ROBERTA RESMINI | Il PimOff ha aperto la nuova stagione teatrale con Caravan Stories di Serena Di Blasio, uno spettacolo dai tratti decisamente originali per almeno tre ragioni.
La prima: è uno spettacolo nomade messo in scena a bordo di un caravan, lo stesso usato dall’artista per percorrere i 3.600 Km del suo viaggio tra l’Italia e i Balcani nell’estate 2019. Trentatré giorni di viaggio, su strade secondarie e con una cartina geografica di quelle che si usavano un tempo, che si aprivano a fisarmonica e non si riuscivano mai a ripiegare nel modo giusto ma che facevano sognare. Alla ricerca di una modalità antica di incontrare la gente e di andare alla ricerca di storie, il caravan si sposta in diversi luoghi della città, stavolta Milano, per portare l’arte in luoghi inediti: nei pressi della trattoria Isola Anita, nel cortile antistante l’ingresso della Serra Lorenzini e in Corso di Porta Ticinese.

La seconda ragione: è uno spettacolo destinato a un solo spettatore per volta (non sappiamo se per esigenze Covid, come è stato per molte performance del 2020, o per scelta artistica). Gli spettatori si alternano nella salita sul caravan, prendono posto sul sedile accanto al fornello e davanti al letto, allestito con elementi scenici che variano a seconda della replica scelta – fatte salve una bambola di pezza e una mappa geografica – e attendono l’inizio.

La terza: ciascuno spettatore ha la possibilità di scegliere un titolo tra i tredici proposti. Ne consegue che ognuno lascia il caravan e torna a casa con una propria visione dell’opera. Parziale, eppure allo stesso tempo completa. Perché ognuno dei tredici titoli è indipendente dagli altri, ognuno è il racconto di un’avventura a sé stante e solo l’autrice è in grado di collegare i vari pezzi dando unità a una narrazione più ampia. Lo spettatore/passeggero poco prima di salire a bordo sceglie verso quale meta dirigersi, guidato dal suo intuito e dalla suggestione stimolata dai titoli.

Storie di confini, geografici e umani, sociali e culturali, barriere che sono difese, protezioni, limiti ma anche risorse per comprendere un po’ di più del proprio sé. Perché, in fondo, qual è il senso del viaggiare, se non conoscerci meglio e misurarci nella relazione con l’Altro, cambiare idea perché riusciamo a incarnare nuovi punti di vista e prospettive prima inesplorate?

Per un tempismo fortunato, ho la possibilità di assistere a due spettacoli. Fresca da un tour italico, in cui ho toccato il capoluogo della provincia materana, scelgo come primo Matera Puttana. Quando si chiude il portellone laterale del caravan (l’equivalente del sipario che si apre), l’attrice ripone alcuni oggetti sul letto-palcoscenico: un vassoio per la colazione a letto, uno strofinaccio, una tazza e un ventaglio, un magnete e una riproduzione in miniatura, tutti raffiguranti i famosi Sassi di Matera, abitazioni della popolazione materana fino a quando una legge del 1952 ne ordinò lo sgombero (per ragioni sanitarie furono “la vergogna d’Italia”) e la costruzione di nuovi quartieri residenziali.
Dopo aver riposto tutto con cura davanti allo spettatore, Di Blasio chiude lo sportello e abbassa il tendone sul quale compare un video girato durante la permanenza in città, dove si vede la folla di turisti che inonda le strade della città vecchia tra sassi riconvertiti in sistemazioni lussuose e ristoranti di pregio. Ne emerge un quadro sicuramente contrastante con quello che era Matera fino a prima che divenisse patrimonio dell’Unesco e Capitale della Cultura 2019, probabilmente snaturata e con un futuro incerto. Appena il tempo di riconoscere alcuni angoli della città, quando il proiettore si ferma, lo spettacolo finisce e l’applauso dura pochi battiti di mani (fa strano applaudire da soli!).

Un cambio scenico mi riporta nuovamente sul furgone per il secondo mini-show. Memore di un viaggio nei Balcani, decido di vedere Dubrovnik: non sparate sui ragazzi. Questa volta l’attrice-viaggiatrice ci introduce alla narrazione attraverso un breve racconto delle emozioni vissute arrivando in quella città: accecata dalle luci scintillanti e dalla musica sparata a tutto volume nei locali della sera, a Dubrovnik come a Matera, ha percepito la stessa sensazione di nausea provocata dal turismo di massa, quello che snatura i luoghi e le persone.
Una volta chiuso nuovamente il portellone, vengono proiettate immagini del viaggio che mostrano una Dubrovnik diversa da quella che ricordo nel 2011, fatta di luci da discoteca e di una modernità gridata a gran voce; abbinata alle immagini la storia – in cui l’attrice si è forse imbattuta chiacchierando con la gente del posto – di un bambino che voleva salire su un albero, dei suoi genitori che glielo impediscono e che decidono, con altri genitori, di risolvere la questione tagliando gli alberi della città.

Il punto di forza di questo lavoro, vincitore del bando Richiedo Asilo Artistico 2020, è sicuramente la curiosità stimolata dalla modalità di rappresentazione, cioè assistere allo spettacolo sul mezzo che ha reso possibile lo spettacolo stesso. Una delle debolezze è che i vari monologhi, ciascuno della durata di cinque o dieci minuti, sono forse un po’ troppo brevi per risultare intellegibili ai più e la sensazione è di abbandonare il furgone, alias la sala del teatro, con un punto interrogativo in testa. Tuttavia, è anche vero che la domanda stimola la riflessione e dunque lunga vita a progetti di questo tipo, che, soprattutto di questi tempi, rappresentano una cura per l’anima di ineguagliabile valore.


CARAVAN STORIES

di e con Serena Di Blasio
drammaturgia video e allestimento scenografico Luigina Tusini
missaggio audio Alan Malusà Magno
disegni e grafica Dora Tubaro
progetto vincitore del Bando Richiedo Asilo Artistico 2020 – Festival In\Visible Cities
con il supporto di PimOff

Milano, 17-18 ottobre