VALENTINA SORTE | “Vite senza fine”, “Teste calde” e “Lumi dall’alto”. Sono questi i tre spettacoli che compongono la trilogia Teatro sopra la città che Gigio Brunello ha dedicato alla città di Mestre e che il Teatro Verdi ha ospitato dal 18 al 20 febbraio all’interno di IF, il Festival internazionale del Teatro di Immagine e di Figura.
I tre spettacoli, presentati nel loro ordine di creazione e non secondo la successione dell’ambientazione storica, formano un trittico sulla città che cambia e si trasforma nel tempo: dalla Mestre operaia di “Vite senza fine” a quella risorgimentale di “Teste calde”, fino alla Mestre di oggi di “Lumi dall’alto”. Il risultato è una narrazione molto vivace e stratificata, generosa di storie e di vite, in cui il particolare e il dettaglio si inseriscono senza rotture o forzature in un quadro più universale: un enorme arazzo umano.
E come Ariosto imbastiva i fili e i destini furiosi dei suoi personaggi, interrompendo e riprendendo ininterrottamente le loro vicende, così Gigio Brunello in scena si fa a sua volta maestro dell’entrelacement “alla nuova maniera”, muovendo cioè fisicamente i suoi personaggi-sculture sulla scena secondo infiniti intrecci e salti, dandoci ora un assaggio dell’uno ora un assaggio dell’altro e di un altro ancora, e così via per poi ritornare al primo, carico e carichi di tutti gli altri microcosmi, di tutte le altre vite. Insomma un’affabulazione poetica e allo stesso tempo materica, concreta, artigiana, dove la drammaturgia lascia il giusto spazio al gioco.
Non stupisce allora vedere da una parte Ginco e Kira, i protagonisti di Lumi dall’alto, sollevarsi e sorvolare il bosco di Bissuola in groppa al cavallo C’est la vie (mentre resta visibile il meccanismo che permette all’animale di sospendersi in alto) e dall’altra parte assistere in più di un’occasione alla trasformazione di Brunello in una specie di oggetto scenico, o meglio, in una protesi scenica. La prima volta, sempre in Lumi dall’alto, quando l’artista indossa lo stesso sacchetto di cellophane in cui sono avvolti Kira e il fratello per proteggersi dall’acqua e si adagia piano piano sul tavolo, per trasformarsi nel gommone su cui viaggiano; un’altra volta invece, quando Kira rifiuta di sposare un ricco cugino del Canada perché innamorata di Ginco e accende un forte litigio col padre, Brunello trova una bellissima soluzione scenica per tradurre la rabbia e le grida del padre all’interno delle mura domestiche. All’inizio battendo con forza la casa sul tavolo e alla fine infilando la testa dentro la casa, urlando e borbottando verso Kira.
L’elemento che colpisce di più, in questi tre capitoli molto diversi fra loro, è proprio la capacità dell’artista veneto di narrare e condividere la vicenda insieme alle sue creature, che nonostante la loro immobilità e la loro staticità, riescono in ragione di questo dialogo continuo con il loro burattinaio, a diventare personaggi in carne ed ossa.