono tra le esperienze che più segnano la nostra vita. Gli attori raccontano le loro più intime esperienze. Tutto comincia chiaramente, con i respiri degli attori che scandiscono lo scorrere del tempo.

E poi ci sono pasticcini. Tanti pasticcini, messi in fila e poi schiacchiati. Un coniglio viene scuoiato vivo mentre intona una canzone di Mia Martini. Lisa Simpson si rifugia in una tenda di Hello Kitty.
E a me è venuta fame.