LAURA BEVIONE | Quale obiettivo deve porsi un danzatore? Forzare costantemente i limiti del proprio corpo oppure attingere a un’inedita libertà, allo stesso tempo fisica e interiore? Un dilemma al centro dell’ ”autobiografia danzata” di cui è protagonista, come suggerisce il titolo, lo stesso Cédric Andrieux, e ultima puntata di una serie di ritratti di celebri ballerini – Véronique Doisneau, Pichet Klunchun, Lutz Förster – ideata dal discusso e anti-convenzionale coreografo francese Jérôme Bel.

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Sulla scena spoglia, indossando una t-shirt rossa, una semplice tuta e calzini da tennis bianchi, il danzatore racconta la nascita della propria vocazione, stimolata anche dalla madre, che, ex-sessantottina, iniziò a praticare, da dilettante, la danza contemporanea perché convinta fosse più democratica e liberale della classica. La consapevolezza di non avere il fisico adatto e una certa insicurezza non compromettono la volontà di seguire la propria missione artistica da parte dell’adolescente Cédric il quale miete successi che, ogni volta, paiono meravigliarlo.

Terminati gli studi al conservatoire di Parigi, Cédric si trasferisce a New York e qui inizia a seguire, come “uditore”, le giornaliere sessioni di prova della Merce Cunnigham Dance Company ottenendo un’audizione con il leggendario coreografo – di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita – che gli propone di entrare nella sua compagnia.

Il danzatore ripropone in scena i monotoni esercizi che ogni giorno Cunnigham richiedeva ai suoi danzatori di compiere, prima di iniziare le prove vere e proprie degli spettacoli: movimenti necessari per preparare il fisico ai gesti complessi creati dal coreografo, autore di una “tecnica” particolarmente dura e nondimeno alla base della modern dance.

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Cédric ricorda come Cunnigham, molto anziano, non potesse più mostrare ai propri danzatori i movimenti da compiere e dunque li descrivesse loro, frazionandoli in sintagmi minimi e rendendo così le prove piuttosto esasperanti oltre che faticosissime.

Il danzatore francese non nasconde dunque lo sforzo immane e i dubbi riguardo certe scelte artistiche – il costume, definito “Accademico”, una tuta aderentissima che era uno dei segni che contraddistinguevano le coreografie di Cunnigham e che Cédric ci mostra estraendolo dalla sua sacca –; eppure non vi è in lui risentimento né, tanto meno, pentimento. Ci sono invece la sofferenza costante, la sfida continua ai limiti del fisico, ognora costretto ad andare oltre le proprie innate possibilità – e potenzialità. Una fatica evidente nella riproposta in scena di alcune di quelle coreografie su brani tratti da Biped e Suite 5: Cédric ansima, deve bere acqua, scompare dietro le quinte e per qualche minuto cammina in circolo sul palcoscenico per riacquistare il fiato e riprendere il proprio racconto.

Quando Cédric decide di lasciare la Merce Cunnigham Dance Company, dunque, non lo fa perché affaticato quanto per il desiderio di sperimentare il lavoro con altri coreografi e verificare le reazioni del proprio fisico. Torna così in Francia ed entra a far parte del Ballet de l’Opéra di Lione, con il quale danza in coreografie di Trisha Brown – ci mostra in scena un brano di Newark – e di Jéröme Bel – The show must go on.  Con i due coreografi Cédric approccia nuove modalità di intendere la danza contemporanea: con Trisha Brown scopre come sia possibile conquistare una certa libertà interiore attraverso il movimento, mentre con Jéröme Bel – artista che qui fa divertita ironia su se stesso – si rilassa, poiché nei suoi spettacoli, fondati sull’idea che tutti siamo danzatori, anche se non abbiamo alcuna preparazione, i ballerini non si stancano, non si fanno male, non si stressano…

jerome_bel_7_HDCédric racconta dunque al pubblico la genesi dello spettacolo cui sta assistendo e che oramai sta volgendo alla sua conclusione: il danzatore riflette sulla propria esistenza e sulle scelte compiute, dettate tanto da motivazioni artistico-professionali quanto da questioni privatissime – la decisione di trasferirsi a New York fu determinata in prima istanza dal desiderio di seguire il proprio compagno. Ma l’artista ci offre anche una sorta di lezione pratico-sentimentale sulla danza contemporanea, un’illustrazione in movimento delle pagine di un manuale teorico con il valore aggiunto della descrizione delle emozioni del danzatore: noia, fatica, disimpegno, curiosità, ricerca di libertà…

Cédric si offre sul palco con la propria verità di artista, senza edulcorare quanto accaduto né mitizzare gli artisti con cui ha lavorato, bensì narrando con la piana schiettezza di un non-attore la propria vita e la propria relazione con la danza.

Il risultato è uno spettacolo intelligentemente auto-ironico, accuratamente costruito e generosamente interpretato, che mostra quanto – al contrario di quanto pensasse la madre di Cédric – la danza contemporanea non sia più democratica né più svincolata da regole e convenzioni della classica.

È certo, però, che essa sia un linguaggio policromo, declinabile in narrazioni assai varie: lo testimoniano esemplarmente i due cortometraggi prodotti dall’associazione torinese Coorpi, da alcuni anni impegnata a promuovere attivamente la video-danza.

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Presentati al cinema Massimo qualche ora prima dello spettacolo di Cédric Andrieux e Jéröme Bel, i due corti riflettono altrettanti modi di intendere e vivere la danza e, più in generale, il lavoro artistico. Se Ben ci è parso una levigatissima realizzazione pratica di una teoria, ispirata a L’uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov e inevitabilmente troppo gelidamente intellettuale, malgrado i volti e i corpi veri e generosi dei due splendidi interpreti – Aldo Torta e Doriana Crema -; Va!, con la sua non ingenua spontaneità e la sua necessità di raccontare un quartiere – la problematica, multietnica e multicolor Barriera di Milano – e i cambiamenti intervenuti nei suoi spazi e fra i suoi abitanti, ci è sembrato esemplare di un’ottima modalità per far dialogare la danza con la realtà.

CÉDRIC ANDRIEUX

ideazione e regia Jérôme Bel
realizzazione e interpretazione Cédric Andrieux
produzione Théâtre de la Ville, Festival d’Automne, R.B. Jérôme Bel; con il supporto di Centre National de la Danse, La Ménagerie de Verre, Baryshnikov Arts Center

BEN

da un’idea di Rosa Canosa
regia Teresa Sala, Ilaria Vergani Bassi, Mattia Parisotto, Gabriel Beddoes
coreografia Gabriel Beddoes, Ilaria Vergani Bassi
riprese Teresa Sala, Ilaria Vergani Bassi
fonico di presa diretta Mattia Parisotto
montaggio Teresa Sala, Ilaria Vergani Bassi
sound design Simone Faraol
interpreti Doriana Crema, Aldo Torta
produzione Coorpi

VA!

regia e colonna sonora Vittorio Campanella
realizzazione RATAVÖLOIRA (Daniele Condemi, Luca Pescaglini, Riccardo Maione)
interpreti Emanuele Piras, Franco Campanella
produzione Coorpi

Lavanderia a vapore, Collegno (Torino)
9 marzo 2019

Cinema Massimo, Torino
9 marzo 2019

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