Lettera a un professoressa @ Paolo Lauri

MATTEO BRIGHENTI | La Scuola di Barbiana è il tavolo di una vita di Claudio Ascoli. Allora non c’era l’elettricità, quando nel dicembre del ’54 Don Lorenzo Milani viene nominato Priore della chiesa di S. Andrea, piccolissima parrocchia sul monte Giovi, nel comune di Vicchio del Mugello (50 km da Firenze). E non ce n’è nemmeno adesso, nelle assi portate sulla scena dentro una sala di S. Salvi, l’ex manicomio fiorentino in cui risiede da 20 anni la compagnia Chille de la Balanza. Il legno è stato lavorato esclusivamente a mano e a mano viene assemblato da quattro spettatori, sotto la guida di Sissi Abbondanza e Monica Fabbri.
Per fare bisogna imparare e per imparare bisogna fare: ci sono regole oggettive, nel piallare come nello scrivere. L’opera d’arte, qualunque sia, è seguirle al meglio, per avvicinarsi al vero di chi la riceve. E ci possiamo riuscire, come dimostra praticamente questa ‘scrittura teatrale’ della Lettera a una professoressa, se ci adoperiamo insieme. Tutti. Dal primo all’ultimo.

Lo spettacolo di e con Claudio Ascoli è liberamente ispirato al libro-creazione collettiva degli allievi di Barbiana con la supervisione di Don Milani uscito 50 anni fa, nel 1967, per la Libreria Editrice Fiorentina. Un pezzo di teatro povero, artigianale e poetico, fuori dal santino, dentro la scomoda complessità di una figura di educatore, prete e uomo di fede, libertà, uguaglianza.
La Scuola era un paio di stanze della canonica annessa alla chiesa, con il bel tempo si andava all’aperto sotto il pergolato. Qui, tra poche case e un minuscolo cimitero, inizia una rivoluzione didattica e pedagogica: chi sa di più aiuta e sostiene chi sa di meno, 365 giorni all’anno. Il Priore trasforma il giornale in materia scolastica, in ricerca e produzione di materiale didattico il lavoro d’équipe, da lui diretto, con i ragazzi.
La Lettera nasce quando due di loro vengono bocciati a Firenze agli esami di diploma magistrale. Un atto di accusa e denuncia contro un sistema scolastico considerato classista, sterile, vecchio, nozionistico, slegato dalla realtà e incapace di formare cittadini consapevoli. “È l’aspetto più sconcertante della vostra scuola: vive fine a se stessa”.

Lettera a una professoressa dei Chille comincia con la proiezione di immagini storiche di Don Lorenzo Milani a Barbiana, accompagnate da Help! dei Beatles (insegnava le lingue con le canzoni). Poi, Pier Paolo Pasolini recensisce il libro in televisione, parlando di ironia e dolore, e sostiene che “riguarda sì la scuola come argomento specifico, ma nella realtà riguarda la società italiana, l’attualità di vita italiana”.

Foto di Paolo Lauri

La scena si limita ancora a una valigia, un ombrello e una panchina con sopra il volume aperto. Ascoli alterna la lettura di alcuni brani a una partitura di gesti che ravviva le parole e le idee del Priore in un audio registrato.
Se perde gli ultimi, la scuola non è più scuola. Perciò, l’obiettivo non devono essere i soldi o il diploma, ma il pensare e pensarsi indipendentemente dalle proprie origini. Non c’è lavagna, non ci sono banchi, eppure i ragazzi attraverso la Scuola conoscono alla perfezione Parigi, dove probabilmente non andranno mai.

Questa Lettera entra nel vivo quando ‘mettiamo piede’ a Barbiana. Claudio Ascoli chiama in scena quattro spettatori per montare altre due panchine e il suo tavolo di famiglia su un sottofondo di Bach, che piaceva tanto a Don Milani (per lui rappresentava il rigore, mentre il suo secondo compositore preferito, Beethoven, era la fantasia). I quattro si siedono a due a due sui lati corti, mentre Ascoli prende posto sul lato lungo, parallelo al pubblico. Dopodiché, apre la valigia e ne sistema il contenuto davanti a sé e a noi.
Una banana, un raccoglitore, un drappo rosso, un mattone, e fogli con su scritto parole come ‘linguaggio’, ‘ditta’, ‘scuola’, ingombrano il rettangolo di legno. Sembra un gioco di prestigio, ma non c’è alcun trucco, c’è piuttosto la scoperta del cammino di Don Lorenzo Milani. Passo dopo passo e scelta dopo scelta, perché siamo noi, dal pubblico, a indicare ad Ascoli cosa pescare e quindi cosa narrare.
Il metodo è uguale a quello usato per scrivere la Lettera a una professoressa: agiamo da vero e proprio collettivo, nucleo di una comunità attiva che impara facendo, come abbiamo sperimentato anche in Costruire è facile? di Batignani & Faloppa. Ogni elemento richiama un diverso avvenimento della biografia del Priore. Così, la creazione non è mai uguale a se stessa e bisogna tornare ogni sera per scoprire dove portano tutti gli oggetti.

La copertina di Ho disegnato lettera a una professoressa

Claudio Ascoli ha a cuore il racconto al pari di una ragione di vita, parla con profondità e leggerezza, come se ci fosse stato e avesse visto in prima persona (gli aneddoti vengono dagli stessi ragazzi di Barbiana) Don Milani prendersela con il Papa o levare il crocifisso dalla sua aula a Calenzano. Considerare le persone più importanti delle leggi.
Con Beethoven si smonta ciò che è stato costruito finora, mentre Monica Fabbri, che ha re-inventato per immagini la Lettera in Ho disegnato lettera a una professoressa (edito da La conchiglia di Santiago), attacca su un pannello i fogli su cui, in precedenza, abbiamo scritto o disegnato quello che volevamo con il pennarello rosso o blu (i colori usati a scuola per segnare gli errori). Un ulteriore cartoncino nero messo sopra quei fogli ritaglia fiori e mani piene di parole e disegni.
Dopo aver creato, in modo invero faticoso, con tanto di saldatore, una scultura alla Duchamp di travi in metallo, una vanga e una ruota di bicicletta, Ascoli ritorna a leggere la Lettera a una professoressa, il testo suscitato dal Priore che la pensava come Pasolini nella poesia A un papa: “peccare non significa fare il male: non fare il bene, questo significa peccare”.
Non è bene il linguaggio che confonde, l’intelligenza ridotta al saper fare le somme. Cultura è comunicare tra uguali, capirsi tra diversi.

Chille de la balanza
LETTERA A UNA PROFESSORESSA
liberamente ispirato al libro-creazione collettiva degli allievi di Barbiana con la ‘regia’ di Don Lorenzo Milani, nel 50.mo della sua pubblicazione e della scomparsa del Maestro
uno spettacolo di e con Claudio Ascoli
con la partecipazione di Sissi Abbondanza e Monica Fabbri
luci e audio Martino Lega / montaggio video Francesco Ritondale
prodotto in collaborazione con il Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana di Vicchio

Visto giovedì 19 ottobre 2017, Via di S. Salvi 12 – Padiglione 16, Firenze.