IRIS BASILICATA | unnamedKamikaze number 5, regia di Giuseppe Isgrò, è il classico spettacolo che fa trattenere il pubblico per venti minuti buoni fuori al teatro a parlare di quanto visto in scena poco prima. Accattivante, sconvolgente e fastidioso al punto giusto, il testo scritto da Giuseppe Massa racconta gli ultimi istanti di vita di un uomo che decide di farsi esplodere. In tempi come questi voler mettere in scena un tema del genere è sicuramente un esperimento pericoloso e il paragone inevitabile con gli ultimi avvenimenti potrebbe addirittura farlo risultare qualcosa di saccente. Il pubblico entra in sala per prendere posto e mentre le belle signore si sfilano il cappottino il protagonista dello spettacolo è già lì con le sue scarpe da ginnastica e la sua corda per saltare. Salta, salta e guarda dritto davanti a sé non perdendo la concentrazione neanche un secondo. Il kamikaze Woody Neri si prepara alla morte facendo i suoi esercizi fisici e ripercorrendo pezzi del suo passato. Il dies irae, il giorno dell’ira, è ormai arrivato e niente e nessuno lo faranno tornare indietro.
L’attore si destreggia abilmente in un monologo surreale il cui significato talvolta resta confuso per il pubblico che pare perdere il filo di Arianna nel labirinto delle battute urlate per poi ritrovarlo lì dove lo avevamo lasciato. Woody Neri, provocatore delle tavole di legno racconta la trasformazione di un uomo in un anti-uomo. Il girone schizofrenico ed infernale nel quale il kamikaze cade, fatto di ricordi e di fantasmi della sua vita distrutta, inghiotte il pubblico che è visibilmente turbato da quello che vede. Il protagonista è completamente nudo, coperto solo in alcuni momenti da un’enorme mantello fatto di sciarpe di squadre di calcio, locandine di stoffa, bandiere. Una specie di corazza che però ora non serve più. La sua prospettiva di compiere atti di vio è densa di piacere e ricorda la violenza lucida e pianificata di Alex DeLarge del capolavoro kubrickiano. Gli occhi calmi ed inquieti dell’attore ricordano quelli del protagonista di Arancia Meccanica felice di compiere il male dopo aver bevuto il suo bicchiere di “latte+”. Il kamikaze urla il suo delirio alternando momenti di racconto estremamente ironici a quelli estremamente drammatici con grossissimi voli pindarici: così la drammatica vicenda della perdita della figlia si alterna a battutacce su kamikaze che entrano nei bar, o ancora il racconto della tortura del padre si alterna ad un’imitazione clownesca dei riti di preghiera di varie religioni.
Kamikaze number 5 non è soltanto un grido nudo di rabbia odierna all’uomo contro l’uomo, ai fondamentalismi di ogni tipo, all’odio che genera violenza. È anche un grido contro la società, contro i maiali che vanno a teatro la sera per rilassarsi. Il protagonista si avvicina agli spettatori chiedendo “Ti faccio paura?” e qualcuno prontamente risponde “No, mi fai schifo”, soprattutto perché Neri per ben tre volte fa pipì in scena in un secchio di plastica. È un’azione che arriva quasi gratuitamente e soprattutto non accade dietro uno schermo. Accade dal vivo, in un qui e ora ai quali spesso siamo poco preparati e che sconvolgono. Ecco perché questo gesto ha fatto allontanare dalla sala alcuni degli spettatori. Non sempre si è preparati ad andare a teatro e non si tratta solo di conoscere gli argomenti e i temi che uno spettacolo decide di rappresentare, ma di essere ben disposti ad essere “colpiti” e probabilmente molti ancora non lo sono. Uno spettacolo decisamente senza filtri che ha per protagonista un uomo anch’esso senza filtri, cancellati dall’odio di cui si fa bandiera. Nudo e seduto sul secchio di plastica l’attore, che in questa posa ricorda quasi Il pensatore di Rodin, non è più né un uomo né un animale: è semplicemente un essere senza più limiti, quindi autorizzato ad assumere atteggiamenti estremi eseguiti in totale normalità. Non si tratta di oriente o occidente, religione o politica: farsi saltare in aria per far uscire fuori da sé quattro eventi dolorosi di una vita sfortunata che avvolgono l’intero spettacolo. Di lui, il numero 5, probabilmente non ne resterà neanche il ricordo. Il finale poetico, cornice di una elegante vestizione in cui Neri spiega che non è più capace di parlare con i vivi sembra quasi calmarlo. Ora, finalmente, può affrontare la sua morte in giacca e cravatta.

 

KAMIKAZE NUMBER FIVE
di Giuseppe Massa
con Woody Neri
regia Giuseppe Isgrò
dramaturg Francesca Marianna Consonni
suono Giovanni Isgrò
produzione Phoebe Zeitgeist e Vanaclu’