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disegno di Renzo Francabandera

ANTONIO CRETELLA | La parola “baka” è una delle più facili da intendere quando si segue un anime giapponese. Si tratta infatti di un insulto molto diffuso che i protagonisti maschili si scambiano tra loro, anche quando non c’è vera competizione, usandolo in modo antifrastico come il nostro “scemo” nelle conversazioni goliardiche. Ovviamente lo si trova anche col significato proprio e offensivo di “idiota”, “cretino”, “stronzo”.

La cosa interessante di questa parola è la coppia di kanji, ovvero caratteri ideografici, usati per trascriverla: molto spesso, infatti, in giapponese una parola viene scritta accoppiando due o tre kanji che “compongono” un concetto più complesso. Per fare un esempio, “infezione alle vie urinarie” si scrive unendo insieme i kanji che indicano via, fuoco e acqua. La stessa cosa accade per “baka” che viene espresso dall’accoppiameno dei kanji che da soli significano “cavallo” e “cervo”. Questa stranstranezza sembra dovuta a una leggende cinese: il cancelliere eunuco Zao Gao voleva tradire il secondo Imperatore Qin Er Shi per prendere il potere, ma doveva essere sicuro della fedeltà dei soldati. Egli si presentò al cospetto dell’imperatore e dei soldati con un cervo e disse che si trattava di un cavallo. L’imperatore rise, ma parte dei soldati, temendo l’ira del terribile Zao Gao, diede ragione a quest’ultimo. Zao Gao fece uccidere tutti coloro che avevano detto che il cervo non era un cavallo, incluso l’Imperatore costretto a suicidarsi.

La storiella ci fa capire una cosa: il potere, soprattutto quello dei tiranni, è fatto di mistificazione. Allora era un cervo divenuto cavallo, oggi sono le fake news, ma prima o poi i baka tornano sempre alla ribalta.