ANTONIO CRETELLA | Le presidenziali statunitensi rappresentano il momento in cui deflagrano le estreme polarizzazioni di una società fortemente contraddittoria, summa per certi versi delle aporie del mondo occidentale, con la paradossale convivenza tra libertà e oppressione, uguaglianza e classismo, “melting pot” e segregazionismo. Una società che, per quanto condivida una buona parte del suo universo valoriale con l’Europa, risulta a tratti incomprensibile e imprevedibile per gli europei proprio per l’assolutizzazione di alcuni aspetti ideologici che, pur presenti anche nella cultura del Vecchio Continente, sono magnificati Oltreoceano: fanatismo religioso, razzismo di stato, una mistica del privilegio talvolta più rigida del sistema delle classi indiano. Caratteristiche, queste, che si intrecciano a un tratto essenziale della cultura americana: il concepirsi non come Paese, ma come Impero, centro del Mondo, propulsore di civiltà.
In quanto tale, un elemento di coesione che sovrasta i conflitti interni è proprio la proiezione degli USA sul resto del mondo, che assume una funzione sociale insostituibile: le guerre, fattive o di carattere culturale/economico, fungono da collante, magnificano l’americanità nel confronto col nemico esterno.
Come l’Impero Romano che divideva il mondo tra ciò che era già conquistato e ciò che si doveva ancora conquistare, gli Stati Uniti vivono del contrasto tra ciò che è americanizzato e ciò che non lo è, in cui il secondo assume la funzione di polo dialettico su cui affermare più fortemente l’americanità. Quando la tensione non può rivolgersi verso l’esterno, secondo un meccanismo storicosociale e antropologico ben noto, questa esplode all’interno: la lotta per l’affermazione dell’americanità si traduce nell’esasperazione dello scontro etnico, sociale ed economico interno, di cui il Black Lives Matter è un sintomo evidente. Quando non si può esportare la guerra, la guerra esplode in casa. L’ipoteca sotto la quale si aprono i nuovi quattro anni di presidenza americana è molto pesante e la risposta che verrà data alla costitutiva tensione interna di un Paese che liscia bottoni di armamenti nucleari continua ad essere questione dell’intero pianeta.