GIULIA RANDONE | Giro di boa per il Festival delle Colline Torinesi / Torino Creazione Contemporanea, che in questi primi dieci giorni ha offerto una panoramica di debutti nazionali e recenti successi, collegati alle due tracce tematiche che caratterizzano questa XXI edizione. Da un lato il festival prosegue l’indagine sul mondo femminile, inaugurata l’anno scorso e promossa dal MiBACT; dall’altro si propone di pungolare artisti e spettatori con un interrogativo quanto mai attuale: “L’identità è un genere?”. Attorno all’identità di genere, alle sue articolazioni e ricadute sociali, hanno ruotato due tra gli appuntamenti più attesi – l’inedito Geppetto e Geppetto di Tindaro Granata e l’ormai cult MDLSX dei Motus – mentre la donna è stata protagonista di due intense biografie sceniche: Aleargă della performer romena Nicoleta Lefter e Roberta cade in trappola. The space between del duo Cuocolo/Bosetti (Iraa Theatre).

Aleargă in romeno significa “Corri!” e la corsa è l’attività a cui si prepara la giovane attrice mentre il buio scende sulla sala. Dopo un meticoloso riscaldamento, Nicoleta Lefter inizia a correre sul posto, solcando la platea con la luce della sua lampada frontale in una maratona interminabile, estenuante per chi la osserva, gratificante per chi la compie. Quando finalmente si ferma e si toglie la tuta indossando una felpa di peluche con orecchie da orsetto, sembra infatti rinvigorita e pronta a sopportare il ritmo lento e malinconico della vita. Almeno fino alla prossima corsa. Di questa minuta trentenne, che dichiara di correre «per non restare impantanata», «per vivere più a lungo e più veloce», non sappiamo nulla. Alcuni filmati la ritraggono a casa, circondata di gatti, la vediamo allenare il corpo, suo «animale domestico», e saggiarne la resistenza, ma anche agghindarsi per una festa e rievocare le persone che hanno incrociato la sua strada: un uomo, una sconosciuta suicida.

aleargaok Nell’esistenza di questa giovane donna non è accaduto nulla di terribile, ma ogni azione – ad eccezione di quella disciplinata della corsa – si è rivelata inconsistente, incapace di imprimere una direzione. E il presente è un collage di diapositive solitarie. Forse è per questo che l’attrice fugge dalla scena per avvicinarsi a noi spettatori e domandarci con voce delicata e incerta nell’uso dell’italiano: “Sei felice?”, “Cosa farai da grande?”, “Ti piace la mortadella?”. Vale a dire: tu, che spazio occupi nel mondo? A che punto sei arrivato e con chi? Chi di noi, sembra chiedersi Nicoleta Lefter, potrebbe fare parte dei Maratoneti di Paul Auster? Di quel gruppo di corridori che si sottopongono a un paradossale allenamento, esercitando il corpo e sottraendogli via via nutrimento, per arrivare alla corsa finale, quella in cui i corpi – tonici ma esausti – lasceranno l’anima libera di evadere?

Dopo aver descritto il trapasso collettivo dei runners, la protagonista di Nel paese delle ultime cose – il libro di Auster che l’attrice romena legge all’inizio e alla fine dello spettacolo – si domanda se la morte non sia l’unica cosa che davvero ci interessa, se non sia «la nostra forma d’arte, l’unico modo per esprimere noi stessi». Un interrogativo che sembra risuonare anche nell’ultimo lavoro di Renato Cuocolo e Roberta Bosetti, Roberta cade in trappola. The space between. Come i precedenti capitoli dell’Interior Sites Project, anche quest’ultima creazione della compagnia nasce dall’autobiografia e gioca a sovrapporre i piani della realtà e della finzione, il ruolo dell’attore e del personaggio, la vita e il teatro. In questo caso l’evento autobiografico che innesca lo spettacolo è la morte della madre di Roberta che, avvenuta circa un anno fa, ha scatenato nella figlia un “normale” sentimento di disperazione e di futilità per gli affanni del mondo. Una condizione che si è però cronicizzata, facendo scattare la diagnosi di depressione (la “Cosa Brutta” di cui parla David Foster Wallace) e consegnando la paziente alle cure del Dottor Spera, distributore di psicofarmaci e di consigli.

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ph Antonella Carrara

Come in MM&M, Roberta Bosetti è seduta dietro a un tavolo su cui sono disposti una pila di taccuini, un vecchio registratore modello Geloso e, su un leggio, un catalogo d’arte che Renato Cuocolo riprende con una videocamera. Sulle pagine che riproducono le sculture iperrealistiche di Duane Hanson si accumulano appunti, fotografie, cartoline della vita di Roberta, e insieme compongono la traccia di qualcuno che non c’è più. «Perché racconta sempre di gente che parte, se ne va o si sottrae?», chiede il medico alla donna. Perché dalla morte bisogna passare, sembrano dirci Cuocolo-Bosetti, per non restare intrappolati tra un passato mitico e in-formato («Il passato ha una forma che sfugge al caos del presente» è uno dei leitmotiv della protagonista) e sporadiche giornate felici, in cui sembra che «le cose abbiano un senso da rivelarti». Se, dimentichi della morte, ci abbandoniamo a queste due dimensioni, rischiamo di trovarci dentro alla campana di vetro di Sylvia Plath; se ripassiamo la morte – come fa Bosetti esibendo per noi l’immagine di lei bambina, sola di fronte a una torta di compleanno a pochi giorni dalla morte del padre, o facendoci ascoltare la voce della madre immortalata dal registratore quarant’anni prima – ci offriamo la possibilità di stare con gli altri, di stare nella vita.

Due protagoniste in apparenza distanti: da una parte una ragazza sui trent’anni che si racconta per frammenti e movimenti muscolari, dall’altra una donna matura che non esce mai dal recinto della scrivania e squaderna davanti a noi la propria storia; ad avvicinarle due lavori che, ospitati nello stesso spazio a distanza di qualche giorno, evocano la solitudine e la morte, corteggiando la prima ed esibendo la seconda nella caducità stessa del fare teatrale.

 

ALEARGA

dal romanzo di Ana Maria Sandu
regia Nicoleta Lefter
ideazione Silvia Călin
video Black Horse Mansion
interpretazione Nicoleta Lefte

 

ROBERTA CADE IN TRAPPOLA – the space between

di Roberta Bosetti e Renato Cuocolo

regia Renato Cuocolo

tredicesima parte di Interior Sites Project

coproduzione IRAA Theatre e Il Funaro Pistoia
in collaborazione con Teatro di Dioniso