PAOLA ABENAVOLI | Una vita dedicata alla ricerca della bellezza, della perfezione nella proporzione, dell’arte: l’arte sublimata nell’architettura, nelle forme geometriche, nel tentativo di innovare sempre, di guardare al futuro, all’uomo del futuro. Un’immagine poco nota di un artista che nascose se stesso, i propri segreti, i propri studi, dando al pubblico, e alla storia, solo il frutto di questa grande passione: Filippo Brunelleschi diviene così un personaggio da scoprire, insieme al senso dell’arte, all’indagine su ciò che essa ha rappresentato e rappresenta ancora, in uno spettacolo teatrale che supera – così come il suo protagonista – i canoni della classica messinscena. E non potrebbe essere diversamente, dato che ideatore e regista è Giancarlo Cauteruccio, che della unione tra teatro e innovazione visiva ha fatto il filo conduttore della sua produzione.

Cauteruccio dà vita a questo particolare viaggio nell’opera di Brunelleschi nel 2020, in occasione dei 600 anni dalla fondazione della Cupola di Santa Maria del Fiore in Firenze. Quella cupola, che con la sua carica innovativa rende immortale l’artista, è fulcro anche di Filippo Brunelleschi – Nella divina proporzione, il progetto con cui la compagnia Teatro Studio Krypton è risultata prima nell’ambito del bando Vivere all’Italiana sul palcoscenico del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, una iniziativa di promozione e diffusione della cultura italiana all’estero.

Foto Massimo Bevilacqua

Proprio grazie a questo risultato lo spettacolo è stato prodotto e registrato sul palco del Teatro della Pergola, approdando poi in prima visione televisiva su Rai 5 (attualmente è visibile su Raiplay): e lo schermo in questo caso è mezzo che riflette e sottolinea quell’incontro tra teatro e video-proiezione (attraverso la scenografia digitale curata da Massimo Bevilacqua e le elaborazioni visuali di Nadia Baldi e dello stesso Bevilacqua) di cui si parlava e che caratterizza la messinscena.

A muoversi sul palco è Roberto Visconti, che tratteggia la figura del protagonista e rimarca, con la sua interpretazione, ogni sfumatura della drammaturgia originale firmata da Giancarlo Di Giovine e adattata dallo stesso Cauteruccio: un intenso percorso non storico-cronologico bensì ricco di riflessioni sull’arte, sulla ricerca di un’essenza di vita attraverso la stessa arte, abbandonando passioni terrene o quotidianità, per dedicarsi esclusivamente a questa missione. E attraverso queste riflessioni, che si rivelano letture del mondo (dal rapporto tra artisti e mecenati, tra artisti, mercanti e banchieri, allo sguardo al futuro), si dipana la storia personale di Brunelleschi, ma soprattutto il suo viaggio dentro l’architettura, dentro questa sapiente unione tra scienza e arte, sulla strada della bellezza.
Un testo denso, che si riflette e si fa tutt’uno con le video-proiezioni che non solo scorrono sullo schermo alle spalle dell’interprete ma anche davanti a lui: diventano quarta parete, si integrano con il resto della scena, inglobano il protagonista, ne seguono il racconto; costruiscono, insieme alle sue parole, archi, volte, immagini che non restano un sogno nella mente di Brunelleschi ma diverranno realtà. Il pensiero che man mano si concretizza nelle immagini, proiezioni non solo in senso tecnico ma anche metaforico. Creano la scena ed insieme il racconto: i disegni, gli schemi, prendono vita, si muovono come pianeti, come un universo che avvolge i pensieri, dando loro ritmo insieme alla musica, elemento sempre presente e che con i suoi crescendo enfatizza il “furore” artistico e intellettuale.
Ma le proiezioni non rappresentano l’unico elemento visivo che si somma al racconto più “classico” sul palcoscenico: a metà dello spettacolo si inseriscono riprese del momento recitativo del testo, realizzate da una diversa prospettiva o in un luogo differente, accanto a un elemento che ricorda costruzioni architettoniche. Ed è così che il testo sembra sovrapporsi, appunto, oppure andare in leggera differita da quello recitato sul palcoscenico. Come un’eco, quasi un ricordo, una sottolineatura di un pensiero.

Foto Massimo Bevilacqua

Un percorso, dunque, in cui si immagina un Brunelleschi che per la prima volta si svela. Lui, l’artista che distrugge i suo studi, i suo bozzetti, sceglie di lasciare solo le sue opere: precorre i tempi, costruisce il futuro guardando al passato, riprendendo dalla classicità le forme e teorizzando la bellezza artistica legata alla ragione, al calcolo.
Il futuro, dunque: «È la scienza che si fonde con l’arte, che ci porta al centro dello spazio e del tempo. Il bello è la conquista dello spazio e la formazione del tempo». Il futuro è proprio nella visione che Brunelleschi ha del mondo, in cui centrale è l’uomo, aperto all’innovazione. E quel futuro sembra quasi essere enfatizzato, al termine dello spettacolo, dal blu di cui si colorano i disegni – come il cosmo che lui stesso ha studiato – dallo sfondo che ingloba il protagonista, e sembra trasportarlo in quel futuro di cui ha tratteggiato i contorni e creato i presupposti.

 

FILIPPO BRUNELLESCHI – NELLA DIVINA PROPORZIONE

ideazione e regia di Giancarlo Cauteruccio
drammaturgia originale di Giancarlo Di Giovine
adattamento del testo di Giancarlo Cauteruccio
con Roberto Visconti
musiche di Gianni Maroccolo
scenografia digitale e costumi di Massimo Bevilacqua
elaborazioni visuali di Nadia Baldi e Massimo Bevilacqua
produzione Teatro Studio Krypton

Progetto promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese in collaborazione con la Direzione Generale Spettacolo del Ministero della Cultura nell’ambito del progetto Vivere all’italiana sul palcoscenico
Rai 5 – 25 aprile 2021