RENZO FRANCABANDERA | Ci sono poche cose, di questi tempi, imperdibili a teatro. Non dico in termini di spettacoli, perchè l’esito di uno spettacolo è frutto di molte cose, ma in termini di percorsi, parabole artistiche, cose da dire, insomma. Fra queste pochissime c’è il momento straordinario in cui si trova la creatività libera e sciolta di Oscar de Summa. Parliamo di un talento naturale, cresciuto e formatosi fuori dalle grandi scuole teatrali, ma proprio per questo dimostrazione di come il talento caparbio prima o poi incontra il suo destino. Lungimirante la Corte Ospitale che da qualche anno ha adottato l’artista di origini pugliesi e residente in Emilia, fornendogli base e mezzi per le sue ultime creazioni. 

Un successo già era stato Stasera sono in vena, precedente creazione che era valsa a De Summa la nomination per l’UBU nella passata edizione. 

Ma il debutto de La sorella di Gesù Cristo occorso ad Armunia Ferstival, che ha dedicato per la prima volta in Italia uno spazio alla trilogia, presentando nelle ultime tre sere del festival Diario di Provincia, Stasera sono in vena e La sorella di Gesucristo, ci consegna quello che in un sincero post su un social medium, appena uscito dallo spettacolo, Massimiliano Civica ha subito definito un capolavoro, lodando la caparbietà e la continuità di De Summa, ormai arrivato alla maturità artistica ma anche ad una sofisticatezza sulla forma spettacolare capace di indagare con pochi ma efficacissimi mezzi una forma teatrale, quella prossima alla narrazione, con una vigoria tutta nuova ed una cifra originale.

La drammaturgia di questo nuovo lavoro è semplice: è la storia di un tentativo di vendetta. La protagonista è lei, che fin dal titolo della creazione pare essere una identita’ senza personalità propria. Lei non è lei. E’ la sorella di qualcun altro, uno che fa la comparsa come Gesù Cristo nella processione di paese.

Un’identià timida e di periferia, borderline come tutti i caratteri di cui ci parla De Summa, da Erchie, che è un po’ la Vigata di Montalbano se non fosse che Erchie esiste davvero, in quel sud sperso fra gli ulivi dove nei pomeriggi caldi si sentono solo le cicale.

La ragazza ha subito un oltraggio, che la fa uscire dal cono d’ombra del suo fino a quel momento soporifero e periferico destino, e la proietta verso una vendetta.

La storia che De Summa racconta è quella della marcia a piedi da casa della ragazza alla abitazione della persona di cui si vuole vendicare.

Potrebbero essere isolati, kilometri. E’ un lunghissimo piano sequenza di circa un’ora in cui tutto attorno risuona: dal campetto di periferia ai cani randagi, dal negozio del barbiere agli abitanti al balcone, in un crescere di voci e immagini che De Summa costruisce con un ritmo da film di Tarantino e con una ricchezza di dettaglio umano profondo degno di un fumetto di Gipi (non a caso un altro poeta della periferia, che aveva intitolato una delle sue prime, feroci graphic novel “Baci dalla provincia”).

sorellaTanto il montaggio ha qualcosa che scavalca il teatrale per finire nella rapidità della graphic novel, che ad un certo punto De Summa ha deciso di chiedere a Massimo Pastore, illustratore bolognese, di realizzare una serie di tavole che illustravano il racconto e che sono diventate costruzione e controcanto della narrazione ma non in una logica di sovrapposizione, che avrebbe saturato la fantasia dello spettatore in modo didascalico, ma sviluppandosi come processo narrativo ex post, come se l’aedo anticipasse la visione, ci raccontasse quello che stiamo per vedere, e che poi vediamo proiettato in immagini bianco nero di esemplare nitidezza.

La capacità principale di questa costruzione è appunto quella di utilizzare immagini, musica e parole con una abilità di intreccio filmica, degna di un grande regista cinematografico.

Lei, la Smith & Wesson 9 millimetri regalata al padre dallo zio d’America, il vuoto ereditato dagli anni ‘80, il maschilismo di paese. Il Sud. De Summa ci porta in processione con un personaggio degno di una ballata di Dylan o De Andrè, e lo fa con un ritmo ed un tempo che, fotogramma dopo fotogramma, schiudono il pensiero dell’artista sulla fragilità delle nostre identità sociali, che spesso compongono l’identità reale. Siamo per il modo in cui siamo narrati. Dai social, dalla dimensione pubblica e mass mediatica, veniamo a recuperare una nostra identità per immagini riflesse, per quanto gli altri ci additano, ci commentano, ci guardano. Il nostro è un non-volto, la cui immagine si compone come mosaico di post online, sguardi, commenti.

Ed è quello che succede in questo racconto, in cui la protagonista, anche nella graphic novel che contrappunta la narrazione di De Summa, è una donna senza volto, dai connotati sfumati e illeggibili.

Ma lei ha il coraggio di un gesto. Che però De Summa sospende in un finale misterioso, che lascia spazio ancora una volta alla fantasia, come deve essere nella grande opera d’arte. Così anche in questo caso la creazione la completa lo spettatore, nel suo sguardo, nella sua mente, mentre la Smith & Wesson 9 millimetri canta la sua tragica canzone e la processione di cui siamo chiamati a far parte, fra rombi di motore, latrati di cane e grida dai balconi arriva alla sua ultima liturgica stazione: il rito, lo spazio del tragico, il grande teatro.

 

LA SORELLA DI GESUCRISTO

Terzo capitolo della Trilogia della provincia

di e con Oscar De Summa

progetto luci e scena Matteo Gozzi

disegni Massimo Pastore

produzione La Corte Ospitale – Attodue – Armunia Festival Inequilibrio

con il sostegno di La Casa delle Storie