LAURA BEVIONE | «Ma allora chi sei tu, insomma? Sono una parte di quella forza che eternamente vuole in male ed eternamente compie il bene»: Emanuele Conte riprende nell’esordio dello spettacolo – creato con Michela Lucenti – la citazione dal Faust di Goethe che Bulgakov scelse come epigrafe per il proprio tormentato romanzo che, dopo varie riscritture – dettate anche dalla necessità di eludere la censura del regime sovietico – venne pubblicato appena cinquant’anni fa.

Una sorta di dichiarazione di ispirazione e di intenti – l’impossibile trionfo di Mefistofele e la crudele ironia insita nel suo destino – che sintetizza altresì le chiavi di lettura apparentemente scelte per la messa in scena di un romanzo complesso e polisemico, in cui il grottesco è veicolo di tragiche verità e il confine fra realtà e sogno – o forse incubo? – fra giusto e sbagliato, salvezza ovvero dannazione, mai precisamente delineato.

La stratificazione stilistica e contenutistica del testo di Bulgakov, viene resa attraverso il ricorso a svariati linguaggi: ci sono le stilizzate videoproiezioni che mirano, in particolare, a ricreare una delle trame del romanzo, ovvero il confronto fra Ponzio Pilato e Gesù Cristo su cui è incentrato il dramma, da tutti rifiutato, scritto dal Maestro. C’è la recitazione – quasi sempre sovraccaricata – c’è la musica dal vivo – su un lato del proscenio, a tratti, Gianluca Pezzino suono il pianoforte e canta dal vivo – e c’è ovviamente la danza, che mescola classicità e contemporanea espressività.

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Linguaggi diversi e nondimeno adeguatamente amalgamati a differenza di quanto accade, invece, per l’impostazione registica, che oscilla fra grottesco e blanda critica sociale, gusto per la contraddizione e facile comicità: una farraginosità che sottrae spessore al materiale di partenza, fallendo nell’obiettivo di trarre in superficie quanto l’autore sovietico celò nell’intrico di trame e sottotrame, personaggi e spazi che ne caratterizzano il romanzo.

Lo spettacolo inizia come un cabaret espressionista, con qualche incursione fra il pubblico, per poi oscillare fra sipari felicemente eloquenti – le pareti costruite con i presunti copioni del dramma del Maestro progressivamente strappate e distrutte – e altri più convenzionali – la clinica dove il protagonista è rinchiuso ovvero la dimora di Mefistofele. Lo stesso trionfale volo di Margherita avviene fra indignazione e ironia, senza che uno dei due atteggiamenti prevalga realmente.

Un’incertezza che sottrae satirico e riflessivo mordente a uno spettacolo altrimenti costruito e allestito con ammirevole e inventiva professionalità; e proprio quest’ultima realtà aumenta il rammarico per l’occasione perduta di celebrare, con il trionfo finale di Voland/Mefistofele, la sconfitta di quel desiderio – questo sì davvero mefistofelico – di potere arbitrario e assoluto dell’uomo sugli altri uomini che i vari regimi del Novecento drammaticamente riuscirono a realizzare.

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www.teatrodellatosse.it

Teatro della Tosse, Genova, 4 febbraio 2018

IL MAESTRO E MARGHERITA
dall’omonimo romanzo di Michail Bulgakov

Testo Emanuele Conte, Elisa D’Andrea

Regia  Emanuele Conte, Michela Lucenti

Coreografia Michela Lucenti

Impianto scenico Emanuele Conte

Costumi Chiara Defant

Luci Andrea Torazza

Musiche Tiziano Scali, FiloQ

Animazioni video Paolo Bonfiglio

Interpreti Michela Lucenti, Andreapietro Anselmi, Pietro Fabbri, Maurizio Camilli, Gianluca Pezzino, Emanuela Serra, Stefano Pettenella, Fabio Bergaglio, Marianna Moccia, Alessandro Pallecchi, Paolo Rosini, Natalia Vallebona.

Produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse e Balletto Civile.